Cassazione: «No all’assegno se figlia non vuole studiare o lavorare»

I Supremi Giudici hanno revocato i finanziamenti per la figlia 26enne a causa del suo scarso impegno nello studio e nel lavoro.

La Cassazione si è espressa a favore di un padre che aveva deciso di sospendere i contribuiti data l’età della figlia. Motivo? «l’indiscutibile scarsa propensione agli studi, nonché il poco volenteroso impegno nel proseguire l’attività commerciale» di famiglia.

No all’assegno

La figlia ha 26 anni, non studia, non lavora e sembrerebbe non volersi occupare dell’attività di famiglia. È per questo motivo che i Supremi giudici hanno deciso di accogliere la posizione assunta dal padre che ha deciso di toglierle l’assegno di mantenimento. Assegno che, per la Cassazione, ha un «valore educativo» e nel momento in cui la ragazza in questione dimostra di non impegnarsi per raggiungere una indipendenza economica, può non essere dato.

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La decisione presa dal padre della 26enne ha generato polemiche da parte della madre. Quest’ultima avrebbe sottolineato come il Tribunale non avesse fatto tutte le verifiche del caso sui tentativi della figlia di trovare lavoro. I giudici della Cassazione, però, hanno confermato la sentenza della Corte d’Appello di Messina e hanno revocato l’obbligo di dare l’assegno di divorzio alla ex moglie e dei finanziamenti alla figlia.

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