Nozze Psa-Fca, quel dividendo da 2,9 miliardi che fa felici gli azionisti

Ha avuto in inizio l’avviamento della fase operativa di Stellantis, il gruppo del settore automobilistico frutto delle nozze fra Fca e Psa. Il gruppo (diretto da John Elkann) il 29 gennaio pagherà ai suoi soci un maxi dividendo dal valore di 1,84 euro per ogni azione. Il totale complessivo arriva a 2,9 miliardi di euro. Nel frattempo, però, grazie al decreto Liquidità il gruppo Fca Italy ha ottenuto il prestito garantito dallo Stato elargito da Intesa Sanpaolo per un totale di 6,3 miliardi di euro. Una contraddizione? 

fca - meteoweek.com
John Elkann – MeteoWeek.com (da Getty Images)

 

Festeggiano gli azionisti di Fca, che ottengono il primo incasso legato alla nascita di Stellantis. Stiamo parlando del primo effetto della fusione Fca-Psa sotto la holding Stellantis, il gruppo diretto da John Elkann: il 29 gennaio verrà pagato un extra dividendo agli azionisti. Il bottino spetta ai titolari di azioni ordinarie Fca legittimati entro la chiusura delle contrattazioni della giornata di oggi, 15 gennaio. Il dividendo ha un valore di 1,84 euro per ogni azione, per un importo totale di 2,9 miliardi di euro. Si tratterebbe in realtà di uno strumento di compensazione: il gruppo Fca ha una capitalizzazione di mercato più alta rispetto a Psa. Exor – il gruppo della famiglia Agnelli che controlla il 28,67% di Fca – riceverà un dividendo di circa 828 milioni di euro. Un bel colpo per la famiglia Agnelli, soprattutto considerando che Exor rimarrà il primo azionista del nuovo gruppo Stellantis, con una quota pari al 14,4% (il doppio rispetto a Peugeot).

Una vittoria per Fca, che però si preparava ad un incasso ancora maggiore. L’extra dividendo (ora di 2,9 miliardi) è stato addirittura dimezzato rispetto al memorandum di accordo firmato a dicembre 2019, che prevedeva invece un dividendo di 5,5 miliardi di euro. Il ridimensionamento è stato legato alla crisi che il Covid ha provocato sul settore delle automotive, causando un fortissimo crollo delle vendite tra marzo e aprile 2020 e in generale una flessione per tutto l’anno 2020. Per questo è stato necessario ricalcolare il dividendo, per garantire al gruppo Stellantis una liquidità in grado di sostenere gli investimenti futuri, a fronte di entrate ridotte.

Leggi anche: La stampa estera contro Renzi: “irresponsabile”, “egocentrico”, “politico più impopolare d’Italia”

La garanzia dello Stato da 6,3 miliardi di euro

A proposito di liquidità e cassa per investimenti futuri, è il caso di tornare su un punto che ha fatto a lungo discutere: questo stesso dividendo da 2,9 miliardi di euro (nonostante sia stato ridotto) è lo stesso dividendo a lungo criticato in relazione alla garanzia concessa dalle casse pubbliche sul prestito da 6,3 miliardi di euro per Fca Italy. A finire al centro del dibattito la richiesta di prestito effettuata da John Elkann. La polemica è scattata innanzitutto in quanto il gruppo Fca ha sede legale in Olanda e fiscale in Gran Bretagna. In realtà, però, è Fca Italy ad aver chiesto la garanzia, e Fca Italy paga effettivamente le tasse in Italia. E’ piuttosto la società a cui fa capo, il gruppo Fca, ad avere sede legale e fiscale fuori dall’Italia.

Il secondo motivo di polemica – questa volta un po’ più solido – riguarda appunto i dividendi. A fine maggio 2020 Elkann aveva confermato l’intenzione di chiedere la garanzia statale senza rinunciare al maxi dividendo che allora era stato calcolato di 5,5 miliardi. La contraddizione era evidente: da un lato il gruppo Fca chiedeva una garanzia statale attraverso le norme del decreto Liquidità, dall’altro gli azionisti si sarebbero spartiti il dividendo frutto della fusione. Il 24 giugno 2020 il ministero dell’Economia ha dato il via libera alla garanzia statale sottoscritta da Sace per il prestito statale di 6,3 miliardi concesso da Intesa Sanpaolo a Fca Italy. Il prestito concesso dalla banca a garanzia statale servirà per la creazione di “ampio piano di investimenti per l’Italia, gran parte del quale già avviato“. La garanzia concessa dallo Stato copre l’80% dell’importo del prestito del valore di 6,3 miliardi, per la durata di tre anni. In sostanza, se Fca Italy non dovesse riuscire a ripagare il prestito nel giro di tre anni, sarà lo Stato a saldare il conto con la banca. La concessione della garanzia rientrava nell’ambito di una procedura specifica prevista dal decreto Liquidità: lo Stato può concedere una garanzia per i finanziamenti in favore di imprese di grandi dimensioni, che contano oltre 5mila dipendenti in Italia o con un valore di fatturato superiore a 1,5 miliardi di euro.

Leggi anche: Per Conte sembra non esserci altra possibilità: o i “responsabili” o è la fine

Le critiche

fca - meteoweek.com
MeteoWeek.com (da Getty Images)

Le critiche sollevate al tempo dall’ex ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda riguardarono proprio la strategia di Fca Italy, una strategia resa possibile proprio grazie a regole troppo blande imposte dallo Stato: Fca Italy avrebbe potuto ottenere la liquidità di cui necessitava  – o comunque parte di essa – attraverso la controllante Fca, con sede ad Amsterdam e domicilio fiscale a Londra. La controllante avrebbe potuto assicurare il prestito a Fca Italy internamente. Eppure, Fca Italy ha deciso di chiedere ugualmente il prestito, sfruttando la garanzia del decreto Liquidità per mantenere intatta la liquidità interna, finanziare gli investimenti attraverso il prestito e garantire, così, un buon dividendo agli azionisti (anche se ora ridimensionato a 2,9 miliardi). Insomma, piuttosto che toccare le tasche degli azionisti, Fca Italy ha preferito chiedere un prestito a garanzia statale. Il dividendo poi è stato comunque ridotto a causa della crisi Covid, ma resta il fatto che quanto previsto da Carlo Calenda è effettivamente accaduto. Inoltre – e questa è una premonizione di Calenda che potrebbe avverarsi oppure no – “Fca invece non ha mai rispettato il piano degli investimenti previsto per l’Italia“.

Leggi anche: I vaccini non bastano? Per Galli la soluzione è escludere dal piano i guariti

Sulla questione è intervenuto anche Romano Prodi che in un editoriale sul Messaggero uscito l’11 gennaio 2021 ha sottolineato: lo Stato italiano sarebbe dovuto entrare nelle azioni del gruppo Stellantis (unione tra Psa e Fca), proprio come ha fatto lo Stato francese. “Abbiamo quindi assoluta necessità di una nuova politica italiana per l’automobile con interventi volti a riprendere, almeno in parte, il cammino perduto. Penso tuttavia che questa politica sarebbe più facile da mettere in atto se il nostro governo, dopo avere accompagnato l’Fca verso la fusione, aiutandola con il cospicuo prestito di sei miliardi di euro, fosse entrato nell’azionariato di Stellantis insieme allo stato francese”. Insomma, lo Stato garantisce e resta fuori, Fca distribuisce.

 

Impostazioni privacy