Mafia: beni per 22 mln confiscati a imprenditore calabrese

La Direzione Investigativa Antimafia, coordinata dalla locale Procura della Repubblica, ha eseguito un decreto di confisca di beni aziendali e personali del valore di circa 22 milioni di euro. Il Tribunale ha emesso la sentenza nei confronti di Girolamo Giovinazzo, 48 anni, di Cittanova (Reggio Calabria), detto Jimmy. L’uomo è stato ritenuto vicino alla cosca Raso-Gullace-Albanese, a cui risulta legato anche da vincoli di parentela, avendo sposato la nipote del capo cosca. Un ordinamento restrittivo aveva, già nel 2016, colpito Giovinazzo, perché coinvolto nell’operazione “Alchemia della Procura Distrettuale Antimafia“. Quest’ultima aveva interessato gli elementi ritenuti affiliati alle cosche reggine “Raso-Gullace-Albanese” di Cittanova e “Parrello-Gagliostro” di Palmi, per associazione a delinquere di stampo mafioso, intestazione fittizia di beni e reati contro la Pubblica Amministrazione. Il Tribunale di Reggio Calabria ha, inoltre, ritenuto Giovinazzo: “Portatore di pericolosità sociale qualificata, per la contiguità con un’organizzazione criminale di stampo mafioso. E anche portatore di pericolosità generica, in ragione della sua inclinazione e abitualità nel tempo a delinquere”.

22 milioni

Alchemia

Nel procedimento “Alchemia”, la figura di Giovinazzo era emersa quale possibile “portavoce” e uomo di fiducia del suocero, nonché defunto boss Girolamo Raso. L’uomo aveva  il compito di mantenere i rapporti con i sodali, con esponenti di cosche vicine e, contemporaneamente, con il mondo politico e imprenditoriale. Ma anche con funzionari pubblici, allo scopo di agevolare l’ottenimento di commesse di lavori o appalti, contributi comunitari e altre provvidenze. In più, Giovinazzo era stato oggetto anche di vicende penali per emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti. Non solo, accusato anche di occultamento/distruzione di scritture contabili, falso, truffa aggravata, bancarotta fraudolenta, associazione a delinquere. Da qui, ad aprile 2018, la Dia aveva già sequestrato beni aziendali e personali nella disponibilità dell’imprenditore. Tuttavia, nel procedimento Alchemia, l’uomo era stato assolto dal reato associativo e di intestazione fittizia con sentenza di primo grado del 18 luglio 2020 del Tribunale di Palmi, appellata dal Pm.

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22 milioni

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La confisca

Dal punto di vista patrimoniale, è emerso come la crescita dell’attività imprenditoriale sia stata concretamente agevolata nell’avvio e, soprattutto, nell’espansione, dal ricorso sistematico a pratiche imprenditoriali illecite, per cui il patrimonio a lui riconducibile è stato ritenuto il frutto o il reimpiego di proventi di attività illecita, stante anche la significativa sproporzione tra i redditi dichiarati e le effettive disponibilità a lui riconducibili.  Con il provvedimento è stato anche confiscato un consistente asset immobiliare e mobiliare, ricomprendente beni aziendali e personali, costituito da 5 società (di cui 3 di capitali, 1 di persone e una ditta individuale) tra Cittanova e Roma, operanti nei settori turistico-alberghiero, agricolo (produzione di olio), lavorazione del legname e trasporto rifiuti. Tra queste anche la nota elegante struttura alberghiera di lusso “Uliveto Principessa Park Hotel” di Cittanova adibita in particolare a sala ricevimenti; 15 terreni a uso agricolo a Cittanova per un’estensione complessiva di circa 13 ettari e 2 capannoni a uso industriale, per una superficie complessiva di circa 3mila metri quadri. Il tutto per un valore di circa 22 milioni di euro.

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