In USA c’è chi propone di affiancare alla riserva d’oro una in Bitcoin, ma è rischioso

Continuiamo il nostro ciclo di approfondimenti sul fenomeno delle criptovalute. Meteoweek vi propone un viaggio in questo strano e complesso mondo, che questa volta ci porta ad una proposta quantomeno singolare.

All’inizio vi farà, forse sorridere, ma proseguendo il ragionamento vi darà modo di capire quanto l’approccio nei confronti delle criptovalute si sia trasformato nel tempo. Un candidato al Senato degli Stati Uniti, Blake Masters questa estate ha fatto una proposta clamorosa e singolare. La proposta è la seguente: “Istituiamo una Fort Knox per le criptovalute”. Dietro questa proposta così bizzarra c’è un ragionamento che è utile approfondire. Il ragionamento di questo candidato senatore degli Stati Uniti partiva dal clamoroso ban nei confronti delle criptovalute operato dalla Cina.

Un vantaggio sulla Cina

Il candidato riteneva sostanzialmente questo ban un errore da parte delle autorità di Pechino. Lui è un sostenitore delle criptovalute e così si è chiesto: “Perché Pechino si è privata di un valore importante come quello del Bitcoin?” In realtà la risposta alla sua domanda è piuttosto chiara. Pechino detesta le criptovalute perché ha la smania del controllo e le criptovalute garantiscono un anonimato che alla Cina non piace. Inoltre c’è anche un secondo motivo che poi è anche più importante. Con le criptovalute sarebbe troppo facile portare danaro fuori dal paese e questa è un’altra cosa che Pechino detesta.

Inoltre c’è poi la valutazione genuina fatta delle autorità cinesi che le criptovalute siano sostanzialmente null’altro che una bolla e loro non le vogliono perché temono l’instabilità intrinseca di uno strumento così pericoloso. Dunque per Pechino tante ottime ragioni per dire di no alle criptovalute. Ma tutte queste ragioni appaiono follie senza senso a chi invece ama le criptovalute e le identifica come la moneta del futuro. Di conseguenza questo candidato Senatore deve aver ragionato in questi termini: “Pechino non vuole i Bitcoin? Meglio! Noi invece dobbiamo fare ponti d’oro a questa tecnologia ed anzi dobbiamo accaparrarcene tanti per arricchire e stabilizzare economicamente il nostro paese.” Quando è stata formulata quest’estate questa proposta ha fatto breccia giusto nel cuore dei più fanatici sostenitori delle cripto. Ma oggi le cose sono cambiate.

Un atteggiamento molto più favorevole

La Federal Reserve in un primo tempo era apparsa piuttosto ostile alle criptovalute e le aveva bollate come qualcosa di pericoloso per il sistema. Ma gli ultimi interventi della Banca centrale americana sono andati in una direzione completamente diversa e la Fed è apparsa ultimamente molto più conciliante. In secondo luogo è arrivata la Sec che corrisponde alla Consob per l’Italia, vale a dire l’autorità che vigila sulla Borsa. Per mesi è sembrata assai ostile all’idea di quotare sulla Borsa americana un ETF esposto su Bitcoin. Ma proprio in questi giorni è arrivata la clamorosa notizia anticipata da Bloomberg che invece la quotazione ci sarebbe stata. Di conseguenza gli Stati Uniti oggi appaiono molto più favorevoli alle criptovalute di quanto non apparissero solo qualche mese fa.

Mettiamoci poi l’entusiasmo travolgente del sindaco di Miami che addirittura sostiene che i suoi concittadini potrebbero non pagare le tasse se la città creasse una sua criptovaluta ed il quadro è completo. La retorica della politica, ma anche quella delle istituzioni, sul fronte delle criptovalute è cambiata radicalmente. L’ostilità prudente di ieri ha lasciato il posto ad una serena accettazione e di conseguenza non ci stupirebbe se la singolare proposta di una Fort Knox per le criptovalute diventasse realtà. Magari potrebbe sorgere proprio in quella Miami nella quale tanto alta è la febbre delle criptovalute o in quella New York che le vuole strapparle il titolo di capitale del Bitcoin americano.

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Dirà il tempo se un’operazione del genere effettivamente stabilizza l’economia americana o la rende estremamente sensibile ad un eventuale futuro scoppio della bolla del Bitcoin.

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Suona piuttosto inquietante che qualcuno possa ritenere che un bene virtuale che metà del mondo giudica in bolla speculativa possa essere post come “riserva” simil-aurifera di un grande paese. Ma allo stesso tempo oggi appare assai meno fantastica di qualche mese fa.

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