Afghanistan, i talebani attaccano ancora il diritto delle donne all’istruzione

In Afghanistan il nuovo governo talebano ha annunciato che le donne potranno frequentare le scuole primarie e le università. Per quanto riguarda le scuole secondarie, il governo ha emesso un’ordinanza che prevede il ritorno in classe per gli studenti maschi, senza nominare le donne. Da qui l’appello di Save the Children: “Se alle ragazze non sarà permesso di tornare a scuola, questa sarà una scioccante violazione dei loro diritti“. 

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MeteoWeek.com (Photo by Paula Bronstein/Getty Images)

Cosa accade in Afghanistan quando i riflettori si spengono lentamente? Accade che le promesse di inclusività all’interno del governo vengono platealmente tradite da una composizione governativa formata esclusivamente da uomini, appartenenti per lo più all’etnia pashtun. Accade che le vecchie promesse sul fatto che per le donne non sarebbe cambiato nulla, se avessero rispettato la sharia, sono ora smentite da progressive aggressioni ai loro diritti. I talebani sono partiti da singole città, all’indomani dell’insediamento a Kabul. Poi alle donne è stato impedito di accedere ai loro luoghi di lavoro, attraverso presidi in cui veniva spiegato loro: “E’ per la vostra sicurezza, attendiamo nuovi ordini dal nuovo governo”. Poi il nuovo governo si è insediato, e il messaggio è stato chiaro fin dalla composizione del nuovo regime.

A dissipare ogni dubbio, il portavoce Sayed Zekrullah Hashim, che a Tolo News ha spiegato il 10 settembre: “Una donna non può fare il ministroÈ come se le mettessi sul collo un peso che non può sostenere. Non è necessario che le donne siano nel governo, loro devono fare figli. Le donne che protestano non rappresentano tutte le donne afghane”. Il 19 settembre a Kabul il nuovo sindaco ha chiesto alle dipendenti dell’amministrazione cittadina di rimanere a casa se il loro lavoro può esser ricoperto da un uomo. Molavi Hamdullah Nomani ha spiegato che i talebani “hanno ritenuto necessario impedire alle donne di lavorare per un po’“.

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Il progressivo attacco ai diritti delle donne

E a quanto pare secondo i talebani non è neanche il caso che le donne facciano sport. Questa volta la giustificazione è diversa, ma il risultato lo stesso: “Non credo che alle donne sarà permesso di giocare a cricket perché non è necessario che le donne giochino a cricket. Nel cricket potrebbero affrontare una situazione in cui il loro viso e il loro corpo non saranno coperti. L’Islam non permette che le donne siano viste così”, ha affermato il vice capo della commissione culturale dei talebani, Ahmadullah Wasiq. Ma tutto questo rappresenta un corollario di una visione che arriva a esiti ben più pericolosi: la negazione del diritto allo studio. Il 18 settembre hanno riaperto le scuole primarie e le università (seppur con classi separate). Ma per quanto riguarda le secondarie (e cioè per le scuole dai 12 anni in su)? I talebani hanno stabilito un divieto solo implicito, che però sta già sortendo i suoi effetti: il governo ha emesso un’ordinanza che prevede il ritorno a scuola per studenti e docenti maschi, senza dire nulla a proposito delle donne.

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L’appello di Save the Children

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(photo by Paula Bronstein /Getty Images)

Una decisione che suscita l’appello di Save the Children, l’Organizzazione internazionale che da quasi un secolo si prodiga per salvare i bambini a rischio nei Paesi più svantaggiati: “Se alle ragazze non sarà permesso di tornare a scuola, questa sarà una scioccante violazione dei loro diritti. Tutti i bambini hanno uguale diritto all’istruzione indipendentemente dal loro genere, etnia, religione o estrazione economica”. Negare un diritto del genere diventa tanto più pesante quanto più ci si trova su un territorio come l’Afghanistan, dove l’accesso all’istruzione può diventare l’unica via di fuga: “Oggi ogni bambino in Afghanistan è cresciuto conoscendo solo la guerra, che ha già interrotto l’istruzione di milioni di persone. Molti minori afghani, inoltre, soffrono di traumi e questo è aggravato dall’impatto della siccità, dello sfollamento di massa e di una crescente crisi economica. L’istruzione non riguarda solo la loro crescita e sviluppo, è un’ancora di salvezza, soprattutto per le ragazze. Togliere loro quell’ancora di salvezza adesso sarebbe devastante”. Per questo “Save the Children si impegna a garantire a tutti i bambini l’accesso a un’istruzione di qualità e continuerà a sostenerlo a tutte le parti interessate in Afghanistan“, ribadisce Olivier Franchi, direttore operativo del programma regionale di Save the Children in Asia.

L’educazione delle donne in Afghanistan

Ad aggravare la situazione, il sospetto che la situazione possa peggiorare ulteriormente. Al momento alle studentesse afghane sarà concessa l’educazione primaria e universitaria, anche se in classi separate. Ma a preoccupare è la negazione dell’accesso alle scuole secondarie, indispensabili per poter poi giungere all’università. E nonostante i talebani abbiano ribadito più volte di “esser cambiati”, il divieto di andare a scuola dopo i 12 anni fu applicato proprio dal regime talebano tra il 1996 e il 2001. Così, il diritto allo studio universitario già sottoposto a limitazioni (classi separate, docenti donne e capo coperto), viene sempre più minato alla radice da un vuoto didattico che va dai 12 ai 17 anni. Il sospetto è che il governo talebano voglia far laureare l’ultima generazione di donne che hanno avuto accesso all’istruzione universitaria, per poi negare in toto anche questo tipo di istruzione.

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Al momento, comunque, il governo dei talebani prende tempo e riferisce: non hanno intenzione di negare l’accesso all’istruzione secondaria, ma stanno lavorando a un sistema di trasporti più sicuro per permettere alle ragazze di recarsi a scuola “in sicurezza”. Ovviamente, vista la direzione degli altri provvedimenti nei confronti dei diritti delle donne, lo scetticismo è d’obbligo, ed emerge anche dalla reazione delle donne afghane, che in città hanno organizzato diverse proteste per difendere il loro diritto allo studio. Mentre il governo talebano è a lavoro per “trovare un sistema di trasporti più sicuro per le donne”, le attiviste afghane di Movement for Change dicono di essere al lavoro per l’organizzazione di ampie proteste contro le decisioni del governo. Anche da questo confronto dipenderà un eventuale ritorno al 1996.

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