Perché Timothée Chalamet è l’attore simbolo della sua generazione

Consacrato definitivamente con Chiamami col tuo nome di Luca Guadagnino, il giovane Timothée Chalamet si è imposto come un attore in grado di rappresentare valori e sensibilità moderni.

Per diventare un attore davvero “iconico”, in grado di rappresentare una intera generazione e di incarnare in sé un determinato passaggio storico, non è sufficiente scegliere i ruoli giusti, fare il proprio meglio per emergere grazie al proprio talento o alla propria versatilità. È indispensabile infatti avere anche il fisico giusto, la faccia giusta e l’intelligenza necessaria per farsi simbolo di qualcosa ancora prima che interprete di (e per) qualcuno.

Timothée Chalamet, un nuovo modello di attore

Negli anni che hanno preceduto l’effettiva realizzazione di Chiamami col tuo nome di Luca Guadagnino, il film che lo ha definitivamente consegnato all’immaginario collettivo, tanti nomi di quelli poi coinvolti nel progetto (tra cui Guadagnino) sono stati messi in discussione, come sempre avviene durante le trattative per un film. Tutti tranne il suo. 

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E in quello stesso anno Chalamet è stato abbastanza furbo (e forse fortunato) da inserirsi in un altro progetto indipendente davvero in grado di raccontare un mutamento di sensibilità e di dirci qualcosa in più sulla contemporaneità: Lady Bird di Greta Gerwig. Così Timothée si è ritrovato nelle due rivelazioni cinematografiche (a livello mondiale) di quell’anno, diventando immediatamente riconoscibile agli occhi del pubblico grazie alla sua caratteristica gracilità, alle occhiaie e al portamento allo stesso tempo elegante e sbarazzino.

Il nuovo modello di attore nato con il cinema d’autore, ma perfetto anche per i ruoli più commerciali, come dimostrato perfettamente dal The King di David Michôd.

Timothée Chalamet, la sfida di The King

Non a caso film di Michôd per Netflix è uno degli adattamenti shakespeariani più moderni. Una modernizzazione che non passa solo attraverso l’attualizzazione delle tematiche e dei riferimenti classici, ma nel modo di confezionare un prodotto che possa essere fruibile da un pubblico giovane sempre più abituato a determinati tipi di storie e sempre più legato alla serialità.

Unisce pezzi tratti da Riccardo II, Enrico IV e Enrico V, trovando nel fango e nel tradimento ciò che li accomuna. Timothée Chalamet si dimostra nuovamente perfetto, confermando (se ce ne fosse bisogno) la sua capacità di capire quando una sceneggiatura che gli viene proposta sia effettivamente in linea con il suo stile e con l’immagine che velocemente si sta creando attorno a lui.

Timothée Chalamet nelle mani di Woody Allen

Eppure il film che forse più di altri ha trovato per lui un ruolo davvero calzante, uno che non sarebbe immaginabile interpretato da un altro attore che non sia lui, è Un giorno di pioggia a New York di Woody Allen (parzialmente rinnegato, per le ragioni di opportunità che tutti sappiamo). Lì Chalamet si mette nei panni di uno studente universitario con il fare da bohémien, membro di una famiglia altolocata e molto protettiva, ma allo stesso tempo mosca bianca in un mondo in cui non si rivede.

Appassionato di libri, colto e dall’umorismo intelligente (alcune caratteristiche mutuate dal ruolo di Elio in Chiamami col tuo nome), il suo Gatsby Welles è il personaggio che negli ultimi anni è riuscito a rappresentare al meglio il cinema di Allen, raccogliendo tutte le peculiarità dei personaggi che tempo fa erano interpretati dallo stesso regista e aggiungendo ad essi fascino e bellezza. In questi giorni è nelle sale italiane nel ruolo di Laurie in Piccole Donne di Greta Gerwig. Un personaggio profondamente diverso da quello presente nel libro di Louise May Alcott e ancora una volta in grado di incarnare una sensibilità nuova e al passo coi tempi.

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