Giorgia Meloni, secondo il Financial Times è l’astro nascente del centrodestra

Finita al centro di polemiche per l’inchiesta di Fanpage, Giorgia Meloni sembra essere la forza trainante del centrodestra. 

Giorgia Meloni. Un nome e un volto che sanno di politica, piaccia o no. Nata a Roma il 15 gennaio 1977, è stata Ministra per la gioventù nel quarto governo Berlusconi, la più giovane della storia dell’Italia repubblicana e presidente della Giovane Italia. Con Ignazio La Russa e Guido Crosetto ha fondato il partito Fratelli d’Italia, di cui è leader dall’8 marzo 2014. I suoi passi in politica li muove fin da giovane, a soli 15 anni, aderendo al Fronte della Gioventù. La presidenza a Fratelli d’Italia arriva a marzo 2014 e da allora ha iniziato a tessere i fili, complice anche la vicinanza al partito di Matteo Salvini, la Lega, che nel frattempo ha preso potere. Il Financial Times, nel maggio 2021, la descriveva  come “l’astro nascente dell’estrema destra italiana“, paragonandola a Marine Le Pen. E, forse, non aveva tutti i torti.

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Già, perché chi sembra essere la forza trainante del centrodestra è proprio Giorgia Meloni. Fratelli d’Italia è ormai una delle poche voci credibili e che, comunque, mantiene la capacità di tirare qualche voto. Fratelli d’Italia si può considerare il partito leader della coalizione di centrodestra dal momento che il partito ha ricevuto molti più voti di Lega e Forza Italia riuscendo a portare avanti Enrico Michetti, arrivato ballottaggio contro il candidato del centrosinistra Roberto Gualtieri. Il candidato del centrodestra Enrico Michetti ha totalizzato il 30,15 per cento di consensi al primo turno ed era sostenuto da sei liste collegate: la lista Giorgia Meloni Fratelli d’Italia ha contribuito ad attirare il 17,43 per cento dei voti totali, distaccandosi nettamente dalle altre liste. In confronto, la Lega di Matteo Salvini sparisce.

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La Meloni e le Quote rosa 

Su di lei, luci ed ombre – l’ultima, l’inchiesta su Fanpage – e nessun appello alle quote rosa. Giorgia Meloni – e così dovrebbe essere – non ha mai puntato sull’essere donna come punto di forza. Cosa che avrebbero fatto molte sue avversarie che, se fossero state le uniche a guidare un partito, non avrebbero perso tempo per rifarsi all’ormai sterile polemica femminista. “Sento molto parlare della svolta femminista di Letta perché avrebbe proposto due donne come capogruppo. Io, certo femminismo della sinistra proprio non lo capisco. Ma cos’è la parità se non competere ad armi pari per poter eventualmente dimostrare di essere più capaci e meritevoli dei colleghi maschi? Davvero qualcuno pensa che sia parità farsi imporre da un uomo perché donne, e non imporsi sui maschi perché più capaci? Care colleghe del Pd, fate come noi a destra. Misuratevi in campo aperto e dimostrate le vostre capacità. Chiedete che i gruppi votino il nuovo capogruppo e candidatevi, accettando di arrivare solo se i vostri colleghi, liberamente e non per imposizione del segretario del partito, vi votano”, spiegava la Meloni quando Enrico Letta optava per due donne capigruppo, alla Camera e al Senato.

Insomma, Giorgia Meloni non ha mai sfruttato il suo essere donna per racimolare qualche voto, né si è mai appellata a qualche distinzione di genere. Eppure, potrebbe ben puntare sul fatto di essere al momento l’unica donna alla guida di un partito, a tenere testa ai suoi avversari, a cavarsela, in qualche modo, in un branco di uomini. E se fosse lei, dunque, la più femminista di tutte? Se fosse questo il vero femminismo? Dimostrare d’essere facendo e non appellandosi a sterili slogan non supportati da una buona pratica.

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