Donald Trump verso l’impeachment bis. Ed ora cosa resta del Trumpismo?

La fine del mandato di Donald Trump si conclude con una seconda procedura di impeachment, ma questo non causerà la fine del trumpismo.

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Donald Trump, presidente uscente degli Stati Uniti d’America. Credit: Donal J. Trump Facebook

“La fine di Trump decreterà anche la fine del Trumpismo”. Era questa la speranza dei democritici statunitensi ancor prima delle elezioni di metà dicembre 2020. Eppure non è avvenuto. Anzi, se possibile il legame tra il presidente uscente Donald Trump e i suoi elettori è diventato ancora più forte. Più profondo, perché si è acuita la rabbia dei suoi fan dopo la vittoria elettorale del dem Joe Biden. E proprio sulla collera e sulla paura è stata sempre fondata la comunicazione del tycoon nei confronti dei cittadini.

Tanto che, lo scorso 6 gennaio, The Donald è riuscito a convincere un gruppo di rivoltosi ad assediare il Congresso a Capitol Hill, per impedire la certificazione della vittoria del nuovo presidente eletto. Un episodio che gli sta costando caro, visto che è stato messo in stato di accusa per incitamento alla violenza, con l’avvio della sua seconda procedura di impeachment. Il tutto a pochi – pochissimi – giorni dalla fine vera e propria del suo mandato. L’insediamento di Biden infatti avverrà il 20 gennaio 2021, tra una settimana.

Cosa resta del Trumpismo?

Un movimento come quello creato intorno alla figura di Trump non si esaurisce con la fine di un mandato presidenziale. Piuttosto avviene il contrario: per un certo verso all’opposizione è ancora più facile fare campagna elettorale “alla Trump”. Cioè fare leva su notizie manipolate, o all’occorrenza addirittura false, per dare voce agli istinti di una parte di popolazione. Anche se, a seguito del blocco di – quasi – tutte le piattaforme social nei prossimi tempi sarà più complicato per il tycoon mandare messaggi espliciti a un numero così ampio di persone.

La fedeltà degli elettori trumpiani

La fedeltà

La fedeltà degli elettori trumpiani è stata dimostrata a più riprese, e specialmente nell’ultimo anno. Nonostante la pioggia di critiche ricaduta sul capo dei repubblicani – a partire dalla gestione scellerata dell’emergenza Covid-19 – i sovranisti non hanno mai smesso di appoggiare il loro presidente. Così alle ultime elezioni, in cui la sua sconfitta era data per scontata dai principali media statunitensi, Trump ha ottenuto 6 milioni di voti in più rispetto alle elezioni del 2016.

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La fiducia

Oltre alla fedeltà, poi, i fan del tycoon hanno dimostrato una fiducia profonda nel loro leader. Lealtà che li ha portati all’atto “terroristico” – come l’ha definito la speaker della Camera Nancy Pelosi – dell’assedio a Capitol Hill. L’assalto al Congresso era basato sulle proteste contro l’insediamento di Biden, ritenuto illegittimo da Trump e i suoi, nonostante tutti gli stati americani avessero largamente dimostrato la legittimità dei risultati elettorali.

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Come se non bastasse, pochi giorni prima della manifestazione in Campidoglio, il Washington Post aveva diffuso l’audio di una chiamata tra il tycoon e il segretario di Stato della Georgia, Brad Raffensperger. Nella registrazione si sente Trump che tenta di far pressioni su Raffensperger e il suo consigliere Ryan Germany per cercare i voti necessari a ribaltare l’esito ufficiale delle presidenziali in quello stato.

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