Prete abusa 13enne ripetutamente, archiviate le violenze dopo i 14 anni

Prete abusa 13enne, Giada, per anni. Il caso torna in Parlamento grazia ad una parlamentare del Movimento 5 Stelle. 

Torna in Parlamento il caso di Giada, ragazza che quando era minorenne fu abusata da un sacerdote molisano per anni. Il prete attualmente è in carcere ma il caso torna in una discussione in Parlamento. A rispolverare il caso è stata una parlamentare grillina, Stefania Ascari che ha chiesto «perchè a 14 anni e un giorno e l’abuso è lecito». Questa vicenda era emersa già l’anno scorso.

La pentastellata aveva chiesto all’ex ministro della Giustizia Bonafede perchè don Marino fosse stato riconosiuto colpevole solo per una parte degli abusi. L’ex parroco del paese è stato condannato a 4 anni e 10 mesi di reclusione (sentenza confermata dalla Cassazione nel 2020). Ma riconosciuto colpevole di aver abusato sessualmente della ragazzina solo per il periodo in cui la ragazza aveva 13 anni e non dopo.

Una storia che va in opposizione con quanto detto dal fondatore del Movimento 5 Stelle. Gli abusi sessuali sulla ragazza erano iniziati nella primavera del 2009 e proseguiti fino al luglio 2012. La ragazza era riuscita a denunciare il sacerdote alla procura della Repubblica e al Vescovo di Termoli solo nel 2013, con uno sforzo emotivo evidentemente comprensibile. Ma per la procura di Larina, a 14 anni il rapporto sarebbe stato consenziente. La parlamentare però sottolinea che la procura non ha mai  approfondito il profilo psicologico del rapporto tra una ragazzina di tredici anni e il sacerdote di 55 anni. Giada era orfana di padre e non è stato mai valutato se la sua condizione psicologica fosse di soggezione e inferiorità.

Prete abusa 13enne ripetutamente, il caso torna in Parlamento

Come racconta la parlamentare Ascari, nel 2018 i legali della vittima hanno chiesto alla Procura della Repubblica di aprire il secondo procedimento. La motivazione è che Giada si «trovava in una condizione di forte soggezione e inferiorità psichica. Come ribadito dalla psicologa giuridica, il consenso fosse stato costruito attraverso il conferimento, ingannevole, di normalità ai comportamenti sessualizzati ingenerando nella vittima una confusione permanente ed una dipendenza affettiva».

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Il prete è stato condannato per abusi sessuali in primo e in secondo grado, ma appunto solo fino al 14esimo anno. Il secondo procedimento – quello riguardante i fatti successivi ai 14 anni – si è concluso con la richiesta di archiviazione. Nel 2016 il Gip ha accolto la richiesta. Il vescovo Gianfranco De Luca a cui la ragazza aveva riportato la denuncia, ha proceduto alla verifica delle accuse, ha allontanato dalla parrocchia il sacerdote e ha istituito il tribunale ecclesiastico diocesano per svolgere il processo canonico. La sentenza è stata quella di   sospensione a divinis fino al pronunciamento definitivo del tribunale italiano, nell’interdizione all’ufficio di parroco e nell’invito a vivere in una casa religiosa.

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L’ex ministro Bonafede, alla chiarezza sulla vicenda aveva risposto. La risposta recita: “non potendosi affatto riconoscere, nella vicenda alcuna patologia processuale o profilo di rilevanza disciplinare non si ritengono sussistenti i presupposti per attivare i poteri ispettivi previsti dall’ordinamento». Una risposta insufficiente e inconcludente che ha portato all’organizzazione di una seduta alla Camera. Il 5 maggio nella sala stampa di Via della Missione alle 14, il tema sarà sottoposto nuovamente ai parlamentari e alla nuova ministra della Giustizia, Marta Cartabia.

 

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