Marattin (Iv): spero che gli Stati generali di Conte non servano solo per le foto

A dire la sua sugli Stati generali di Conte è Luigi Marattin, vicecapogruppo di Italia viva alla Camera in un’intervista al Corriere della Sera: “Storicamente le occasioni di questo tipo sono sempre state più utili per le photo opportunity che non per la sostanza”.

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In un’intervista sul Corriere della Sera Luigi Marattin, vicecapogruppo di Itala viva alla Camera, si espone sugli Stati generali proposti dal premier Giuseppe Conte e sulle principali questioni al momento sul tavolo del Governo. Sugli Stati generali afferma: “Il premier ha diritto a individuare le forme di riflessione più opportune. Certo, storicamente le occasioni di questo tipo sono sempre state più utili per le photo-opportunity che non per la sostanza. A maggior ragione se organizzati in una settimana. Speriamo stavolta non sia così”.

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Il premier Conte vorrebbe impostare una vera e propria roadmap di incontri per stabilire le dinamiche della cosiddetta Fase 3. Prima i bilaterali con i ministri, poi le forze di maggioranza, per passare alle opposizioni e ai confronti a livello internazionale. Infine, le imprese e le parti sociali. E’ il piano illustrato da Conte durante la riunione dei capi delegazione delle forze politiche sostenitrici. Lo scopo al centro degli Stati generali sarebbe tracciare una linea guida sull’Italia post-Covid e sulle modalità di utilizzo delle nuove risorse provenienti dall’Ue. Si cercherebbe, in sostanza, di arrivare alla definizione di un Recovery plan, un piano che renderà chiaro il modo in cui l’Italia intenderà rispondere alle richieste dell’Europa.

Le proposte di Italia viva per l’Italia post-Covid

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Proprio su questo punto, Marattin afferma: “Occorre capirci su quali siano le 3-4 cose (non 100) da fare nei prossimi mesi al fine di avere un tasso di crescita che ci consenta di riassorbire in fretta l’enorme debito pubblico che avremo nella fase post-Covid. Quanto al Recovery plan, sono tra i pochi che invita alla cautela. Noi di Iv un’idea su quali siano quelle 3-4 cose ce l’abbiamo: riforma fiscale, piano choc per gli investimenti pubblici, riforma del diritto amministrativo per abbattere davvero la burocrazia, riforme istituzionali”. Insomma, il piano di Italia viva sembra aver individuato pochi ma importanti punti cardine attorno a cui far ruotare la ripartenza.

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Già in un’intervista alla Repubblica, rilasciata qualche giorno fa, Marattin aveva affermato, rispondendo alla domanda sul Piano rinascita di Conte: “I dossier annunciati vanno tutti nella giusta direzione (dalla riforma del fisco alle infrastrutture, dalla modifica del danno erariale e abuso di ufficio alla capitalizzazione d’impresa). Ma quello che conta in politica sono gli atti normativi che si presentano in Parlamento. Noi ad esempio da qualche mese abbiamo pronto l’articolato sul piano shock (lo consegnai personalmente a Conte in febbraio) per sbloccare i cantieri, e stiamo aspettando di sapere che ne facciamo. Così come abbiamo pronta una nostra idea di riforma dell’Irpef e, da ieri, di utilizzo dei 36 miliardi del Mes per ammodernare il nostro sistema sanitario”.

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Poi Marattin torna sull’esigenza di sbloccare i cantieri, specificando come, in questa fase, sia necessario fornire anche risposte a lungo termine: bisogna alleggerire la burocrazia per permettere non solo di sbloccare i cantieri fermi da tempo, ma anche di farne partire altri in maniera rapida e snella. Infatti Marattin afferma: “Lo sblocco di alcune opere prioritarie è fondamentale, ma non basta.  Dobbiamo mettere tutti i sindaci e i governatori in condizioni di far partire subito i cantieri, con una procedura iper-semplificata“. Poi il vicecapogruppo alla Camera rivela: del decreto Semplificazioni non sa niente. Infine, uno sguardo sul Mes, in linea con le recenti dichiarazioni di David Sassoli: l’Italia non può permettersi di perdere questa opportunità, serve pragmatismo. Ora Marattin rincara la dose: il Mes dovrebbe avvenire, “a meno che qualcuno non spieghi agli italiani per quale motivo rifiutare un prestito a tasso zero senza condizioni che costa almeno 600 milioni all’anno in meno rispetto all’emissione di Btp. E che ci consentirebbe di ammodernare il sistema”.

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