Israele – Hamas, a Gaza bombardata sede di Al Jazeera e Ap. Cosa succede

L’escalation tra Gaza e Israele prosegue, toccando punte di alta tensione. Mentre i missili incalzano e le offensive si incrudeliscono, aumenta il bilancio delle vittime. Stando agli ultimi dati, dopo gli ultimi attacchi sono almeno 139 le persone morte a Gaza. 

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MeteoWeek.com (da Getty Images)

Ci hanno attaccato durante la nostra festa (Jerusalem Day), hanno attaccato la nostra capitale, hanno lanciato missili contro le nostre città; stanno pagando e continueranno a pagare un prezzo molto alto per questo. Non è ancora finita. Faremo di tutto per ripristinare la sicurezza delle nostre città e dei nostri cittadini“. Sono queste le parole con cui Netanyahu allontana la speranza di liberare i cieli di Gaza dalle bombe di Israele. Dall’altro lato, anche Hamas sembra non voler cedere. Nella giornata di ieri il campo di rifugiati Shati (spiaggia in arabo) è stato preso di mira perché vicino all’abitazione di  Ismail Haniyeh, tra i capi di Hamas. I missili vengono sganciati, gli affiliati di Hamas si trovano nei bunker, spiega un inviato del Corriere, mentre i palazzi vengono giù sui civili, mietendo vittime tra i bambini. I portavoce dell’esercito israeliano spiegano di aver voluto colpire “elementi di spicco dell’organizzazione“. Poi accusano Hamas di usare i civili come scudi umani. Dall’altro lato, Hamas risponde lanciando razzi su Tel Aviv, provocando 10 vittime israeliane dall’inizio della guerra (139 sono invece quelle morte a Gaza). Sono 200 i razzi che vengono lanciati dopo la mezzanotte su Tel Aviv. Dall’inizio del conflitto, sono 2.900 i razzi lanciati in tutto da Gaza, diretti verso Israele, ma 450 non avrebbero superato la Striscia di Gaza, mentre 1.150 sono stati intercettati da Israele.

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Il “pesante bombardamento” su Gaza

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MeteoWeek.com

A questi 200 razzi nella notte, Isreale risponde con un imponente bombardamento senza preavviso, direzione Gaza City. Al Jazeera ha fatto sapere che l’attacco, oltre ad aver causato altre tre vittime, ha sfiorato l’edificio che ospita l’Agenzia Onu per i rifugiati palestinesi. “Dio aiuti il popolo di Gaza. Negli ultimi 45 minuti il bombardamento più pesante vicino all’edificio con i nostri uffici dell’Unrwa“, ha invocato il direttore dell’agenzia dell’Onu Matthias Schmale. Secondo quanto riferito da al Jazeera a Gaza City sarebbero stati colpiti anche una strada del centro e due edifici residenziali. Poi, decine di attacchi consecutivi sulle strade principali, che impediscono anche i soccorsi delle ambulanze e mettono a repentaglio l’accesso all’elettricità in varie zone. “Ieri abbiamo preso di mira un’importante base operativa per le informazioni militari di Hamas nella Torre di Al Jala a Gaza”, fa sapere l’esercito israeliano. “L’importante base operativa” era la torre dei media di Gaza, anche sede delle redazioni locali dell’agenzia Associated Press e di Al Jazeera.

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La sede di Al Jazeera e Associated Press viene giù

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MeteoWeek.com (da AP news)

Così, dove c’era lo sguardo del giornalismo a documentare raid e bombe, ora ci sono macerie. Dalla Torre Al Jalaa i giornalisti di ogni parte del mondo da tempo puntavano le loro telecamere sui bombardamenti, Al Jazeera e Associated Press consentivano dirette via satellite per documentare ogni attimo di un conflitto che sembra non finire mai. Ma ormai anche quest’ultimo occhio appartiene al passato: i missili dell’aviazione hanno colpito il palazzo alle fondamenta, dopo aver avvertito di far evacuare l’edificio. Tempo a disposizione: meno di un’ora. “Siamo scioccati e inorriditi. Adesso il mondo potrà sapere molto meno di quello che sta succedendo a Gaza”. L’indignazione arriva fino agli Usa, che ricordano al governo israeliano che “la sicurezza dei reporter è fondamentale“.

Dall’altro lato, Israele ribadisce: dalla Torre sono state raccolte “informazioni per gli attacchi contro Israele, sono state prodotte armi e si è cercato di ostacolare le operazioni dell’esercito. Insomma, la Torre – secondo l’esercito israeliano – conteneva cellule di Hamas, o quanto meno suoi affiliati. “Abbiamo avvertito i civili nell’edificio del nostro attacco preoccupati per la loro sicurezza e abbiamo dato loro abbastanza tempo per evacuare l’edificio in sicurezza. Hamas e la Jihad islamica hanno utilizzato questo tempo per portare le loro cose fuori dall’edificio. Eravamo disposti a pagare quel prezzo per non danneggiare alcun civile“. Poi ancora: “Hamas sceglie di nascondersi tra i civili mentre effettua attacchi contro Israele. Questa scelta non garantisce ai terroristi di Hamas l’immunità dagli attacchi dell’esercito israeliano. Continueremo a operare per difendere il popolo di Israele“, conclude il tweet.

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La telefonata

Il presidente Joe Biden che ha sentito al telefono il premier Netanyahu, ma avrebbe parlato anche con il presidente dell’Autorità nazionale palestinese Abu Mazen. Biden ha ribadito al primo ministro di Israele di essere preoccupato per le vittime civili israeliane e palestinesi, e di esser preoccupato per la sicurezza dei giornalisti. Netanyahu, d’altro canto, avrebbe risposto: “Israele fa tutto il possibile per evitare di colpire persone non coinvolte. La prova è che le torri, al cui interno c’erano obiettivi terroristici, attaccate dall’esercito, sono state sgomberate dalle persone non coinvolte“. Poi Netanyahu avrebbe ringraziato Biden per il sostegno “incondizionato al diritto dello Stato ebraico di difendersi“. Durante il colloquio con il presidente palestinese, invece, Abu Mazen avrebbe aggiornato il presidente Biden degli ultimi sviluppi a Gaza, chiedendo a Biden di “mettere fine agli attacchi israeliani“. Biden – stando a quanto riportato dalla Wafa – avrebbe assicurato: gli Usa stanno “già facendo sforzi con le parti interessate per raggiungere quello scopo“. Poi una critica a ogni misura unilaterale di insediamento. Insomma, la guerra si allarga, i vari fronti dialogano, e in diverse città d’Europa si organizzano manifestazioni a sostegno di Israele o palestinesi. Intanto, le bombe cadono, mentre i vertici assicurano di fare il possibile per non mietere vittime.

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