Alice e il sindaco | Dalla Francia una commedia brillante, d’ispirazione politica e non solo…

Dalla Francia una commedia brillante e frizzante che ragiona sulla politica e sulla filosofia, ma anche sulle questioni di cuore, e su quelle fasi delle vita in cui ci si sente improvvisamente svuotati e privi di “direzione”. Nicola Pariser dirige con piglio e brio la sorprendente coppia Fabrice Luchini-Anaïs Demoustier.

In procinto di affrontare le elezioni municipali, il sindaco di Lione (il sempre ottimo Fabrice Luchini) appare improvvisamente svuotato, “incapace di pensare”, di muovere le sue idee attraverso una nuova e rinnovata fase politica. Nel tentativo di dare all’uomo una spinta, allora, la squadra comunale decide di affiancare al politico una giovane (ma nemmeno troppo) leva di nome Alice Heimann, ex studentessa di lettere e filosofia, ex insegnante a Oxford.

Un curriculum (fin troppo) brillante per una trentenne incaricata di dare nuova linfa al sindaco, annotare cose e idee che possano essere d’ispirazione per l’uomo, da trent’anni al servizio della cosa comune, da sempre brillante oratore e comunicatore, ma che ora si ritrova d’un tratto spaesato, disorientato e senza “parole”.

Alice e il sindaco, e “le meraviglie” della politica moderna

E così Alice, un po’ smarrita e disorientata nelle sua stessa vita e un po’ “delle meraviglie”, capace con guizzo e sagacia di comprendere e argomentare il dibattito politico morente sotto una nuova luce, instaurerà con il sindaco un legame privilegiato, di reciproca osservazione e lealtà, e lancerà un messaggio e invito “alla modestia”, in grado di fare la differenza nella vita di entrambi.

Risucchiata come in un vortice nel suo ruolo di “paroliere” del politico, la ragazza brucerà le tappe passando da un ruolo quasi invisibile a una presenza imponente nella vita dell’uomo. Il dialogo tra i due aprirà nuove strade e nuove vie, così come pure tante nuove riflessioni all’interno di una politica stantia e incapace di rinnovarsi, e nei confronti di una sinistra smarrita, inefficace, inadempiente. Un percorso breve ma intenso posto a segnare l’interscambio umano e professionale tra una brillante e audace studiosa e il suo alter ego più disilluso e in là con gli anni.

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Alice e il sindaco, è giunta l’ora delle modestia

Dalla Francia ancora una prova di encomiabile capacità di affresco e riflessione, questa volta della cosa politica. Nicolas Pariser (Le Grand Jeu), ammiratore dichiarato di Rohmer, mette in scena una brillante lectio magistralis filosofico-politica attraverso il confronto – sagace, puntuale, raffinato – tra due menti ugualmente brillanti e due cuori diversamente spaesati. Alice e il sindaco è la prova provata che il Cinema può (e dovrebbe) essere cartina di tornasole della nostra contemporaneità.

Destreggiandosi abilmente tra Rousseau, le idee dei filosofi, l’ecologia, e la futurologia, il sempre magistrale Fabrice Luchini e la sorprendete Anaïs Demoustier duettano impavidi mescolando scambi dotti con confessioni ben più umane, e rilanciando in una politica del business, dei profitti e di mera propaganda, l’idea quasi rivoluzionaria dell’ora della modestia, di fare un passo indietro, di lasciare (ove necessario) spazio al prossimo.

Alice e il sindaco, e le nuove prospettive

Pariser entra con attenzione e lucidità nei risvolti professionali ed esistenziali di questi due protagonisti affascinanti, capaci quasi di rimettere in moto una voglia del tutto smarrita di fare politica, di vedere le cose (tutte) da una nuova prospettiva. E in tempi in cui il mondo dei riferimenti (non solo politico, ma delle alte sfere tutte) vive un drammatico momento di ribasso, quasi uno svuota tutto per (auspicabile) rinnovo locale, una commedia così fresca, brillante, d’ispirazione, che parla un linguaggio “aulico” ma non autoreferenziale, è davvero un bel regalo di speranza, un invito a ricordarci che “la politica è tutto o niente”, ma che tutto o niente dipende in primis dal modo in cui noi guardiamo alle cose, dipende dalla capacità che abbiamo o meno di valorizzarle piuttosto che svanirle o sminuirle nell’appiattimento e nella mancanza stessa di idee.

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