Caso Luca Ventre, italiano morto all’ambasciata in Uruguay. Scoperta app spia nel telefono

Proseguono le indagini sulla morte di Luca Ventre, l’italiano morto all’ambasciata in Uruguay. Qualcuno voleva rapirlo, è quanto emerge dall’app spia trovata nel suo telefono.

 

Il 35enne aveva detto ai suoi familiari che rientrare in Italia era diventato una necessità impellente perché era minacciato. Gli investigatori hanno scoperto che nel cellulare dell’imprenditore, a partire almeno da ottobre, qualcuno aveva inserito un software che lo “spiava”. L’imprenditore, terrorizzato dal fatto che qualcuno volesse rapirlo in Uruguay, voleva tornare subito in Italia. Questo lo ha portato a scavalcare il muro dell’ambasciata italiana a Montevideo il giorno di Capodanno.

Luca Ventre voleva chiedere aiuto ma un poliziotto uruguayano l’ha bloccato a terra per 22 minuti. Questi gli ha tenuto un braccio premuto contro il collo finchè il giovane italiano è morto. Sono questi gli ultimi particolari emersi su un caso su cui sta indagando la magistratura italiana e su cui ha aperto un’inchiesta anche la Procura della Repubblica di Roma, delegando le indagini ai carabinieri del Ros.

Dopo aver trascorso otto anni in Uruguay, l’imprenditore voleva tornare a Vicenza. Nel paese sudamericano aveva avviato diverse attività imprenditoriali, riuscendo a fare una vita agiata. Ma Luca Ventre voleva ritornare in Italia e ricongiungersi con la famiglia. In Uruguay non aveva amici e la relazione con la 49enne, da cui sette mesi fa aveva avuto una figlia non andava. Lo aveva confessato alla madre, tornata in Italia nel 2018, al fratello Fabrizio e con il padre Mario, che è ancora in Uruguay.  A causa dell’emergenza Covid, però, è stato tutto rallentato. Nei giorni del 29 e il 30 dicembre il 35enne aveva detto ai suoi familiari che doveva necessariamente ritornare. Emerge ora che aveva parlato di qualcuno che voleva sequestrarlo e, come gli avevano consigliato i familiari, aveva anche presentato una denuncia contro ignoti alla polizia.

luca ventre

Caso Luca Ventre: morto all’ambasciata e spiato da mesi

Il terrore di essere minacciato ha spinto Luca a suonare al citofono dell’ambasciata italiana a Montevideo alle 7 del 1 gennaio. Non ricevendo risposta e ignorando che nel giorno di festa gli uffici erano deserti, ha saltato il muro di recinzione chiedendo aiuto. Come si nota dai video delle telecamere di sorveglianza, un poliziotto lo blocca a terra e gli tiene un braccio premuto sul collo fino a che l’imprenditore non si muove più. Questo interrogato dagli inquirenti uruguayani ha detto: “Vale la pena ricordare che detto uomo si è presentato chiedendo aiuto e aggiungendo che lo avrebbero ucciso”.

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Un italiano che rischiava la vita anziché ricevere aiuto dall’Ambasciata è stato dunque soffocato come George Floyd negli Usa. I familiari di Luca Ventre pensano che le cose siano andate esattamente così e chiedono giustizia.

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La conferma del sospetto che qualcuno intendesse realmente fare del male alla vittima è la recente scoperta. L’app spia che nel suo telefono trametteva dati a numeri appartenenti a persone sconosciute. Questi dati indicavano con chi avesse parlato l’imprenditore al telefono e cosa avesse scritto nei messaggi. “Abbiamo chiesto copia della denuncia presentata da Luca al commissariato in Uruguay e per quanto riguarda il telefono spiato attendiamo a breve tutto il materiale per poter far compiere una consulenza e scoprire così a chi arrivavano i dati di mio fratello”, assicura Fabrizio Ventre.

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