Va bene, governo Draghi. Ma otterrà la fiducia in Parlamento?

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha convocato al Quirinale Mario Draghi per dar vita a un nuovo esecutivo. Ora Draghi dovrà interloquire con il Quirinale, presentare una squadra di ministri al Quirinale per il giuramento e andare alla Camera e al Senato per ottenere la fiducia. Ma chi è disposto a votargli la fiducia?

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Dopo settimane di stallo, di tentennamenti, attacchi e ricontrattazioni, la crisi politica in Italia ieri sera ha assunto una svolta drastica: il tavolo con la vecchia maggioranza per cercare di creare un nuovo esecutivo è caduto, il presidente della Camera Roberto Fico ha riferito ha Mattarella l’impossibilità di trovare una quadra, e Mattarella ha convocato al Quirinale Mario Draghi per la creazione di un nuovo governo, suggellata dalla fiducia in Parlamento. Lo ha fatto dopo aver ribadito quanto sia impensabile andare al voto ora: le elezioni richiederebbero inevitabilmente mesi prima della creazione di un nuovo governo, mesi nei quali l’Italia non può permettersi di trovarsi in campagna elettorale. Ci sono il Recovery plan, una pandemia e una campagna di vaccinazione da governare. Insomma, un governo istituzionale sembra essere l’unica soluzione, ma deve passare per il vaglio delle Aule. Anche se va specificato: se la fiducia gli venisse negata, dopo il giuramento Draghi resterebbe comunque in carica per gli affari correnti fino alla formazione di un nuovo eventuale esecutivo o fino alla nascita di un nuovo governo legato alle elezioni anticipate (che richiederebbero mesi, come già ricordato). Ovviamente, nonostante tutto, il tema della fiducia resta importantissimo, visto che in base al voto di fiducia si delineerà il profilo del futuro esecutivo Draghi: servirà a capire se una fiducia c’è, e quindi se il governo assumerà più il ruolo di un governo di scopo prima delle elezioni; e in caso di fiducia servirà a capire da chi sarà sorretto il nuovo esecutivo e con quanta adesione. Sul “governo di alto profilo”, infatti, non si anno ancora molte notizie: difficile capire ora se sarà un governo tecnico duro e puro, o se cercherà una mediazione con la rappresentanza politica.

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Chi voterà la fiducia?

Anche qui, è necessario essere prudenti: la conta precisa in Parlamento è ancora impossibile, visto che gli smottamenti interni alle diverse forze politiche (in primis il M5s) non sono indifferenti, e non sono escluse scissioni. Si possono però indicare le posizioni ufficiali sostenute dalle singole forze politiche fino a questo momento. Il governo Draghi otterrebbe quasi certamente l’appoggio di Italia viva, Pd e Forza Italia. La posizione di Italia viva sembra scontata: da mesi Matteo Renzi puntella i suoi discorsi di attacco a Giuseppe Conte con citazioni di Mario Draghi, da mesi ripete direttamente o indirettamente di voler rimpiazzare l’incapacità di governare – a detta sua – marchiata 5 stelle. E ora, ovviamente, Italia viva ripete: avremo preferito un governo politico ma sosteniamo Draghi. Il Pd intanto, sconfortato e stordito, sembra accettare l’ipotesi Draghi. Un una nota il segretario dem Nicola Zingaretti avrebbe comunicato: “Abbiamo fatto davvero di tutto per ricostruire una maggioranza, in un momento difficile. Da domani saremo pronti al confronto per garantire l’affermazione del bene comune del Paese”. Poi c’è Forza Italia, con un Silvio Berlusconi che da settimane invoca a mezza bocca un governo di alto profilo. Lo stesso Cavaliere si è sempre detto pronto ad appoggiare un governo a maggioranza Ursula senza premier Conte. Inoltre, è risaputa la stima che l’ex premier Berlusconi prova nei confronti della figura di Draghi. E a proposito di maggioranza Ursula, a dare la fiducia saranno quasi sicuramente anche +Europa-Azione, che da tempo si dicono a favore di un governo di alto profilo, in grado di segnare un cambio passo.

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I dubbiosi e i contrari

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Ora veniamo ai dubbiosi. In prima fila tra gli incerti c’è sicuramente la Lega, che da un lato continua a chiedere le elezioni anticipate, dall’altro si mostra a intermittenza più possibilista verso una soluzione di questo tipo. Non sono lontani i tempi in cui il leader della Lega invocò a sorpresa un governo ponte in grado di traghettare l’Italia verso le urne. E non sono lontani i tempi in cui la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni frenò le intenzioni di Salvini riportando tutte le comunicazioni ufficiali del centrodestra sulla richiesta del voto anticipato. E’ sull’impossibilità del voto, sul “poi”, che le posizioni si scindono. E infatti ora Matteo Salvini, dopo aver invocato le urne, ha assunto una posizione più morbida: “La Lega e il centrodestra sono per l’apertura dei cantieri, la rottamazione delle cartelle, la flat tax, un piano vaccinale serio e una riforma della giustizia. A chiunque voglia ragionare di futuro e di Italia non dico mai di sì o di no per simpatia o pregiudizio”. Nulla esclude che alla fine Salvini cederà, anzi. Resta dura, invece, la linea di Giorgia Meloni, che ribadisce: “Ci confronteremo, ma anche dall’opposizione FdI è disponibile a lavorare per il bene della nazione. La soluzione non è un governo nato nei laboratori del palazzo. Con il voto in democrazia i cittadini sono padroni del proprio destino”. Eppure, anche Giorgia Meloni fa sapere che Fdi resterà all’opposizione ma è pronta a collaborare.

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L’incognita M5s

Infine il Movimento 5 stelle, sul quale si apre uno scenario totalmente diverso e ben più pericoloso. Il capo politico Vito Crimi ha già fatto sapere che il Movimento non appoggerà il governo Draghi. Tuttavia, su questo punto il Movimento 5 stelle rischia l’implosione. Il pericolo della scissione è molto alto, e un gruppo di parlamentari potrebbe votare la fiducia, mentre un altro potrebbe finire all’opposizione. In questo senso il Movimento resta dirimente nel futuro del governo: senza l’appoggio di tutto il Movimento, il governo Draghi avrebbe bisogno dell’appoggio della Lega (che resta incerta ma possibilista sull’appoggio). Insomma, i numeri, e dunque la forza del nuovo governo, dipenderanno dall’eventuale scissione del Movimento 5 stelle e dalla porzione che si dimostrerà favorevole a Draghi. Il rischio che si delinei un paradosso resta ancora viva: la missione compiuta di Matteo Renzi (la lacerazione del M5s) rischia di trasformarsi in un ostacolo per la costruzione del governo Draghi, tanto auspicato da Italia viva. Eppure, sulla possibile fiducia a Draghi è necessario ribadire un fattore, al netto di tutte le discussioni: Mattarella prima di convocare Draghi avrà fatto i suoi calcoli, magari conoscendo qualche dettagli in più rispetto a quello estrapolabile dalle indiscrezioni di Palazzo.

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