Stefanini: “Open Skies, decisione di Trump era nell’aria”

L’ambasciatore Stefanini commenta l’uscita degli Stati Uniti dal trattato. “È una tendenza consolidata da anni, che rende l’Europa più vulnerabile”.

stefanini

La fine del trattato Open Skies crea una nuova spaccatura tra gli Stati Uniti e l’Unione Europea. Sembra essere questo l’obiettivo dichiarato dal presidente americano Donald Trump, al momento in cui è stata dichiarata l’uscita dal trattato Open Skies. E a giudicare questa decisione è stato Stefano Stefanini, ambasciatore nonchè senior advisor dell’Ispi. Raggiunto dai colleghi di Formiche.net, Stefanini ha fatto capire che l’accordo, nato nel 2002 per consentire agli Stati Uniti di eseguire voli di osservazione sui territori degli altri Stati aderenti, sembra essere ormai decaduto del tutto.

“La decisione era sicuramente nell’aria – spiega Stefanini – . Risponde a una linea americana e russa di progressivo distacco da tutta la struttura pattizia di accordi sul controllo degli armamenti”. Dunque, in un certo senso il trattato Open Skies era solo destinato a concludersi da un momento all’altro. L’ambasciatore spiega che “l’uscita dal trattato si inserisce però in una tendenza consolidata da anni, che rende l’Europa più vulnerabile, poiché viene meno la copertura capace di garantire prevenzione su eventuali aggravamenti dello scenario di sicurezza”.

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Donald Trump – meteoweek.com

Ma come è stata presa questa decisione di Trump tra gli Stati membri dell’Unione Europea? Stefanini risponde così: “Sicuramente contribuisce a incrinare i rapporti. Gli europei sostengono gli Stati Uniti nella repressione alla Russia, ma non sono d’accordo sulla conclusione americana, cioè l’uscita dai trattati”. Una situazione che si è già verificata con un altro trattato, l’Inf, che è stato fatto scadere sempre da Trump un anno fa. “Gli europei non hanno altra scelta che sostenere gli Usa, condividendone le preoccupazioni per l’assertività russa, ma ritengono che l’attuale metodo americano sul sistema di controllo degli armamenti non sia quello giusto”.

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Tuttavia, Stefanini ammette che le ultime decisioni prese dagli Stati Uniti, anche a un eventuale avvicinamento alla Russia, hanno un filo comune. Stiamo parlando del pericolo che arriva, sotto ogni aspetto di politica estera, dalla Cina. “Ormai non può più essere considerata come potenza marginale rispetto alle altre due. Sul piano militare, può ormai essere ritenuta a livello di Russia e Stati Uniti. Non è una superpotenza nucleare come loro, ma può contare su un’azione libera dai vincoli delle rete di disarmo che invece limitano Washington e Mosca”.

E cosa deve fare in tal senso l’Europa? “Rendere più credibile la propria capacità autonoma di sicurezza. Serve – conclude Stefanini – una componente europea più forte nella Nato”.

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