Malagiustizia: innocente in carcere un mese. Accusato di rapina

L’uomo aveva un alibi. Chiesta azione disciplinare contro i magistrati, ma la Corte d’Appello gli ha concesso semplicemente il risarcimento per ingiusta detenzione.

Trentadue giorni in galera da innocente. E’ successo a un trentenne arrestato a maggio 2018 con l’accusa di aver partecipato con altre 6 persone alla rapina aggravata con lesioni a una ragazza la notte di Capodanno fuori da un locale a Milano. L’uomo si era difeso affermando di non conoscere i presunti complici, di essere completamente estraneo ai fatti e di poterlo dimostrare in quanto era rimasto a casa a Gerenzano tutta la sera di San Silvestro e fino al primo pomeriggio dell’1 gennaio.

Nella valutazione del gip dell’arresto aveva avuto invece un peso il riconoscimento operato dalla ragazza aggredita, la quale in un album fotografico preparato dai carabinieri aveva ritenuto di riconoscere con certezza il ragazzo per un neo, che lo distingueva da un fratello gemello. Una situazione risoltasi solo dopo un mese con la revoca della detenzione cautelare e a  settembre 2019 con la richiesta di archiviazione formulata dalla Procura e accolta dal gip. L’alibi del ragazzo non aveva trovato alcuna concreta smentita.

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L’arresto aveva fatto perdere all’indagato un lavoro appena trovato in una cooperativa: nonostante il riconoscimento fotografico, ad avviso della Corte operato in assoluta buona fede dalla ragazza parte offesa, “le successive indagini hanno fornito un compendio probatorio contraddittorio, escludendo peraltro nell’indagato un comportamento gravemente colposo tale da lasciare supporre che fosse stato coinvolto a pieno titolo nel reato ipotizzato“. Dei sette arrestati per la medesima rapina, uno è stato archiviato, uno è stato condannato sinora in primo e secondo grado a 5 anni e 8 mesi, due hanno patteggiato due anni, tre sono stati assolti per rapina ma condannati a un anno e 8 mesi per lesioni: un bilancio che spinge il pg Tarfusser ad additarne “il carattere farraginoso e iniquo”.

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Per il rappresentante della Procura Generale di Milano, che addirittura ha sollecitato i giudici non solo a risarcire l’ingiusta detenzione patita dall’arrestato ma anche a trasmettere gli atti alla Procura Generale della Cassazione affinché fosse esercitata azione disciplinare contro i magistrati che lo avevano arrestato, era un caso “drammaticamente paradigmatico di come non si fanno le indagini, di come non si fa il pubblico ministero, e soprattutto di come non si fa il giudice delle indagini preliminari“. Ma alla fine per l’organo competente a giudicare queste istanze di risarcimento per “ingiusta detenzione“, la V Corte d’Appello, si è trattato invece di una ingiusta detenzione non dissimile dagli errori che questa procedura di legge ha appunto il compito di parzialmente ristorare, in questo caso con 10.000 euro per un mese di detenzione.

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