Giletti sulla Rai: “Forme di vassallaggio”, ma non esclude il ritorno

Il giornalista e conduttore di Non è L’Arena fa il punto della situazione in Rai e a La7, riflettendo sul caso Fedez e su un suo possibile ritorno alle origini.

In una recente intervista rilasciata a La Stampa, Massimo Giletti ha parlato a ruota libera di televisione. Cavalcando l’onda del caso Fedez, ormai al centro dell’opinione pubblica per le accuse di tentata censura nei confronti della Tv di Stato in occasione del Concertone del Primo Maggio, il giornalista ha commentato l’attuale situazione della Rai, senza risparmiare frecciatine velenose. 

Massimo Giletti sul caso Fedez

A proposito del caso Fedez, Massimo Giletti ha sottolineato come Urbano Cairo (che ha acquisito ufficialmente La7 nel 2013) non si è mai permesso di “chiedere qualcosa” sui contenuti che sarebbero stati trattati nelle trasmissioni della sua rete. “Sfido a chiedere a qualunque dei miei colleghi se Cairo abbia mai fatto una telefonata a Mentana, a Floris e a tutti gli altri“, ha aggiunto il giornalista. Ma al di là dell’episodio particolare, secondo il conduttore di Non è L’Arena quello che è successo con il rapper va inserito in un discorso molto più ampio.

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Una questione di “debolezza culturale”

Massimo Giletti lo spiega così: “Quanta debolezza culturale nel non capire che basta mezza frase di personaggi così abili e influenti e sei spacciato: fai diventare martire chi, magari, non è stato neppure oggetto di una censura! I martiri veri sono altri! Questa storia racconta la debolezza culturale di una struttura che non capisce che non si possono dire certe cose. Fedez sarà pure bravo a gestire il marketing di se stesso ma è anche un artista che deve parlare di ciò che vuole sul palco. E invece tutti hanno finito per parlare del caso. Morale della storia: non ‘puoi’ censurare Fedez che ha milioni di persone che lo seguono. L’aveva detto Umberto Eco diversi anni fa che saremmo diventati schiavi dei social”.

La libertà in La7

Per quanto riguarda Rai, invece, ultimamente si parla di un possibile “ritorno alle origini” di Massimo Giletti. Anche qui il giornalista specifica: “Io sono a La7 da quattro anni e nella mia decisione sul futuro peserà il mio senso di libertà. Perché io faccio una televisione che è al “limite”. Le battaglie contro Bonafede e le scarcerazioni dei mafiosi. O quella che ho fatto, isolato, contro Arcuri non avrei mai potuto farle altrove”. 

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Il vassallaggio in Rai

Insomma, è chiaro che il conduttore abbia trovato in La7 una libertà che in Rai non aveva. Dei limiti legati, pare, a questioni politiche: “C’è molta ipocrisia”, dice Massimo Giletti, “il Parlamento, come è giusto che sia, detiene il controllo su un’azienda pubblica. Il problema è che ai tempi di Ettore Bernabei, la massima espressione del potere e della politica, c’erano grandi dirigenti che avevano al centro il prodotto e sapevano dire no ad un certo tipo di pressioni. Oggi c’è uno scadimento di qualità e di competenza nella gestione dell’azienda. Una parte dell’azienda lavora alla grande e un’altra parte è prona ai poteri politici. In una forma di vassallaggio che mi fa molta tristezza“.

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