Banche, golf, donatori e aziende si ritirano: stop ai fondi per Trump

Chiusi i rubinetti dei finanziatori, così il tycoon può restare senza fondi. Dopo i fatti di Capitol Hill le banche interrompono i rapporti con la Trump Organization e diverse grandi aziende bloccano i finanziamenti ai repubblicani 

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L’assalto a Capitol Hill

Dopo la sospensione dai social network, a causa dei fatti di Capitol Hill il presidente americano Donald J. Trump rischia anche di rimanere anche senza fondi. Lo racconta Il Sole 24 Ore, che spiega come il tycoon e alcuni esponenti del partito repubblicano a lui più vicini hanno subìto un duro colpo alle proprie finanze per via del congelamento dei finanziamenti elettorali e del blocco degli affari con la Trump Organization.

Banche e golf si tirano indietro

Secondo le indiscrezioni, Deutsche Bank e Signature Bank avrebbero deciso di interrompere ogni relazione con Trump e la sua azienda. Il colosso tedesco ha in corso finanziamenti per 340 milioni di dollari in scadenza tra il 2023 e il 2024 e non ha ancora commentato la notizia. La banca newyorkese ha invece comunicato la chiusura di due account del presidente Usa, su cui sono depositati circa 5,3 milioni di dollari. Dopo l’assalto a Capitol Hill la Signature Bank ha inoltre chiesto all’inquilino della Casa Bianca di dimettersi «nell’interesse della nostra nazione e degli americani». La Professional Golf Association ha invece revocato la decisione di tenere l’edizione 2022 del suo prestigioso torneo al Trump National Golf Club Bedminster nel New Jersey perché ritenuta deleteria per il brand. Ad affermarlo il presidente dell’associazione Jim Richerson.

Stop alle piccole donazioni per Trump

Un altro colpo arriva dalla piattaforma di pagamenti digitali Stripe, attraverso cui passa una parte delle micro-donazioni dei sostenitori del presidente. L’azienda ha infatti deciso di smettere di processare le donazioni per sua la campagna di Trump. Decisione legata alla policy interna dell’azienda che impone il divieto di erogare pagamenti a soggetti che «incoraggiano, promuovono o celebrano atti violenti e illegali potenzialmente in grado di arrecare danni alle persone o alla proprietà privata». Si calcola che, dall’Election Day ai primi di dicembre, da questo canale siano arrivati più di 200 milioni di dollari per finanziare le operazioni di riconteggio. Le donazioni inferiori a 200 dollari hanno rappresentato metà del budget raccolto dalla campagna per la rielezione.

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Il presidente uscente Donald J. Trump

Isolati Trump e i membri del GOP

Diverse grandi aziende come JP Morgan, Citigroup, Goldman Sachs, Microsoft, Facebook, Alphabet, Visa e altri hanno deciso di sospendere le donazioni che servono a finanziare le campagne elettorali di deputati e senatori repubblicani del Congresso. Anche Amazon ha fatto sapere di «voler contattare personalmente i membri del Congresso e di valutare la riattivazione dei finanziamenti in base alle risposte che ci verranno date» a proposito del mancato riconoscimento della vittoria elettorale di Joe Biden. Ma l’elenco di aziende grandi e piccole che hanno preso misure analoghe contro gli esponenti del Congresso è lungo. Ci sono AT&T, la Dow Chemicals, la catena di hotel Marriott, American Express, General Electric, Airbnb. Hallmark Cards, produttore di biglietti di auguri, si è perfino spinto a chiedere ai due senatori del GOP la restituzione di due finanziamenti erogati pari a 7mila e 5mila dollari.

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Voci critiche pure da Wall Street

L’obiettivo di queste mosse – come riferisce il quotidiano economico – è quello di stemperare i toni della polemica politica e di evitare nuovi atti di violenza. Ma anche di agevolare un passaggio di consegne pacifico verso Biden, nonostante il clima infuocato. La National Association of Manifacturers, tradizionalmente vicina ai repubblicani, l’anno scorso ha stanziato 8 milioni di dollari in operazioni di lobbying. Oggi il suo presidente Jay Timmons ha però condannato le violenze e auspicato una rimozione dl tycoon prima della fine del mandato. Voci critiche in arrivo anche da alcuni grandi finanzieri di Wall Street. Come Stephen Schwarzmann, Ceo di Blackstone, che solo nel 2020 ha erogato finanziamenti per 45 milioni, pari a quasi tutta la campagna di Trump e del partito repubblicano. «L’insurrezione scatenata dalle parole del presidente – ha dichiarato – è un affronto ai valori democratici tanto cari a noi americani».

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