Transfert, il regista Massimiliano Russo ci parla del suo thriller psicologico

Abbiamo incontrato Massimiliano Russo, il regista di Transfert. Ci ha raccontato la realizzazione di questo thriller psicologico indipendente e di seguito trovate la nostra intervista.

Transfert, intervista esclusiva al regista Massimiliano Russo

Cinema e psicoanalisi si incontrano spesso. Cosa pensi di questo connubio? Perché funziona?

Quello fra cinema e psicoanalisi è un felice matrimonio di lunga, lunghissima data. Psicoanalisi e cinema hanno a che fare con il nostro mondo interiore, il nostro inconscio; lo esplorano e lo indagano, con mezzi diversi. Proprio con Transfert ho potuto apprendere come molti psicologi, psicoterapeuti e psichiatri siano anche navigati cinefili, amanti della settima arte.

Massimiliano, come è nata l’idea di Transfert?

È nata dal confronto con un mio caro amico, che ha studiato psicologia e che è diventato terapeuta. Quando eravamo studenti universitari (io studiavo letteratura italiana), gli chiedevo spesso informazioni riguardo il suo percorso, i testi che studiava, i metodi che apprendeva, la sua futura professione. Ero molto curioso di scoprire che cosa nascondesse l’inconscio e in che modo vi si potesse accedere, che genere di connessioni la psicologia avesse con l’arte, in tutte le sue forme e soprattutto con il cinema. Lo subissavo di domande, gli chiedevo di indicarmi alcuni testi da studiare. Da questo scambio è nata l’idea iniziale del soggetto, che poi ho sviluppato in fase di scrittura della sceneggiatura.

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Le difficoltà di mettere in scena una sceneggiatura così macchinosa e brillante?

In un film come Transfert, molto è affidato alla sceneggiatura e alle singole scene, che si articolano quasi tutte in sedute psicoterapeutiche. A fronte di ricchi e lunghi dialoghi, l’azione, in sceneggiatura, era davvero poca: la sfida era proprio quella di creare una dinamicità nella staticità delle scene. Ho cercato di raggiungerla creando dei personaggi ricchi di sfumature e spesso equivocabili, delle dinamiche relazionali a più prospettive e una trama coinvolgente e ricca di risvolti spero inaspettati. Ho cercato, attraverso la regia, di mantenere la tensione sempre alta.

Ad esempio, in una delle prime scene del film, quando le due sorelle Chiara (Clio Scira Saccà) e Letizia (Paola Roccuzzo) conoscono per la prima volta il terapeuta (Alberto Mica), sono state realizzate 28 inquadrature diverse: la scena era molto lunga, il set in interni unico, ed era per noi necessario “muoverci” con la camera laddove gli attori non potevano con il loro corpo; così, nonostante i limiti fisici, abbiamo dato movimento alla scena, senza “invaderla” troppo e anzi limitandoci ai tagli per dare dinamismo. Anche il montaggio ha contribuito molto a dare il giusto ritmo al film.

Transfert, Massimiliano Russo ci parla del film

Come hai lavorato con gli attori?

Essendo un film low-budget, abbiamo affrontato un lungo periodo di prove, per arrivare preparati sul set. In una prima fase ho lavorato personalmente con gli attori, per trovare una dimensione unica per i vari personaggi del film, una “strada comune” da seguire; poi, in una seconda fase, abbiamo provato le scene tutti insieme. Nella fase finale ho invece ognuno ha lavorato con il proprio personaggio individualmente. Spero di poter collaborare con alcuni di loro per altri progetti futuri.

Ti ha ispirato qualche film del passato? – Il tuo stile di regia è plasmato da qualche regista che ammiri in particolare?

Nessun film in particolare, ma è ovvio che “siamo il risultato di quello che guardiamo”.  E, per un cineasta come me, questo vale forse ancor di più. Fra i registi che hanno avuto una grande influenza sul mio modo di intendere il cinema potrei citare Kubrick, Forman, Nolan ma anche maestri dell’animazione come Ocelot e Miyazaki.

Sei contento del percorso di Transfert dopo l’uscita nelle sale?

Sono molto contento del percorso che ha fatto Transfert nelle sale; è stato visto da molti spettatori ed è stato richiesto da molte sale.

Qualche psicologo ha visto il tuo film? Cosa ha detto?

A migliaia a dire il vero, e ho avuto un confronto diretto con molti di loro; alla maggior parte è piaciuto parecchio, alcuni invece hanno visto in Transfert un attacco alla loro professione, cosa che in realtà non è. Ho un sincero interesse per la pratica terapeutica, credo sia un incredibile mezzo di ricerca, di cura; ma se è vero che è un grandioso mezzo, lo è anche il fatto che sia messo in mani umane, non sempre perfette o infallibili. Credo che più che di “psicoterapia” il film parli di “umanità”, di crisi, di malattia. Ad ogni modo, in Transfert si racconta di un terapeuta a dir poco “particolare”, di un caso molto specifico, clinico, che di certo non rappresenta lo standard dei professionisti che operano in questo settore.

Quali messaggi volevi lanciare con questo film?

Non c’è un messaggio univoco. Spero che il film, piuttosto, riesca ad offrire un buon punto di partenza per porsi qualche domanda su argomenti complessi riguardanti la psiche, la psicopatologia, la malattia e gli approcci prematuri.

Difficoltà produttive?

Essendo un’opera prima, le difficoltà legate al budget e le limitate risorse tecniche ci costringevano a lavorare più velocemente e duramente di quanto avremmo voluto; spesso, però, sono proprio le limitazioni a spingerti a trovare modi nuovi per raggiungere i risultati che vuoi ottenere.

I prossimi progetti di Massimiliano Russo dopo Transfert

Progetti futuri?

Nell’ultimo anno mi sono dato molto da fare per pianificare i progetti che mi vedranno impegnato nei prossimi due anni. Ci sono tre sceneggiature, per tre film molto articolati, dove ampio spazio verrà dato, allo psicologico; avranno ambientazioni molto diverse fra loro, ma spero possano sorprendere ancor più di Transfert. Stiamo già lavorando al primo di questi tre film dal titolo Alta Voce, dovrebbe essere pronto entro marzo di quest’anno. Non posso ancora rivelare nulla sulla trama, ma se Vi è piaciuto Transfert non potete perderlo, stiamo cercando di spingerci molto oltre!

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