Arrivano i nuovi Btp, ma potrebbero essere pericolosi

Il ministero dell’Economia ha presentato i Btp Futura, la seconda emissione di buoni del tesoro dopo i Btp Italia. Un prodotto dedicato alle famiglie e la cui raccolta dovrebbe essere destinata alle misure di rilancio post Covid.

Il ministro dell’economia Roberto Gualtieri

Arrivano i nuovi Btp: si chiamano “Futura” ed arrivano dopo i Btp Italia.  Avranno un tasso dell’1,15% dal primo al quarto anno, dell’1,3% dal quinto al settimo anno e dell’1,45% dall’ottavo al decimo anno. I tassi definitivi, come spiega il Tesoro, non potranno comunque essere inferiori ai tassi minimi annunciati ieri. Inoltre, il tasso cedolare dei primi 4 anni resterà invariato: in base alle condizioni di mercato potranno invece essere rivisti a rialzo i tassi successivi al primo. Si prevede che le vendite di questi buoni potranno essere un successo viste le condizioni favorevoli, anche se le performance del passato rispetto questo tipo di titoli sono da dimenticare.
Le famiglie detengono una quota sempre più bassa di titoli di debito italiano, anche perchè le obbligazioni pubbliche assomigliano sempre più – purtroppo – a quelle private. Rischi compresi.

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In poche parole, si dà agli Stati che emettono bond la possibilità di rinegoziare le condizioni, principalmente in merito alle cedole e alla durata. Per farlo serve il voto favorevole dei possessori dei titoli. Maggioranze che cambiano con procedure complesse: almeno il 75% dell’ammontare nominale aggregato dei titoli in circolazione rappresentati ad una assemblea dei possessori o una risoluzione scritta firmata da almeno il 66% (2/3) dell’ammontare dei titoli in circolazione. Prima della crisi da Covid, il tema era esattamente la riforma di queste clausole: per il momento le norme in vigore restano quelle  entrate in vigore dal primo gennaio 2013. Il collocamento dei Btp Futura partirà il 6 luglio e terminerà il 10, salvo chiusura anticipata. La durata del Btp Futura è 10 anni ed è previsto un premio fedeltà pari all’1% del capitale investito, che potrà aumentare fino ad un massimo del 3% sulla base della media del tasso di crescita annuo del Pil nominale dell’Italia. La raccolta sarà dedicata esclusivamente a finanziare le misure per la ripresa post covid. Titoli di Stato che tornano alle famiglie, dunque, e qui arriva il paradosso: perchè invece questi titoli sono sempre meno presenti nelle cassaforti delle banche, costrette dalla vigilanza Ue a non possedere troppi titoli di Stato. Ma se sono troppo rischiosi per gli istituti di credito, perchè non lo sono per le famiglie?

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