Letta lavora a un campo largo di centrosinistra. Renzi incluso?

Il segretario del Pd Enrico Letta lavora a un campo largo di centrosinistra: in diretta nel videoforum live di Repubblica parla di Agorà democratiche insieme ai sei “osservatori indipendenti” che ha voluto al fianco del Pd. Tra questi, lo scrittore Gianrico Carofiglio, il fondatore della comunità di Sant’Egidio Andrea Riccardi, il professor Carlo Cottarelli ed Elly Schlein, vicepresidente dell’Emilia Romagna. “Sarebbero perfetti per un governo progressista, riformista ed europeista“, chiosa Letta. 

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Mentre a Bruxelles si discute di un possibile ingresso del M5s tra le fila dell’S&D (Socialisti e Democratici), mentre il presunto asse con il Movimento ripropone, per l’ennesima volta, avvicinamenti a singhiozzo, il segretario del Pd Enrico Letta porta avanti la sua opera di costruzione di un campo largo di centrosinistra. E lo fa in diretta nel videoforum live di Repubblica, dove parla di Agorà democratiche, “un modo per rispondere all’astensionismo che ha colpito la nostra democrazia. Chi si iscrive al sito, non solo partecipa alle riunioni ma le organizza. Quindi protagonismo dei cittadini“. Sarebbe questa la ricetta che il segretario del Pd intende mettere in campo sulla scia delle vittorie delle amministrative: apertura dei confini del partito, sia verso altre forze di centrosinistra, sia verso la famosa “base”. Per farlo, Letta si sarebbe presentato insieme ai “sei osservatori indipendenti” delle Agorà democratiche, voluti al fianco del Pd per dar vita al progetto (lo scrittore Gianrico Carofiglio, il fondatore della comunità di Sant’Egidio Andrea Riccardi, l’ex segretaria della Cisl Annamaria Furlan. E poi l’esperta di sostenibilità ambientale Monica Frassoni, il professor Carlo Cottarelli ed Elly Schlein, vicepresidente dell’Emilia Romagna).

Nessuno di loro è iscritto al Pd, eppure Enrico Letta, forse per entusiasmo o forse per realismo, parlando di un possibile futuro governo post-Draghi, risponde indicando loro: “Sarebbero perfetti per un governo progressista, riformista ed europeista“. Ovviamente, il convitato di pietra è sempre uno: Matteo Renzi. O meglio, il renzismo, che sia in Italia viva o nella corrente del Pd Base Riformista. Renzi farà parte del campo largo del centrosinistra? Su questo punto Letta temporeggia, affermando che “oggi entriamo in una fase di costruzione di qualcosa di nuovo e a partire da questo vedremo chi vuole essere protagonista di questo campo largo e chi no. Vedremo come ci si avvicinerà a questo progetto“.

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Letta e Renzi nel campo largo del centrosinistra?

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Insomma, per Matteo Renzi e la sua linea politica il segretario del Pd sospende un “vedremo”, ma non nega un fatto: la ferita legata all’affossamento del Ddl Zan è ancora aperta. A pesare sull’istituzione di un buon rapporto con i renziani c’è poi un altro fattore: l’ipotetico ingresso del M5s tra le fila dei S&D. L’ipotesi, stando all’Agi, sembra già provocare qualche malumore tra i parlamentari dem vicini a Base Riformista. “Diversi di noi non sono d’accordo“, avrebbe affermato ad Adnkronos un’europarlamentare Pd, anche se poi puntualizza: “Voglio ascoltare prima cosa dirà Letta domani“. Proprio oggi – 11 novembre – Letta sarà a Bruxelles e a seguito di un incontro con S&D vedrà la delegazione dem in Europa. “È un momento nel quale discuteremo del tema. Una convergenza tra Pd e M5s sui temi europei è una buona notizia se c’è. Nel Conte II questa convergenza c’è stata ed è stata molto forte. Non è una questione di schieramento, si tratta di partire dai temi“, ha ribadito al videoforum di Repubblica.

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Letta, Renzi e Conte: l’impasse nel campo largo del centrosinistra

Tuttavia, appare evidente come, al di là delle dichiarazioni di intenti di un M5s a guida Conte, persista, e si riproponga come insuperabile, quella ormai ontologica allergia tra renziani e pentastellati radicali. Sia a livello nazionale che internazionale. A peggiorare le cose, un fatto: i renziani, al momento, sono ancora all’interno del Pd e i pentastellati “di lotta” sono ancora all’interno del M5s. Probabilmente, prima di ipotizzare qualsiasi avvicinamento tra Pd e M5s, sarà necessario procedere a una riorganizzazione politica che elimini qualsiasi ambiguità. Poi, sulla costruzione di un reale campo largo che includa Pd, M5s e Iv, si vedrà. Ma l’impressione è che l’esperimento bolognese faccia fatica a riprodursi a livello nazionale, in presenza di un odio reciproco così radicato. In breve, a meno di non voler procedere nonostante le contraddizioni, con ogni probabilità Letta dovrà scegliere. E a fornire qualche indicazione sulla riorganizzazione degli assetti politici, potrebbe essere proprio il voto sull’elezione del prossimo presidente della Repubblica.

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Il Quirinale

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Sulla questione, il segretario del Pd cerca di evitare ogni risposta definitiva, autoescludendosi dal toto-nome che già da qualche settimana sta tempestando il dibattito politico e mediatico. “Trovo che questo gioco politico-mediatico per cui viene lanciato un candidato, poi ne viene rilanciato un altro, come i criceti che girano nella ruota. Non mi metto a giudicare i singoli candidati di una corsa di cui discuteremo quando sarà il momento“, dice riferendosi alla eventuale candidatura di Silvio Berlusconi. Le certezze di Letta, insomma, sembrano risiedere solo su un punto: i gruppi Pd alla Camera e al Senato arriveranno compatti al voto. Sui nomi, ribadisce il segretario, si vedrà. D’altronde, prima ci sono sfide importanti da affrontare che determineranno il volto di un presunto nuovo Pd più di ogni altra strategia politica legata alle alleanze. Il riferimento non può che andare a dossier come la riforma fiscale, le pensioni, il lavoro, le imprese.

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Imprese e pensioni: la posizione del Pd

A partire dalla riduzione fiscale, Letta ribadisce: “Secondo noi non va parcellizzata in tanti piccoli interventi ma concentrata sulla riduzione delle tasse sul lavoro. Sarebbe un incentivo alla localizzazione delle imprese, un modo per dire ‘venite in Italia’ perché chiudiamo un gap. Poi è favorevole ai lavoratori perché corrisponde a un aumento di salario. E’ un modo per far ripartire la domanda interna e far ripartire la fedeltà fiscale“, è la ricetta del segretario dem. E se Letta propone una manovra dolce per incentivare la localizzazione delle imprese, intende spingere anche su una manovra “in negativo” per scongiurare delocalizzazioni: “Io penso che i tempi siano maturi, dopo discussioni approfondite: il governo assuma in tempi rapidissimi e presenti il testo sulle delocalizzazioni per evitare nuove attività predatorie” nel Paese. Gli occhi del nuovo Pd, insomma, secondo Letta vanno tutti rivolti a giovani, donne e categorie più fragili (anche e soprattutto per questioni economiche). In questo senso la proposta del Pd sulle pensioni propone di dare priorità a tre categorie: “Le donne, e ora c’è opzione donna; giovani, con la pensione di garanzia; e la questione dei lavori gravosi, pericolosi e usuranti, che devono essere avvantaggiati rispetto ad ora. Sono sicuro che in questo modo sarà possibile superare le quote“, ribadisce Letta. Forse, qualsiasi speculazione su possibili campi larghi dovrebbe partire da qui, dal confronto sulle proposte.

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