Coronavirus, Fase 2? Regioni pronte a chiudere se contagio torna a salire

Coronavirus, emergono linee guida per la fase 2 dalla relazione prodotta dalla task force guidata da Vittorio Colao: “Peggioramenti della situazione epidemiologica possono portare alla necessità di azioni mirate su specifiche aree”.

coronavirus fase 2
(Foto di Marco Bertorello, da Getty Images)

Si mettono a punto le linee guida per la fase 2 dell’emergenza coronavirus, e il governo incontra le parti sociali e le regioni. Queste linee guida iniziano ad apparire nella relazione della task force guidata da Vittorio Colao. Al punto 3 della relazione: “La riapertura richiede l’adozione di rigorosi protocolli di sicurezza in ambito lavorativo, condivisi con le parti sociali, in linea con le indicazioni del Comitato tecnico scientifico”. Questi protocolli devono “essere pre-condizione per la ripartenza delle singole imprese/attività economiche e sociali”. Si tratta di prerequisiti imprescindibili. “Criterio base quello della rischiosità di un’attività e rischio di aggregazione che essa comporta, come definiti da Inail: i comparti minerario, manifatturiero, costruzioni per un totale sul territorio nazionale i 2,75 milioni”.

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La riunione tra ministra del lavoro Nunzia Catalfo e parti sociali si è tenuta proprio nella giornata di ieri. Lo scopo era di avviare l’integrazione dei protocolli aziendali. Si è partiti dal protocollo del 14 marzo e dagli aggiustamenti già stipulati (Ferrari-Fca). La situazione epidemiologica deve essere oggetto di valutazione già nella prima settimana di lavoro. Le valutazioni riguarderanno: “La situazione epidemiologica (trend giornalieri, indicatori chiave su base locale), adeguatezza del sistema sanitario locale, sia ospedaliero che di risposta territoriale all’emergenza Covid (dimensionamento specifico, intensivo e sub-intensivo disponibile, numero di operatori sul territorio nazionale per gestione di pazienti in quarantena), disponibilità dei materiali previsti dai protocolli di sicurezza”. Il summit per la riapertura si è già rimessa a lavoro. Oggi stilerà le tempistiche del piano nella nuova riunione in videoconferenza. Verranno definiti i termini della curva epidemiologica riguardo i range da monitorare, la mappatura della capienza delle strutture sanitarie, le terapie intensive e la dotazione dei dispositivi di mascherine.

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(Foto di Vincenzo Pinto, da Getty Images)

Un elemento risulta imprescindibile: il monitoraggio sarà una costante della fase 2 e della fase 3 dell’emergenza coronavirus. Si tratta di un controllo a cui è impossibile rinunciare, per evitare un qualsiasi tipo di diffondersi incontrollato del contagio. Come ripetono in molti, tra epidemiologi ed esponenti politici, si allenteranno i controlli solo all’arrivo del vaccino. Nel documento si legge chiaramente: “Riapertura totale e gestione flessibile: idealmente entro 2020“. I parametri sanitari chiave per le riaperture: “Debbono essere quotidianamente monitorati dalle regioni per individuare con il massimo anticipo possibile, potenziali riduzioni dei livelli di tutela sanitaria della collettività”. In tal modo si sarà in grado di agire tempestivamente in caso di segnali allarmanti. Infatti, si legge ancora nella nota: “Peggioramenti della situazione epidemiologica e/o il deterioramento degli indicatori sul sistema sanitario locale possono portare alla necessità di azioni mirate su specifiche aree, aziende, enti a carico delle regioni e Prefetture agendo di concerto”. Agli scienziati sarà dunque affidato un compito importantissimo nella fase 2. Sarà necessario “effettuare reazioni mirate, senza penalizzare attività economiche e sociali in aree sicure, ma agendo con tempestività e precisione in aree a rischio”. Il processo di monitoraggio “e condivisione dati sarà importante per garantire ai cittadini fiducia nelle riaperture e nella fase due diventerà essenziale al crescere della mobilità inter-regionale e delle attività commerciali delle imprese”.

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L’obiettivo resta uno: gestire l’emergenza limitando i disagi. Come si legge nella nota, lo scopo è “cercare di alleviare le difficoltà delle persone e delle comunità dovute al prolungato lockdown”. Per farlo, la task foce ha individuato 4 elementi. Innanzitutto il piano di gestione delle strutture educative (in particolare le scuole e soprattutto le scuole medie, elementari e dell’infanzia) in funzione del progressivo ritorno al lavoro dei genitori. In secondo luogo “le condizioni di salute fisica e mentale della popolazione e in particolare dei più vulnerabili e di chi e in condizione di solitudine”. Poi le “specifiche esigenze dei disabili”. E per terminare la funzione che le “organizzazioni del terzo settore svolgono in diversi territori, specialmente a favore dei più vulnerabili e delle persone in stato di disagio”.

La task force, il governo e gli enti locali si impegnano a fare tutto il possibile, ma nella nota emerge un fattore da considerare: “Covid-19 è un’emergenza senza precedenti dal secondo dopoguerra“. E’ necessario trovare ora un equilibrio tra protezione e riapertura. Perché un possibile prolungamento del lockdown “potrebbe produrre, se protratte a lungo, l’effetto collaterale di aggravare la situazione economica e sociale complessiva del paese. Soprattutto rispetto all’incertezza dei tempi di sviluppo di un protocollo sanitario risolutivo”.

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