Dopo la firma di Aukus, gli Usa adesso insistono per far entrare Taiwan nell’Onu

Il governo di Pechino è sempre più irritato dalle dichiarazioni dell’amministrazione Biden, che anche nel corso dell’ultima assemblea Onu (alla quale Taiwan non aveva il diritto di partecipare secondo la Cina) ha chiesto di sostenere l’ingresso della provincia ribelle nel “sistema delle nazioni unite”

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Alcuni analisti politici l’hanno chiamata la Grande Muraglia Navale. 

Barriere marittime cinesi che circondano letteralmente l’isola di Taiwan. Un modo efficace per isolare quella che il governo di Pechino considera da sempre una provincia ribelle. Lo scopo non è tanto spingere Taiwan ad arrendersi e dunque annettersi alla Cina, quanto piuttosto evitare che l’Occidente ne faccia un suo avamposto. Va comunque precisato che quella zona a ridosso dell’isola, ha anche un valore strategico-commerciale non indifferente: sono tante infatti le merci che transitano per la Cina da questo tratto di mare. 

Sono circa vent’anni che il governo di Taiwan assiste a quest’opera di accerchiamento da parte di Pechino. Atolli corallini che diventano bunker per le milizie cinesi, ma l’esecutivo taiwanese non può far altro che stare a guardare. La Cina è troppo grande, troppo potente, per pensare di entrarci in conflitto senza soccombere e al contempo, nessuna mediazione diplomatica sembra realmente possibile. Troppe volte il governo di Pechino ha mostrato come l’annessione di Taiwan sia una questione di principio, una missione da portare a termine ad ogni costo, che richieda sei mesi o sei decenni, poco importa.

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Dopo la firma di Aukus però, Taiwan sta acquistando una nuova valenza per la geopolitica occidentale. In primo luogo perché questo nuovo patto militare ha di fatto spostato l’attenzione nel mondo all’area indo-pacifica, in cui la provincia ribelle riveste un ruolo di primo piano. Ma c’entra anche il fatto che lì si svolgerà probabilmente la vera partita politica tra Usa e Cina. E in tal senso, non si può non notare quanto ancora una volta, la politica estera americana sia sottilmente aggressiva nei confronti dei suoi nemici. Da quando è stato firmato Aukus, si rincorrono le dichiarazioni Usa a sostegno di Taiwan e della sua indipendenza. Il vero incubo cinese, la provincia ribelle che diventa conquista degli americani. Nel corso dell’ultima riunione ONU, il sottosegretario di stato Antony Blinken è stato inequivocabile: bisogna fare di tutto per sostenere la “robusta e significativa partecipazione di Taiwan nel sistema delle Nazioni Unite

Frasi che naturalmente hanno mandato su tutte le furie Pechino, che in queste dichiarazioni vede i primi passi compiuti da questa nuova alleanza ( Con l’Australia attore di primo piano, visto che è la nazione geograficamente più vicina a questa parte del mondo) per strappare la provincia dall’influenza cinese. E difatti non si è fatta attendere la veemente replica del Ministro degli Esteri cinese Zhao Lijiang, che ha avvertito Washington. Se gli Usa continuano a insistere su Taiwan e la sua emancipazione ( tornerà ancora una volta il tema di esportare democrazia?), le relazioni bilaterali finiranno per essere compromesse in modo definitivo.

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Resta il fatto che, come scrive Giulia Belardelli in modo sintetico e illuminante sull’Huffington Post, “il pressing per far entrare Taiwan al Palazzo di Vetro si accompagna a quello per estendere l’area di influenza del patto Aukus ai Paesi dell’Asean, l’Associazione delle nazioni del sud-est asiatico composta da dieci Paesi (Filippine, Indonesia, Malaysia, Singapore, Thailandia, Brunei, Vietnam, Birmania, Laos, Cambogia). Al vertice dell’Asia orientale organizzato dall’Asean, tutt’ora in corso, interviene per la prima volta in quattro anni anche il presidente degli Stati Uniti, oltre al premier cinese Li Keqiang e al presidente russo Vladimir Putin. “Gli Stati Uniti – ha promesso Biden – si schiereranno con gli alleati del sud-est asiatico nella difesa della libertà dei mari, della democrazia e dei diritti umani”.

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