Coronavirus, Conte in visita a Bergamo: “Siamo tutti lombardi”

Il premier Conte, dopo aver illustrato i dettagli della fase 2 dell’emergenza coronavirus, ha fatto visita alla regione più colpita e da Milano è arrivato in Prefettura a Bergamo alle 23. 

coronavirus conte bergamo
(Foto di Tiziana Fabi, da Getty Images)

Il premier Giuseppe Conte in trasferta per l’emergenza coronavirus è giunto anche a Bergamo alle 23, e nel cortile della prefettura ha incontrato brevemente i giornalisti. Ad attenderlo a Bergamo il sindaco Giorgio Gori, il direttore generale dell’Ats Massimo Giupponi, quello del Papa Giovanni XXIII Maria Beatrice Stasi, con il direttore sanitario Fabio Pezzoli e il direttore delle Professioni sanitarie e sociali Simonetta Cesa. I partecipanti all’incontro sono stati tutti avvisati alle 16, prima che la notizia rimbalzasse sulle agenzie stampa. L’invito è poi arrivato anche ai cronisti, sistemati nel cortile di via Tasso. Lunga attesa durante colloqui a porte chiuse con il neo prefetto Enrico Ricci. Poi la breve conferenza stampa.

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Conte avrebbe colto l’occasione per mostrare la propria vicinanza a tutta la regione Lombardia, la più colpita dall’ecatombe da coronavirus. “In Lombardia la situazione è molto critica e la regione è stata molto sofferente: ma siamo tutti lombardi”. Poi è passato a riesaminare le decisioni riguardanti la mancata istituzione della zona rossa a Nembro e Alzano. E ha affermato: “Per quanto riguarda la zona rossa nei due comuni bergamaschi, nel momento in cui era stata proposta, è stata subito considerata e ho chiesto di esaminare le ragioni, sulla base però di un contagio già diffuso non solo nei due comuni ma anche a Bergamo e in tutta la Lombardia. Per questo alla fine è stato deciso di estendere la zona rossa a tutta la Lombardia”.

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(Foto di Marco Di Lauro, da Getty Images)

E il premier ribadisce: nessuna decisione è stata presa senza il parere del comitato tecnico-scientifico. Conte aggiunge: “Abbiamo subito chiesto un approfondimento al comitato scientifico e la sera del 5 marzo ho ricevuto la relazione, il 6 mi sono precipitato alla Protezione civile e la sera del 7 marzo ho firmato il Dpcm che estendeva la zona rossa a tutta la Lombardia”. Quanto ai lavoratori che hanno ripreso nelle aziende: “Abbiamo stipulato protocolli di sicurezza, rigorosissimi”, assicura, rispondendo secco sulla possibilità di una mappatura: “Se dovessimo mappare tutti i lavoratori, chiuderemmo per qualche anno”.

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Durante l’incontro a porte chiuse, invece, il premier avrebbe incontrato per primo il sindaco. Il sindaco Gori sembra aver sottoposto principalmente due temi. Il primo riguarda un reddito di emergenza a sostegno delle fasce sociali più colpite “escluse da altre forme di sostegno”. L’altro punto riguarderebbe le famiglie, “a mio avviso molto importante”, aveva già sottolineato Gori su Facebook. A Conte ha lanciato la proposta: dovrebbero essere i comuni, con l’Anci, a gestire gli interventi. Questo perché “non si può arrivare a settembre senza fare nulla”. Poi la discussione è passata al costo delle mascherine. Il governo ha bloccato a 0,50 centesimi quello delle mascherine chirurgiche. Ma Gori ha sottolineato: molte aziende bergamasche stanno già producendo mascherine, di ottima qualità, ma inevitabilmente a un prezzo maggiore. Si chiede dunque che possa continuare la produzione e la compravendita anche di queste mascherine.

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La visita del premier a Bergamo è arrivata dopo un incontro a Milano con il governatore Fontana, sindaci, prefetti e il il presidente designato di Confindustria Bonomi. Anche in quell’occasione ha ribadito: “Non è il momento di abbassare la guardia“. Si è trattata della prima visita ufficiale in regione Lombardia dall’inizio dell’emergenza coronavirus, in una regione che secondo le stime ufficiali conta ormai 2.940 decessi. Ma secondo le stime ufficiali. Il reale numero di decessi sarebbe da moltiplicare, non si capisce ancora di quanto. Non sono mancate le critiche sulle tempistiche della visita. Il vicepresidente del Senato Roberto Calderoli: “Quando c’era la campagna elettorale per l’Umbria organizzava lì una seduta del Consiglio dei ministri per cercare di spostare i voti, quando la Lombardia contava oltre 500 morti al giorno e non bastavano i letti negli ospedali non si è fatto vedere”. Le critiche sono arrivate anche da alcuni sindaci: “Siamo delusi e sconcertati”, commentano, tra gli altri, Juri Imeri (Treviglio) ed Alberto Maffi (Gandosso).

 

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