Maxi frode spazi pubblicitari, 4 arresti e sequestro per 28 milioni di euro

Una maxi frode fiscale sarebbe alla base dell’inchiesta della Procura di Milano che ha portato agli arresti domiciliari di quattro persone ed il sequestro di 28 milioni di euro da parte della Guardia di Finanza. 

L’ipotesi sarebbe di frode fiscale e riciclaggio attraverso simulazioni nel mercato della compravendita di spazi pubblicitari. Secondo le indagini, le fatture per prestazioni fantasma per reinvestire in una struttura alberghiera a Panama.

La notizia è stata diffusa da un comunicato del procuratore Riccardo Targetti,  che ha individuato “interesse pubblico in relazione al contrasto a condotte fraudolente altamente elusive degli interessi dell’Erario e particolarmente insidiose” – senza inserire riferimenti a nomi o società, secondo la legge sulla presunzione di innocenza.

Il gip Lorenza Pasquinelli ha così disposto gli arresti domiciliari per Paolo Dosi, amministratore all’epoca dei fatti di Clear Channel Jolly Pubblicità – colosso della cartellonistica pubblicitaria e dei totem pubblicitari in strada a Napoli, Firenze e Roma, nonché gestore del servizio di bike sharing del Comune di Milano – Marco Verna e Paolo D’Amico (amministratori di Joy Srl)  e l’amministratore di fatto di App Media Group Spa Giorgio Fallica.

Sequestrati inoltre circa 20 milioni a carico di App Media Group, circa 5,5 milioni a carico di Gruppo Editoriale Jedi Srl, e oltre 1 milione a carico di Joy Srl.

I proventi reinvestiti in strutture ricettive a Panama

Un’indagine interna del gruppo Clear Channel ha portato alla sfiducia nei confronti dell’amministratore Paolo Dosi e alla denuncia nei suoi confronti presso l’Agenzia delle Entrate per condotte autonome del manager.  Secondo gli inquirenti, alla base delle indagini ci sarebbe il “press deal”, il cui risultato è la circolazione di fatture per prestazioni inesistenti al fine di creare credito d’imposta fittizio a favore della concessionaria dei servizi pubblicitari – attraverso il meccanismo delle aliquote Iva differenti tra vendite (4%) e acquisti (22%).

Il reato contestato nei confronti dei quattro arrestati è di aver “distratto i capitali sottratti a tassazione tramite i pagamenti che la concessionaria della pubblicità eseguiva a favore del proprio fornitore“, mentre allo stato delle indagini le somme “risultano essere state in parte trasferite a una società croata ed in parte a una svizzera per essere poi impiegate per l’acquisto di appartamenti in un complesso immobiliare alberghiero a Panama.

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