Il video di Grillo riapre il dibattito sulla violenza di genere in Italia

Il dibattito sulla violenza di genere porta a una riflessione sullo stato della società in Italia: il problema è tutto culturale e politico.

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Il video di Grillo riapre il dibattito sulla violenza di genere in Italia – www.meteoweek.com – Beppe Grillo, garante del Movimento 5 stelle, in un fotogramma del video in cui difende il figlio accusato di stupro. Credit: Facebook

Hanno detto: è comprensibile che un padre difenda un figlio a tutti i costi. Sarà, ognuno ha la propria opinione. Ma ciò che non è più accettabile, nel 2021, è la retorica secondo cui in un stupro – da parte di un uomo ai danni di una donna – una parte di responsabilità sia attribuibile alla donna. Non è così. O la convinzione che una violenza denunciata dopo giorni, settimane, mesi, anni, sia meno credibile. Non è così. Non c’entrano il modo in cui sono vestite le vittime, quanti cocktail abbiano bevuto durante una serata o che tipo di droghe abbiano assunto. C’entra la cultura basata su un maschilismo di fondo. La società improntata sull’idea che “boys will be boys”, quel modo di dire anglofono per cui “i ragazzi si comportano da ragazzi”. Non hanno responsabilità per i loro istinti aggressivi o violenti. Sono fatti così. Nel 2021, un modo di dire del genere dovrebbe essere offensivo anche per gli stessi uomini.

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Eppure, nonostante a volte l’impressione possa essere che il mondo stia facendo dei passi avanti sulla parità di genere, arriva sempre qualcuno a ricordarci che la strada è ancora in salita. Stavolta è stato il garante del Movimento 5 stelle, Beppe Grillo, che in un video pubblicato sui social network ha dato vita a una scenetta anacronistica e fuori luogo. Paonazzo di rabbia, urlante, ha fatto un’invettiva contro la ragazza che due anni fa ha denunciato suo figlio – Ciro Grillo – e altri tre ragazzi per stupro. La sua colpa? Aver sporto denuncia otto giorni dopo il fatto. “È strano”, ha detto Grillo. Eppure non è strano capire che ogni persona ha tempi e modi diversi per elaborare un trauma. Lui stesso ne ha subìti alcuni nella vita, potrebbe fare questa associazione logica. E invece no, perché – oltre a mettere pubblicamente in dubbio la credibilità della ragazza, abusando della sua posizione politica – Grillo ricalca alla perfezione quel modo di dire anglofono sopracitato. “Un gruppo che ride, ragazzi di 19 anni che si stanno divertendo, che sono in mutande e saltellano col pisello così perché sono quattro coglioni, non quattro stupratori, ha detto. Poco importa se la ragazza abbia dato il suo consenso: sono giovani, maschi, e si stanno divertendo. Che altro serve?

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Sia chiaro: l’obiettivo qui non è dare per scontato che Ciro Grillo sia colpevole di stupro insieme a suoi tre amici. Al contrario: l’intento è indurre a una riflessione sulla comunicazione adottata dal padre Beppe Grillo, secondo cui la ragazza che ha denunciato è una bugiarda, a prescindere dalla verità giudiziaria a cui si giungerà. In uno stato di diritto – quale dovrebbe essere l’Italia – tutti sono innocenti fino a prova contraria. E di certo non può essere ritenuta colpevole del suo stesso stupro la presunta vittima di una violenza sessuale. Né tantomeno essere ritenuta poco credibile perché si è presa il suo tempo per accettare la verità di quanto le è successo. Arrivare a un punto in cui la società intera abbia interiorizzato questo concetto, sarebbe già un passo avanti sul tema della parità di genere.

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