Beirut tra i corpi straziati e il desiderio di giustizia

L’esplosione a Beirut, alla ricerca straziante dei corpi sepolti. Oggi la manifestazione in piazza contro il governo.

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Un reportage del Corriere sull’esplosione a Beirut, l’inviato sul posto che sta seguendo il tragico ritrovamento dei brandelli di corpi recuperati dai soccorritori per poi essere condotti in ospedale per la prova del DNA ed il loro riconoscimento.

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I soccorsi

I lavori delle ruspe dei vigili del fuoco libanesi che sotto i resti dei giganteschi silos di grano sventrati dall’esplosione, stanno recuperando brandelli di corpi. Li estraggono cauti con le vanghe, e se riconoscono, per quanto possibile, la loro divisa: «È uno dei nostri», lo gridano nel caldo pomeriggio ancora pregno di polvere. Quello che rimane del corpo straziato viene allora adagiato in un sacco di plastica e portato con l’ambulanza all’ospedale per accertarne l’identità tramite la prova del DNA. Il cratere dell’esplosione si è riempito di acqua sporca del porto «Un buco fondo 40 metri. Anche lì potrebbero trovarsi cadaveri», secondo quanto dichiarato dai soccorritori.

Soccorritori Beirut

Coinvolti negli interventi di soccorso anche un gruppo di poliziotti francesi, con loro anche due mezzi dei vigili del fuoco italiani. La catena di solidarietà internazionale che si sta allargando. Le televisioni locali hanno proseguito ininterrottamente nell’elencare i numeri della tragedia, il bilancio che è continuato a salire. Fino a ieri sera 154 morti, 5.000 feriti, 300.000 rimasti senza casa, sfollati alla ricerca di un tetto. Le prime stime dei danni ammonterebbero tra i 10 e 15 miliardi di dollari. Il colpo di grazia di un’economia già prostrata dalla crisi.

I leader politici

Nessun leader si è palesato tra le rovine. La folla ha gridato che tutti, senza distinzione «meritano la forca». Non si fanno vedere tra la gente ma hanno parlato ai media locali. Ieri lo ha fatto a lungo il presidente cristiano filo-siriano Michel Aoun. «Tre settimane fa mi era stato detto che c’erano sostanze pericolose stoccate al porto. Avevo ordinato ai nostri militari che le spostassero», ed ha aggiunto «Se vi è stata incuria i responsabili vanno individuati dalle nostre autorità», ha dichiarato, respingendo così l’idea di una commissione d’inchiesta internazionale avanzata dal presidente francese Macron due giorni fa mentre veniva abbracciato per le strade. Aoun non ha escluso l’ipotesi di un attentato, come pensano in tanti. «È possibile che a innescare lo scoppio sia stato un intervento esterno, magari un missile o una bomba», ha dichiarato alimentando così le paure più diffuse.

Hassan Nasrallah, leader del movimento politico e delle milizie sciite filo-iraniane dell’Hezbollah. «Oggi non parlerò del nemico israeliano», sono state le parole di esordio insolite, visto che le accuse di fuoco contro il «nemico sionista» sono sempre state il suo punto forte. «Non c’era alcun nostro arsenale di armi o esplosivi nel porto. Hezbollah non ha alcuna responsabilità in questa tragedia», ha dichiarato. Quindi si è affiancato ad Aoun nel chiedere che venga aperta «un’inchiesta seria il prima possibile».

La popolazione è sconvolta e non ha accolto con favore le dichiarazioni. «I politici sono tutti uguali: corrotti e interessati a proteggersi gli uni con gli altri per continuare a rubare indisturbati», hanno ribadito i giovani che si sono raccolti nelle tende montate in Piazza dei Martiri per andare volontari a cercare di ripulire e riaprire i quartieri più colpiti.

Volontari Beirut

Scontri e manifestazioni

È notizia di queste ultime ore degli scontri con la polizia ed oggi è prevista una manifestazione per chiedere che i responsabili vengano puniti e che ci sia un cambiamento radicale nella politica del Paese. «Questa tragedia sta avendo come effetto diretto la ripresa del movimento di protesta. Avevamo cominciato il 17 ottobre scorso. Poi il coronavirus ci aveva costretti in casa. Adesso però le piazze tornano a riempirsi. Nel 2005 avevano protestato contro l’omicidio di Rafiq Hariri. Nel 2015 contro la spazzatura non raccolta. Ma adesso esigiamo la fine di questi partiti e dei loro leader ladri», ha dichiarato tra i tanti il 41enne Gilles Samaha, uno dei promotori storici dei Comitati contro la Corruzione. Come tanti si sta accampando nella piazza, per essere pronto con la prima luce del sole.

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