I migranti abbandonati tra i due fuochi di Bielorussia e Polonia: il punto

Continua a crescere la tensione al confine tra Polonia e Bielorussia: Varsavia teme lo scoppio di “un’escalation armata“. Alla radice della strategia adottata dalla Bielorussia sull’apertura del flusso dei migranti, il tentativo di fare pressione sull’Ue per il ritiro delle sanzioni emanate da Bruxelles. Dall’altro lato anche la Polonia starebbe utilizzando la crisi migratoria in maniera strumentale. Nel mezzo, i migranti lasciati a morire tra due fuochi.

Alexander Lukashenko
MeteoWeek.com (Photo by Lintao Zhang/Pool/Getty Images)

Il confine tra Polonia e Bielorussia si fa sempre più carico di tensione, tanto che il governo di Varsavia – stando all’Ispi – inizierebbe a temere lo scoppio di “un’escalation armata“. Per evitare lo scenario peggiore, sarebbe necessario uno stop ai flussi migratori alimentati dalla Bielorussia, ma la situazione è lontana dall’ottenere una rapida risoluzione. Nel mezzo ci sono una serie di questioni diplomatiche su cui è necessario fare un passo indietro. Da mesi, ormai, la Bielorussia scorta carovane di migranti verso la frontiera polacca con lo scopo di fare pressione sull’Ue. I migranti arriverebbero per lo più dal Medio Oriente e molti di loro giungerebbero in Bielorussia proprio grazie all’appoggio di agenzie di viaggio incaricate dal governo bielorusso di concedere i visti necessari per il viaggio. Una strategia che andrebbe ormai avanti da marzo, “quando abbiamo saputo che il governo bielorusso stava semplificando le procedure burocratiche per rilasciare visti ‘turistici’ in Iraq”, ha riferito a BBC News il viceministro dell’Interno lituano, Kęstutis Lančinskas. Insomma, il nuovo regime di Alexander Lukashenko, “eletto” nell’agosto 2020, starebbe ormai da tempo alimentando quella che sembra essere una vera e propria tratta degli esseri umani che ora, con sempre più vigore, si riversa sul confine polacco.

La Bielorussia strumentalizza i migranti?

Solo nelle ultime 48 ore, infatti, le guardie bielorusse avrebbero spinto circa 4mila migranti lungo una strada che collega la cittadina bielorussa di Brozgi con quella polacca di Kunzica, riporta l’Ispi. Il motivo è ormai noto ma è bene ricordarlo: utilizzare i migranti per fare pressione sull’Ue per il ritiro delle sanzioni imposte alla Bielorussia. L’origine delle sanzioni è legata alla repressione violenta delle proteste a seguito delle elezioni presidenziali bielorusse del 9 agosto 2020 (che hanno portato alla “vittoria” di Lukashenko), al dirottamento del volo Ryanair Atene-Vilnius, all’arresto del dissidente Roman Protasevic. Insomma, a una serie di eventi di notevole importanza diplomatica legati alla soppressione dello stato di diritto in Bielorussia. Per questo ora la Bielorussia cerca di attirare migranti da Turchia, Iraq, Emirati Arabi, Afghanistan, aumentando il numero di voli diretti a Minsk e lasciando intravedere – attraverso pubblicità ingannevole – un facile ingresso in Europa. Di fronte a questa strategia, l’Europa pensa ora all’applicazione di sanzioni anche ai Paesi terzi implicati nella “tratta”, mentre il premier polacco Mateusz Morawiecki schiera circa 12mila uomini dell’esercito. Sanzioni che, di certo, non abbasseranno la soglia della tensione. Il problema è che anche dall’altro lato, dal versante polacco, la situazione non è rosea.

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Il gioco della Polonia

Mateusz Morawiecki
Il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki – MeteoWeek.com (Photo by Omar Marques/Getty Images)

I filmati diramati dal ministero dell’Interno polacco a mostrerebbero le guardie polacche intente ad utilizzare gas lacrimogeni contro la carovana, mentre dalla frontiera bielorussa gli agenti sparano in aria per evitare indietreggiamenti. Così, in maniera estremamente lampante, i migranti si trovano a fungere da pedine da sacrificare, strette tra due fuochi. Eppure, un modo per trattare la vicenda in maniera meno violenta ci sarebbe. Nel corso di tutto questo tempo Varsavia ha più volte rifiutato la presenza di associazioni legate all’Ue, come Frontex e Europol, per la gestione della crisi migratoria alla frontiera. Lo stesso accesso a giornalisti e Ong è ormai vietato. Il motivo è che in questo modo, lontana dagli occhi dell’Ue, la Polonia può attuare respingimenti sommari, anche ai danni di chi realmente avrebbe diritto d’ingresso.

D’altronde, anche i rapporti tra Polonia e Ue sono lontani dall’essere distesi, proprio in materia di stato di diritto (si pensi alle tensioni sulle leggi polacche sull’aborto). Stando a quanto riportato da Politico, il governo polacco guidato dal partito di estrema destra Diritto e Giustizia, tra l’altro, starebbe usando la questione migratoria per rafforzare la propria propaganda in politica interna, a fronte di un consistente calo di consensi. L’immagine che vuole dare è quella di uno Stato che autonomamente, senza aiuto dell’Ue, riesce a gestire la situazione. L’immagine che vuole dare è quella di un governo intransigente nei confronti dei migranti. Per fare un esempio, stando a quanto riportato dal Post, nella giornata di domenica il canale della tv di Stato TVP Info avrebbe mandato in onda un servizio con il seguente titolo: “L’opposizione appoggia i migranti e Lukashenko“. Quella stessa opposizione che, pur tentando di dare risposte differenti da quelle del governo, non riesce a esprimere un pensiero in grado di fronteggiare realmente la propaganda di regime.

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Neanche l’Ue è immacolata

ursula von der leyen
MeteoWeek.com (Photo by Sean Gallup/Getty Images)

Come se non bastasse, all’interno di questo quadro pesa anche la posizione timida e spesso opportunistica dell’Unione europea. Da sempre, infatti, il tema dell’immigrazione è uno dei dossier più deboli dell’Ue, che nel frattempo ha iniziato a discutere di difesa dei confini e creazione di un esercito comune senza passare dal via: la creazione di una politica migratoria condivisa e non discriminatoria. Più volte, infatti, l’Ue si è ritrovata a subire le pressioni degli Stati legate a un’apertura dei flussi migratori. Situazioni simili si sono verificate ad esempio al confine turco nel 2020. In genere, a incidere su questo tipo di tensioni è anche la tendenza tutta europea ad esternalizzare le frontiere, appaltando il controllo dei confini a Paesi terzi tramite azioni economiche, giuridiche e militari.

Le azioni di controllo di Libia, Marocco, Turchia e Niger rientrano in questo quadro. Ora, quella della Polonia è una situazione di per sé inedita, ma un qualcosa di già visto continua a tornare: di fronte a questa annunciata crisi si cerca di rispondere, ancora una volta, tramite le politiche nazionali di Lituania e Polonia e tramite il tentativo Ue di rafforzare il ruolo di Frontex. Insomma, l’Europa sembra guardare ancora una volta all’esternalizzazione delle frontiere, quella stessa esternalizzazione che è stata più volte causa della sua debolezza in politica estera. Al netto di queste considerazioni, è necessario ribadire quanto la situazione sia complicata e quanto un margine di azione sensato, efficiente e non nocivo sia ridotto all’osso. Tuttavia, non è possibile voltare ancora lo sguardo dall’altra parte: nel mezzo, ancora una volta, ci sono i migranti.

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