Scontro sul reddito di cittadinanza: Lega e FdI puntano all’eliminazione

Il reddito di cittadinanza torna al centro della polemica, i partiti si schierano, i botta e risposta si alimentano: da un lato Giorgia Meloni (fiancheggiata dalla Lega di Matteo Salvini) sostiene che il reddito di cittadinanza sia “metadone di Stato”, dall’altro Pd e M5s si dicono – a vari gradi di fermezza – pronti a difendere il principio della misura, senza escludere possibili modifiche migliorative. Che orientamento sta assumendo la politica italiana sul reddito di cittadinanza?

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MeteoWeek.com (Photo by Vittorio Zunino Celotto/Getty Images)

Dopo due giorni in cui le principali imprese e realtà finanziarie si sono interrogate su come investire gli oltre 200 miliardi del Pnrr, il tema torna infuocato nell’ultima giornata del forum Ambrosetti a Cernobbio: il reddito di cittadinanza è una misura necessaria o una misura nociva? Va blindato, va mantenuto ma modificato, o va direttamente eliminato? Sono queste le domande sulle quali si sono confrontati – in una serie di botta e risposta incrociati – i leader dei principali partiti politici. Un confronto incendiato dalle parole durissime di Giorgia Meloni: il reddito di cittadinanza è “metadone di Stato“, ha detto la leader di FdI, sottolineando che “non è mantenendo le persone nella condizione di difficoltà che si migliora la loro condizione ma creando attorno a loro le condizioni per uscirne”. Ma in che senso il reddito di cittadinanza è metadone di Stato? “E’ esattamente lo stesso principio del mantenimento a metadone di un tossicodipendente,  ti mantengo nella tua condizione, non voglio migliorarla, voglio mantenerla“, spiega Giorgia Meloni nel corso del suo intervento, destando diverse reazioni.

FdI, Lega e Iv per l’abolizione del reddito di cittadinanza

Concorda sull’esigenza di eliminare alla radice il reddito di cittadinanza anche il leader della Lega Matteo Salvini, che su questo punto fa fronte comune con Meloni, rilanciando la sua idea di emendamento in legge di bilancio: la misura non va nella direzione giusta perché “disincentiva alla fatica” – ripete Salvini – e richiede “dodici miliardi di euro spesi male, che non producono ricchezza ma assistenzialismo“. Per questo, il leader della Lega ribadisce: “Avrò l’onore di proporre un emendamento in legge di bilancio per destinare alle imprese questi soldi“. Una posizione palesemente ritrattata da Salvini, che durante il governo Lega-M5s aveva votato il reddito di cittadinanza e che ora si lascia andare a un mea culpa: “Lo abbiamo votato ma riconoscere un errore è segno di saggezza. Faremo una proposta per abolirlo e ripristinare dodici miliardi per le imprese, sviluppo e lavoro“. In linea con la posizione più estrema dovrebbe esserci anche Italia viva: Matteo Renzi da tempo annuncia la realizzazione di un referendum per eliminare il reddito di cittadinanza, ma in questo clima infuocato degli ultimi giorni il partito resta in silenzio. Resterà da capire quando e come sarà realizzabile la proposta lanciata da Italia viva, e che effetti produrrà nello scacchiere politico.

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Per Forza Italia va “totalmente ripensato”

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Molto critica, infine, anche Forza Italia, che parla della necessità di un totale ripensamento della misura. A ribadirlo in una nota è la presidente dei senatori Anna Maria Bernini, che scrive: “Mentre il Paese è ancora alle prese con le ricadute dell’emergenza Covid lo Stato non può certo ignorare le povertà vecchie e nuove, ma bisogna prendere atto che il Reddito di Cittadinanza non è riuscito ad intercettare la maggioranza dei veri indigenti, tagliando fuori troppe famiglie in povertà assoluta e penalizzando i poveri del Nord, dove il costo della vita è di molto superiore”. Inoltre, “se la parte assistenziale ha rivelato troppi buchi neri, quella relativa all’inserimento lavorativo ha totalmente mancato gli obiettivi prefissati, con una percentuale di inclusione assolutamente irrisoria e la proliferazione del lavoro nero. Siamo dunque di fronte a uno strumento che va totalmente ripensato: non ha senso rivendicare ideologicamente la falsa bontà di un fallimento”.

Pd e M5s a favore, ma aperti alle modifiche

Sul reddito di cittadinanza si è però venuto a creare un clima di netta polarizzazione all’italiana: parole forti nelle frasi principali delle dichiarazioni, apertura al compromesso nelle parentesi. Così i partiti nettamente a favore e quelli nettamente contrari potrebbero incontrarsi nel campo della modifica della misura. In questo scenario si inseriscono soprattutto Pd e M5s. Lo stesso leader del Movimento che ha fatto del reddito di cittadinanza la sua bandiera commenta le parole di Meloni: quella di “metadone di Stato” è “un’espressione volgare”, il reddito di cittadinanza “è una misura di necessità, non solo di civiltà; non possiamo tornare indietro. Discutiamo pure di modifiche che valgano a migliorarne ancor di più l’efficacia”, afferma Conte, ribadendo la blindatura della misura e – allo stesso tempo – l’apertura alla modifica.

La linea è la stessa del Pd, che attraverso le parole del suo segretario Enrico Letta ribadisce: “La nostra posizione è quella del presidente Draghi, riferendosi alla frase in cui il premier affermava di condividerne il concetto di base. Letta si dice allo stesso tempo favorevole a modifiche migliorative: “Si parta dalle cose che non hanno funzionato e si mantenga però un intervento a favore della povertà che esiste nel nostro Paese“. Lo scopo sarebbe sottrarre il provvedimento a malfunzionamenti e polemiche che – sottolinea Letta – spesso partono da un fraintendimento pretestuoso: “Il reddito di cittadinanza è stato spesso pensato come un intervento a favore dell’occupazione, ma è un intervento di contrasto alla povertà. Sul tema dell’occupazione bisogna riformare l’apprendistato e detassare le nuove assunzioni, questi sono gli strumenti che servono“.

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Lo scontro ideologico

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Ciò che resta, al di là delle dichiarazioni forti e delle aperture al dialogo, è però una profonda distanza ideologica tra la destra e alcuni esponenti della sinistra. E anche questa sembra emergere dai botta e risposta di questi giorni. A Meloni, infatti, avrebbe risposto il ministro del Lavoro Andrea Orlando, spostando l’attenzione sulle presunte posizioni politiche nascoste dietro gli attacchi alla misura: “Chi usa queste metafore probabilmente non si rende conto di che cosa sia la povertà. (…) Non vorrei che si riaprisse nel nostro Paese, in vista delle elezioni, una campagna contro i poveri“. Perché è questo il punto discriminante: Pd e M5s ritengono il reddito una misura di contrasto alla povertà che, di certo, va integrata a politiche attive del lavoro, ma che non va eliminata aprioristicamente. La destra sostiene che il reddito sia – paradossalmente – un incentivo alla povertà in quanto incentivo alla disoccupazione.

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Lo dice chiaro e tondo Giorgia Meloni rispondendo alle parole di Orlando: creare lavoro “è un modo di liberare la gente dalla povertà non mantenerla con la paghetta di Stato come vogliono fare i 5 stelle chiaramente per un fatto di consenso, che è una responsabilità grave che la politica si pone. Proprio perché so cos’è la povertà la voglio combattere davvero e non la voglio mantenere tale quale”. Parole che non dissipano le accuse da sinistra, che continuano a rintracciare dietro le parole della leader di Fratelli d’Italia una linea di pensiero precisa: dietro la povertà c’è, per la destra, un vizio morale. Anche questo viene detto chiaro e tondo, questa volta dal segretario nazionale di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni: “Giorgia Meloni dice che il reddito di cittadinanza è metadone di Stato. Una frase del genere, oltre che essere offensiva, è rivelatrice di quello che la destra ha sempre pensato. E cioè che la povertà e la disoccupazione siano colpe da espiare. Sei povero? È colpa tua. Sei disoccupato? È colpa tua“. Al netto di questa fase preparatoria dello scontro, allora, non resta che chiedersi: chi la spunterà sulla questione reddito di cittadinanza? La netta polarizzazione delle dichiarazioni più tranchant o l’apertura al compromesso che si intravede tra gli incisi di alcuni partiti?

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