Attentato a Kabul: le bombe dell’Isis che erano state annunciate da giorni

Almeno sessanta morti e centinaia di feriti nel sanguinoso attentato a Kabul. Che però, assurdamente, era stato annunciato con una precisione inquietante da giorni. 

Civili afghani e militari americani all’aereoporto di Kabul

Un bagno di sangue, in una città già allo stremo. L’attentato, anzi forse gli attentati in sequenza che hanno colpito l’area dell’aeroporto di Kabul sono una drammatica, abnorme e mostruosa goccia che fa traboccare un vaso già colmo di terrore e disperazione. Oltre settanta morti, tra cui bambini e militari statunitensi è al momento il computo della strage. Tanti civili, che stavano scappando dalla minaccia di una vita soffocata dalla barbarie medioevale dei talebani e che sono morti, ammazzati da una barbarie molto simile, quella dello Stato Islamico. Perchè sembra che dietro l’attentato ci sia proprio la mano dell’Isis nella sua declinazione asiatica:  lo Stato islamico della provincia di Khorasan affiliato all’Isis in Afghanistan, noto come “Isis-K”.

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Ma la cosa più incredibile è che tutto quello che è avvenuto oggi a Kabul era stato annunciato nei minimi particolari nei giorni scorsi. Almeno tre alert, ma forse anche di più, da parte della Cia e di altre agenzie di intelligence di diversi paesi raccontavano tutte la stessa cosa: l’ISKP, l’Isis-K stava progettando un grande attentato con l’intenzione di colpire i civili afghani ammassati all’ingresso dell’aeroporto di Kabul ed insieme a loro i militari della Nato che al momento garantiscono la sicurezza in quell’area della capitale afghana. Gli alert parlavano di quattro autobombe, che avrebbero dovuto esplodere in successione: prima una, poi dopo le altre tre, per massimizzare gli effetti del massacro colpendo anche i soccorritori. Questo è l’unico particolare che non coincide: la prima deflagrazione e forse anche la seconda, sarebbero state provocate da uno o due kamikaze suicidi che si sarebbero fatti esplodere. 

Il canale nei pressi dell’aeroporto di Kabul dove si sarebbe fatto esplodere uno degli attentatori

Ma tutto il resto coincide, in maniera inquietante e drammatica: il gruppo terrorista (l’Isis), il luogo (l’aereoporto, all’altezza dell’Abbey Gate), gli obiettivi (i civili afghani in fuga ed i militari della Nato), la data (il 26 agosto). Particolari precisi ed agghiaccianti, che però inevitabilmente innescano dubbi e domande. Erano giorni che le ambasciate di Stati Uniti, Gran Bretagna, Australia e Nuova Zelanda invitavano i propri cittadini ancora presenti in Afghanistan a non recarsi all’aeroporto per la quasi certezza di un attentato: tutti lo sapevano, pare. Ma nessuno è riuscito ad impedirlo. Non è semplice prevenire e sventare attentati, chiaro: ma in questo caso gli elementi a disposizione appaiono davvero troppi. E anche le reazioni che mano a mano sono uscite e stanno uscendo fanno riflettere.

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I talebani hanno condannato l’attentato, per poi attaccare gli americani: “La sicurezza nell’area dell’aeroporto dovevano garantirla gli Usa”, hanno dichiarato in una nota. Come a voler scaricare sugli ex occupanti a stelle e strisce la responsabilità della strage. Ma i talebani conoscono bene i terroristi dell’ “Isis-K”, che per anni hanno conteso ai nuovi padroni dell’Afghanistan la “gestione” degli attentati terroristici contro il governo di Kabul e gli alleati occidentali.  Eppure non sono riusciti a fermarli: potrebbe essere il segnale di una mancanza totale di controllo rispetto a quello che avviene sul territorio: sia da parte degli Usa e dei suoi alleati, sia da parte degli stessi talebani. E dunque la domanda è: quale può essere l’obiettivo strategico di un attentato così brutale, in un momento così complesso? La destabilizzazione? Convincere l’occidente che non è possibile lasciare l’Afghanistan in mano a due gruppi jihadisti in lotta tra loro? Oppure, paradossalmente, accelerare l’exit strategy americana spingendo sulla reazione politica del “fronte interno” (opinione pubblica stufa di morti in Afghanistan ed opposizione, Trump in testa)?  Un attentato annunciato nei minimi particolari che nessuno ha fermato, nel contesto di un passaggio di potere quasi surreale: i talebani vincitori di una guerra praticamente quasi non combattuta, gli americani che smobilitano consegnando il paese a coloro i quali hanno fatto di tutto per strapparlo nel corso di venti anni. Ed infine l’Europa, in grado solo di accodarsi alle decisioni degli Stati Uniti senza quasi aprire bocca. C’è qualcosa di profondamente sbagliato ed evidentemente privo di senso in tutta questa vicenda, ed ogni giorno che passa ce ne accorgiamo tutti sempre di più. Ma non riusciamo a far altro che a dispiacercene.

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