Code al banco dei pegni: “La mia fede nuziale per pagare funerale di mio marito”

Aumenta in maniera esponenziale il numero delle persone in coda al banco dei pegni in tutta Italia, alla disperata ricerca di un prestito e liquidità. In coda anche molti liberi professionisti. 

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(Foto di Miguel Medina, da Getty Images)

Lunghissime code al banco dei pegni di tutta Italia alla ricerca di prestiti, persone stremate da questo infinito lockdown che sembra non voler finire. A Torino, Concetta, 78 anni, esordisce così per il Corriere: “Non è vero che il funerale lo paga lo Stato. Mio marito è da un mese che aspetta nel deposito. È morto il 23 marzo, è stato cremato, ma adesso mi chiedono 400 euro. Aspetterà un altro mese la sepoltura e intanto sono costretta a pignorare i ricordi di una vita insieme“. Così il coronavirus le ha sottratto il marito e un compianto degno. Concetta si sfoga: “Me l’hanno ucciso: andava in ospedale a fare la dialisi, ma stava bene: è lì che ha preso questo virus, l’ultima volta è entrato e dopo otto giorni non c’era più”. L’anziana è in coda, all’alba, davanti alla porta del monte di pietà di Torino. Con lei ci sono decine di altre persone in attesa. In attesa anche liberi professionisti in cerca di liquidità per la riapertura delle attività, oppure per autofinanziarsi le spese della messa in sicurezza. Molti aspettano i soldi dallo Stato. Così si consegnano oro e gioielli al banco dei pegni in cerca di supporto per superare questa lunga fase 2.

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Molti gli anziani. Una signora di 86 anni commenta: “È la quinta volta che ci provo, non ho figli sono sola, pignoro qualcosa per avere dei soldini”. E ancora un altro, un ragazzo di 22 anni: “Lavoro come operatore sociosanitario in una di quelle Rsa di cui si parla tanto, lì è una strage. Sono da un mese a casa. Quando ho capito la faccenda ho chiamato il mio medico e sono risultato positivo al Covid: non ci sono più infermieri, non ci danno le protezioni adeguate. Ogni giorno muore un mio amico”, racconta Julio, originario del Perù.

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(Foto di Andreas Solaro, da Getty Images)

Si tratta di una soluzione, quella del banco dei pegni, che ha attirato molte persone. Soprattutto per la sua velocità. Nel giro di 15 minuti si può uscire con prestito garantito. Diverse sono le scelte: la polizza va dai 3, ai 6, ai 9 mesi. Il Tan è del 7% su base annua. Pochissime domande. Al banco dei pegni non chiedono che lavoro fai o sei hai debiti. E allora è normale che in una situazione di emergenza del genere in coda si riversi un po’ chiunque, da nord a sud, dai giovani agli anziani. Alcuni hanno perso il lavoro durante l’emergenza coronavirus, altri erano già in crisi. Altri ancora fanno la fila anche per rinnovare un prestito già ricevuto prima dell’emergenza.

Volgendo un occhio ai dati, l’impressione sembra confermata. In tutta Italia si parla di un 30% in più di persone rivoltesi al banco dei pegni. Rainer Steger, codirettore generale di Affide, la più grande società di Credito su Pegno in Italia conferma: “Ci stiamo accorgendo negli ultimi giorni dell’aumento di clienti: alla nostra sede principale al Monte di pietà di Roma abbiamo la coda già prima dell’apertura“. E ancora: “Dopo un primo momento di flessione abbiamo avuto il picco negativo nella seconda metà di marzo, causa la limitata mobilità. Ora stiamo recuperando i numeri precovid, ma evidenziamo l’arrivo di persone nuove e immaginiamo saranno sempre di più nei prossimi mesi”.

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E il banco dei pegni sarebbe una soluzione prediletta dagli italiani anche per un altro motivo. Stando a uno studio Doxa per Affide gli italiani detengono fino a sette gioielli in casa. Tuttavia i gioielli indossati realmente sono uno, due al massimo. Questi gioielli rappresentano beni tangibili da far fruttare durante i momenti di crisi. Anche se negli ultimi anni la situazione sta cambiando. Al momento l’oro 750 è dai 19 euro ai 20 euro grammo, l’oro 999 dai 24 ai 26 al grammo. La soluzione del banco dei pegni in periodi di crisi è la preferita dagli italiani da moltissimo tempo, addirittura anche durante la peste. E non stupisce, se si pensa che il banco dei pegni è nato proprio a Perugia, nel 1496. Lo scopo iniziale era togliere spazio di iniziativa agli usurai. Oggi conclude Steger: “Si rivolgono a noi perché hanno sentito dire che il tutto avviene in modo facile, senza valutazioni patrimoniali, si esce con i soldi in mano, è un prodotto indicato in questo periodo”. E Giuseppe Gentile, direttore generale ProntoPegno S.p.A., spiega il mutamento della richiesta: “Si è avuto un duplice cambiamento: è aumentato il numero di operazioni con nuovi prestiti, e sono diminuiti i rinnovi”.

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