G8 di Genova, uno spartiacque nella storia: cosa resta vent’anni dopo

In questi giorni, vent’anni fa, ebbe luogo un evento storico cruciale per la storia italiana e occidentale, il G8 di Genova. La città tra il 19 e il 22 luglio 2001 ospitò incontri di leader, manifestazioni no global e scontri con la polizia. Quei giorni, con la morte di Carlo Giuliani e le violenze in strada, segnarono uno spartiacque nella storia, che ancora oggi – a distanza di 20 anni – è necessario ricordare. Cosa è cambiato da allora?

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MeteoWeek.com (Photo by Sean Gallup/Getty Images)

Vent’anni fa Genova conobbe quello che il funzionario di polizia Michelangelo Fournier al processo definì una “macelleria messicana“, “una tonnara“. Vent’anni fa, tra il 19 e il 22 luglio 2021, Genova non ospitò solamente incontri tra i leader delle principali potenze economiche mondiali, ma anche le grandi manifestazioni dei movimenti no global, i blac bloc, gli scontri con la polizia, gli abusi da parte delle forze dell’ordine nella terribile notte tra il 21 e il 22 luglio, quando nella scuola Diaz (quartier generale del Genoa Social Forum) fecero irruzione centinaia di agenti che sembrarono voler accantonare ogni forma di stato di diritto. Mentre nel Palazzo Ducale i capi di stato si riunivano con l’intento di “sconfiggere la povertà”, fuori si consumava una tragedia: Amnesty International sostenne che quella che ebbe luogo a Genova fu la “più grave sospensione dei diritti democratici in un Paese occidentale dopo la Seconda guerra mondiale”. Insomma, il G8 di Genova rappresentò uno spartiacque per vari motivi storici, politici, umani e civili. Ma cosa produsse a livello sociale e culturale? Cosa è cambiato da allora?

Vent’anni fa

Dai primi esordi del movimento no global ad oggi molto è cambiato in Italia e in Occidente, ma qualcosa di quelle richieste è rimasto ancora attuale. Era il 1999 quando la stampa internazionale si accorse di un movimento composto da organizzazioni e associazioni pronte a battersi contro le politiche definite liberiste. Genova era solo un tassello di un quadro ben più grande. Nei giorni tra fine novembre e inizio dicembre 1999 a Seattle si tenne si tenne la conferenza dell’Organizzazione mondiale del commercio (WTO): in città per protestare arrivarono 50.000 manifestanti. In quei giorni emersero i primi appellativi di “no global”, insieme a richieste scandite chiaramente: la cancellazione del debito per i paesi del Sud del mondo, la lotta alla globalizzazione dei mercati (causa di disuguaglianze), la difesa dei diritti dei lavoratori, l’introduzione della tassa sugli scambi di valuta, la tutela dell’ambiente, l’abolizione dei paradisi fiscali, la parità di genere in ambito salariale.

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Vent’anni dopo

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Commemorazione del G8 di Genova, 20 luglio 2021 – MeteoWeek.com (Photo by Stefano Guidi/Getty Images)

Circa due settimane fa, i rappresentanti di 130 Paesi hanno raggiunto un accordo per imporre una tassa minima globale sui guadagni delle grandi multinazionali e per ridurre operazioni di elusione fiscale. A capitanare l’accordo, il rappresentante di un Paese impensabile ai tempi del 2001: il presidente degli Stati Uniti. A partecipare all’intesa già inquadrata dai ministri delle finanze del G7, tutti i paesi membri del G20. L’idea alla base dell’accordo al momento è chiara: le multinazionali dovrebbero pagare un’imposta di almeno il 15 per cento in ciascuno dei paesi in cui operano. Alla base del cambio di passo, anche la presa di coscienza generalizzata di molte criticità della finanza speculativa, che ha mostrato tutte le sue debolezze nella imponente crisi del 2008. Criticità già evidenziate dai primi movimenti no global. Oggi Carlo Cottarelli, che ai tempi del G8 si trovava al Fondo monetario internazionale, dice all’HuffPost: “Con la crisi del 2008, le istituzioni che governano l’economia mondiale hanno iniziato a riflettere sul fatto che la globalizzazione poteva avere non solo effetti positivi, ma anche negativi. Abbiamo assistito a un vero e proprio ripensamento della globalizzazione stessa”.

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Per non parlare delle richieste in politica estera, della lotta all’imperialismo militare americano e della guerra in Afghanistan e in Iraq: qualche giorno fa i soldati statunitensi hanno lasciato l’Afghanistan, con i Taliban ancora in posizione forte e con un bilancio storico e politico ancora da ponderare. Insomma, molto è cambiato dai tempi del G8 di Genova del 2001 e dai tempi delle proteste no global, ma in quei cambiamenti è possibile rintracciare, forse, qualcosa che ora va nella direzione delle richieste di vent’anni fa. Tanto che oggi perfino Carlo Cottarelli, sotto diversi aspetti critico nei confronti dei no global, si spinge ad affermare: “Quei movimenti guardavano in avanti e chi allora guidava l’economia e la finanza internazionale si rendeva solo in parte conto dell’entità dei fenomeni che stavano accadendo”.

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