Di Maio potrebbe tornare a essere leader, ma al M5s conviene?

Conclusi gli Stati generali il Movimento 5 stelle si deve reinventare, ma l’impressione invece è che torni sui suoi passi.

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Luigi Di Maio, ministro degli Esteri. Credit: Luigi Di Maio Facebook

Gli Stati generali del Movimento 5 stelle si sono conclusi domenica scorsa, 15 novembre, e hanno mostrato chiaramente le divisioni interne del partito pentastellato. Da una parte la corrente più istituzionale di Luigi Di Maio, ministro degli Esteri, e Vito Crimi, leader del movimento. Dall’altra quella che accusa la dirigenza di aver snaturato il movimento, guidata da Alessandro Di Battista e Davide Casaleggio, presidente dell’Associazione Rousseau, che tuttavia non ha partecipato ai lavori viste le ultime discussioni.

Lo scontro Di Maio-Di Battista

L’ultima giornata dedicata all’evento istituzionale del M5s è stata caratterizzata da una diretta streaming della durata di circa quattro ore, in cui sono intervenuti 30 iscritti scelti attraverso la votazione online su Rousseau. Per l’occasione sono intervenuti diversi esponenti dei grillini tra cui i due “amici-nemici”, Di Maio e Di Battista, che si sono scontrati per la prima volta faccia a faccia (o meglio, schermo a schermo).

Le condizioni di Di Battista

Il primo a parlare tra i due è stato Di Battista, che ha annunciato il suo prossimo ritorno in politica, dichiarando di non vedere l’ora di rimettersi “in prima linea per i Cinque Stelle: vedremo come e in che ruolo”. Per tornare in pista, comunque, Di Battista ha dettato le sue condizioni. Dall’uscita dei Benetton da Autostrade per l’Italia, al rispetto della regola del doppio mandato, passando per il mantenimento della totale indipendenza del movimento. Il pentastellato ha inoltre chiesto che venga istituito un comitato di garanzia, composto da iscritti e parlamentari ma non da esponenti di governo, per avere regole chiare e trasparenti sulle nomine nei ministeri e nelle partecipate.

Le risposte di Di Maio

A questa proposta ha risposto Di Maio, intervenuto subito dopo: “Io non capisco – ha detto – perché dobbiamo farci male da soli, non è un dibattito interno al Movimento, noi stiamo al governo, facciamo subito una legge con un percorso pubblico, che preveda candidature pulite e trasparenti e combattiamo per questo”. Per quanto riguarda la regola del doppio mandato, invece, Di Maio ha risposto: “manteniamolo, che è sacrosanto”, nonostante fosse stato proprio lui la scorsa estate ad avanzare l’idea di superarla con l’escamotage del “mandato zero”. Anche perché, se la norma interna al M5s dovesse restare in vigore, non ci sarebbero più mandati a disposizione per Di Maio, già ministro dello Sviluppo economico durante il governo Conte I e ministro degli Esteri nel Conte II.

Le nuove regole del M5s

Dibattiti interni a parte, gli Stati generali dovevano servire per dare la possibilità al movimento di reinventarsi dopo le batoste ricevute nell’ultimo anno. Tuttavia il documento finale di sintesi deve ancora essere pubblicato e votato dagli iscritti al partito, quindi non si sa per certo cosa cambierà e cosa rimarrà uguale. Ancora più importante, invece, sarà il voto dell’organo collegiale che avrà il compito di guidare il “nuovo” partito. Ma pure questo punto è pieno di interrogativi: come verrà fatto? Chi saranno i candidati? Quando saranno le votazioni?

Il nuovo capo politico

Sulla possibilità di un’eventuale candidatura nell’organo collegiale o di tornare leader del M5s, Di Maio ha dichiarato a Radio Anch’io che avrebbe valutatonelle prossime settimane”. E ha aggiunto: “Ora siamo concentrati a superare la pandemia e a portare avanti questo governo”. L’idea di un ritorno di Di Maio come capo politico fa tornare subito alla memoria il motivo per cui l’attuale ministro degli Esteri aveva abbandonato il suo ruolo: un vero e proprio crollo nei risultati elettorali.

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Le analisi di YouTrend. Credit: YouTrend

Il crollo del M5s

Dalle politiche alle europee

L’ultimo successo elettorale del movimento è stato alle politiche del 2018, in cui era risultato primo partito d’Italia ricevendo il 33 per cento dei voti. Poi una serie di scelte sbagliate – prima l’alleanza con la Lega, e peggio ancora per gli elettori pentastellati con il Pd – ha fatto invertire la rotta. Poco più di un anno più tardi, nelle elezioni europee del maggio 2019, il M5s ha dimezzato i suoi consensi, raggiungendo a stento un 17 per cento.

Le elezioni regionali

Il punto più basso, però, i grillini lo hanno raggiunto quest’anno, con le elezioni regionali. Alla fine di settembre 2020 si è votato in Valle d’Aosta, Liguria, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Marche, Campania, Calabria e Puglia. Non solo il movimento ha perso ovunque, non è riuscito nemmeno a superare il 10 per cento (fatta eccezione per la Puglia, dove la candidata ha ottenuto l’11 per cento).

I sondaggi del M5s

I sondaggi sul leader

Nonostante le numerose sconfitte politiche degli ultimi anni, i sondaggi Swg della fine di ottobre 2020 sul Movimento 5 stelle hanno fatto emergere che gli elettori amano ancora Di Maio. Il 29 per cento di loro, infatti, sarebbero per un Di Maio bis, mentre i fan dell’ex deputato Di Battista si fermerebbero al 21 per cento.

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I sondaggi di YouTrend per Supermedia. Credit: YouTrend

I sondaggi sul partito

Restano ancora piuttosto bassi – rispetto all’exploit del 2018 – i sondaggi con riferimento all’intero partito. Stando ai dati raccolto da YouTrend nel suo report settimanale, al momento il Movimento 5 stelle si fermerebbe a un 15,1 per cento. Una percentuale ancora inferiore a quella ottenuta con le europee del 2019.

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