Il sì di Salvini è un problema per le forze di governo giallorosso

L’appoggio senza condizioni e senza veti di Matteo Salvini al governo di Mario Draghi crea non pochi problemi ad alcuni partiti, soprattutto al Pd e al Movimento 5 Stelle. Questo potrebbe far derivare una fine, già preannunciata, del progetto di governo giallorosso. 

governo giallorosso

La Lega di Salvini si era mostrata molto scettica inizialmente e manteneva la linea sull’unica via possibile: il voto. L’ipotesi sempre più concreta di un governo Draghi ha posto il leader del Carroccio davanti ad una decisione, o dentro o fuori. Discostandosi dal dissenso della sua collega alleata Giorgia Meloni, Salvini appoggia e sostiene il governo Draghi. Si dimostra aperto alla discussione sui punti cruciali del suo programma, ma senza porre condizioni.

In controtendenza rispetto a quanto ci si aspettava, questo cambio di rotta di Salvini ha creato non pochi problemi ad altri partiti. Primo fra tutti Leu, intenzionato ad appoggiare Draghi ma a patto che non vi sia la Lega. Questa decisione ha dissestato anche le due forze maggiori di governo, democratici e grillini. La situazione attuale pone l’ex presidente della Bce in una posizione alquanto difficile, ovvero tenere insieme forze politiche molti distanti fra loro come Lega, Pd, 5Stelle, Italia Viva, Forza Italia e Leu. Questo per molti impensabile governo di unità nazionale potrebbe nascere già entro giovedì, dopo le consultazioni di oggi e domani.

Una mossa astuta da parte di Salvini che il suo sì senza veti e la sua massima disponibilità irrita e mette sull’attenti democratici e pentastellati. Il disappunto emerge anche dalle parole di Beppe Grillo che fa intendere che voler accontentare tutti porta al fallimento. Ma l’incompatibilità maggiore viene dal Pd, i dem sono in completa opposizione con i sovranisti ma continuano ad appoggiare il governo Draghi. La speranza dei democratici è che il professor Draghi non si debba trovare mai in una maggioranza litigiosa, cosa che avverrebbe se gli stessi dem si troverebbero a fianco dei leghisti.

Le preoccupazioni di Zingaretti: una maggioranza con Salvini

Queste discordie interne alla maggioranza ampia con cui dovrà fare a patti il premier incaricato potrà a questo punto giustificare un progetto di governo tecnico e meno politico. Per tenere tutti uniti e far andare tutti “d’accordo” l’esecutivo dovrà essere formato da più tecnici esterni e meno forze politiche. Uno Zingaretti preoccupato che nonostante smentisca voci su un appoggio esterno al governo dei democratici e ribadisca l’unanime sostegno del Pd, i malumori si percepiscono e anche un estremo disagio a dover dividere la maggioranza con i leghisti.

Sottolinea che “il problema non è per noi. Giudicheremo la coerenza di chi oggi diventa europeista” riferendosi a Salvini che appoggerà un europeista come premier. A preoccupare il segretario del Pd è anche la futura stabilità, dato che si è già visto crollare sotto gli occhi il governo giallorosso e sfaldarsi in tanti piccoli pezzi. Un terremoto di poltrone lo porta a dire che “una maggioranza più ampia non vuol dire più stabile, ma valuterà il premier incaricato”.

A temere maggiormente questa virata europeista di Salvini più che il Movimento 5 Stelle è il Pd. Sorpreso Zingaretti ammette che “non c’è dubbio che è una novità. Salvini ha dato ragione al Pd”. Ma non è convinto della sincerità della Lega nel sostenere l’importanza dell’Europa, poichè “l’Europa non è solo una parola, valuteremo la coerenza“. Punto focale della questione è il Recovery fund per cui la Lega ha votato contro poi si è astenuta, sale la curiosità tra i dem su cosa deciderà ora Salvini. Con una poco velata ironia grida al miracolo degli effetti della pandemia dicendo che “ha fatto cadere uno a uno i pilastri del sovranismo in tutto il mondo.” Anche i twitt canzonatori non mancano, su Twitter Andrea Orlando posta “Un primo effetto l’incarico a Draghi l’ha avuto. Salvini è diventato europeista in 24h.”

Il futuro giallorosso, la fine del governo mina il progetto della coalizione

Altri due giorni di consultazioni per Draghi. Il Pd nonostante le preoccupazioni è pur sempre intenzionato a far parte di questo governo. Zingaretti ricorda quanto in questi due anni sia cresciuto il partito democratico, da forza politica al tramonto del 2018 a punto di riferimento della maggioranza oggi.  I prossimi mesi per loro “saranno un esperimento” la base da cui si parte è quella rinata con il governo Conte II, un patrimonio utile oggi per Draghi. Ed era proprio questa base il progetto del governo giallorosso mandato in frantumi dal sì della Lega. Il Pd voleva un governo a una maggioranza coesa ma la coesione potrebbe essere messa in dubbio dal dover discutere con la Lega di alcuni temi come Europa e immigrazione.

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I pentastellati già indecisi per la scelta Draghi internamente e per la presenza di Berlusconi, si dividono ulteriormente sull’ipotesi Lega e Pd. “Come può Draghi mettere d’accordo Lega e Pd e come possiamo tornare noi con la Lega?”. Ma il Movimento 5 Stelle sembra completamente spaccato in due. Chi vuole essere fedele ai valori del Movimento e non governare con Lega e FI e sostenere Draghi e chi vuole entrare in questo governo. A spingere per questa seconda via sono Grillo e Conte. Il premier del governo Conte bis, è convinto a sostenere questa maggioranza e farla sopravvivere nel futuro governo. In questo modo, Conte potrebbe continuare ad essere il leader di questa coalizione ma soltanto se i grillini entreranno insieme ai dem a far parte del governo.

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Giuseppe Conte è stato il garante di una coalizione tra due anime e identità politiche molto distanti tra loro. Ma che  questa crisi e la successiva caduta del Conte bis potrebbe aver sancito una fine netta del progetto giallorosso. Questo è emerso anche dalle reazioni all’incarico di Draghi e allo smottamento degli equilibri.

 

 

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