La marea spaventa ancora Venezia: oggi un nuovo picco di acqua alta -VIDEO

La marea spaventa ancora Venezia. Un nuovo picco di acqua alta che può raggiungere i 160 centimetri è atteso per metà mattinata a Venezia, dove la sirena di allarme è risuonata quattro volte nelle ultime ore a indicare la massima allerta. 

Acqua alta a Venezia
Acqua alta a piazza San Marco a Venezia

Dopo i disastri dei giorni scorsi che hanno sommerso gran parte della città e provocato gravi danni alla Basilica di San Marco, stamattina è di nuovo allarme massimo a Venezia per l’acqua alta. I veneziani alle prese con una lotta impari contro il mare sono stati avvisati che oggi sarà un’altra giornata molto difficile. Non si può ancora pensare a gestire gli immensi danni che si sono verificati fino a questo momento perché c’è ancora da affrontare le minacce che si rinnovano. Se infatti la marea è già salita stamattina fino a 140 centimetri di altezza, le previsioni dicono che un nuovo picco record sarà raggiunto intorno alle 11.20 quando l’acqua alta toccherà i 160 centimetri. A complicare la situazione il vento di scirocco, che va rinforzandosi e contribuisce a spingere l’acqua della laguna contro la città.

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La situazione in città è già davvero molto grave. Anche i consueti strumenti per affrontare la normale acqua alta non sono più utili e anzi rischiano di dimostrarsi controproducenti. Ad esempio – come nota l’Agi – i Dipendenti del Comune stanno rimuovendo le passerelle che con l’acqua a questo livello comincerebbero a galleggiare creando anche problemi per la sicurezza. Di fatto Piazza San Marco è inagibile anche a chi è attrezzato con i particolari stivali che raggiungono le cosce. Ciononostante i tecnici sono al lavoro all’interno della Basilica di San Marco per cercare di porre un primo rimedio ai gravi danni realizzati dall’alluvione dei giorni scorsi che ha completamente invaso la cripta sotterranea. Per due volte la Basilica è stata allagata, e per capire la portata del danno bisogna ricordare che in 1200 questo è successo solo una manciata di volte. Gli esperti fanno notare che il rischio è elevatissimo non solo per i danni diretti dell’allagamento, ma anche perché l’acqua del mare è in grado di corrodere alla base le colonne di pietra che sostengono l’intera basilica.

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La stima dei danni nella città d’arte più famosa del mondo ammonta a molte centinaia di milioni di euro, tra il patrimonio pubblico e i beni privati dei cittadini, per non parlare dei danni alla stagioni turistica. La città lagunare subisce l’aggressione delle acque da martedì, e il record di altezza per il livello delle acque è stato raggiunto tra il 12 e il 13 novembre toccando i 187 centimetri. In Laguna si contano anche due vittime, sull’isola di Pellestrina.

Il drammatico evento è anche accompagnato da una lunga scia di polemiche. Il Cnr si è difeso dall’accusa di non aver dato l’allarme sostenendo che “l’evento che ha colpito Venezia era imprevedibile”. Secondo l’Agi Rosalia Santoleri, direttrice dell’Istituto di scienze marine del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ismar), ha spiegato: “Nella mattinata non si immaginava fosse di queste proporzioni. Raffiche di vento con più di 100 km/ora hanno contribuito a questo fenomeno assolutamente imprevedibile che ha colpito la città”.

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Le altre polemiche riguardano il Mose, il sistema che dovrebbe difendere Venezia dall’acqua alta e non è ancora in funzione, benché la sua costruzione sia stata iniziata più di venti anni fa e si siano già spesi 5,5 miliardi di euro. Intorno al Mose ci sono state anche inchieste giudiziarie che hanno fatto emergere episodi di corruzione.

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L’emergenza è comunque altissima e il Governo è chiamato a intervenire. In un’intervista al Corriere della Sera il premier Giuseppe Conte annuncia che “nel Consiglio dei ministri abbiamo deliberato lo stato di emergenza per la città e stanziato i primi 20 milioni per gli interventi più urgenti. Il prossimo passo sono gli indennizzi a privati e commercianti, poi i fondi per rifinanziare la legge speciale per Venezia”. E invece a La Stampa Conte ha ribadito la necessità di “ultimare la realizzazione del Mose, realizzato al 90-93%, per il quale siamo alle battute finali e i fondi investiti sono tanti. Elementi questi che, insieme a una valutazione di interesse pubblico, rendono impensabile qualsiasi soluzione diversa”.

 

 

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