Specializzazioni, un giovane medico spiega cosa sta accadendo a 23mila camici bianchi

Medici in ostaggio. Sono loro gli aspiranti specializzandi che hanno già vinto il concorso ma che sono ancora a casa, a causa di continui rinvii della loro presa di servizio con l’assegnazione della sede. La burocrazia li blocca, la situazione è ferma. E la rabbia esplode in protesta. A fare il punto della situazione è Mattia, uno dei tanti giovanissimi bloccati dallo Stato. 

71 giorni, 23.000 medici in ostaggio. A bloccarli è la burocrazia e a spiegarci la situazione c’è Mattia, giovane medico ed ex studente dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, uno dei più prestigiosi Atenei d’Italia. “Ci troviamo in un’annata di transizione, l’iter burocratico per diventare specialisti è stato rivoluzionato in maniera frettolosa e non sistematica. In genere, gli iscritti ad un concorso di specialità sono 14.000 massimo. Quest’anno ne eravamo 26.000”, ci racconta Mattia.

Infatti, la laurea abilitante ha modificato l’iter del percorso di studio di ciascun medico, permettendo di anticipare i 3 mesi di tirocinio post-laurea e facendo sì che molti medici già laureati potessero essere già abilitati, così da poter poi partecipare al concorso. “In sostanza, ci siamo trovati con due annate di laureati in Medicina, che si sono trovati a concorrere: quelli laureati a luglio 2019 e abilitati a marzo 2020; e l’annata successiva, laureata a luglio 2020 ma già abilitata e che quindi poteva già concorrere”, spiega Mattia. 

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Numeri enormi, che si trascinano due grandi problematiche. La prima: ci si è trovati a dover gestire il doppio del numero dei concorrenti in piena emergenza pandemica. La seconda: mancanza di borse per la specialistica.  “In Italia da sempre fa politicamente più audience aumentare i posti a medicina che garantire posti in specialità per tutti i medici già laureati“, spiega il giovane medico. Infatti, uno dei grandi problemi che i camici bianchi cercano senza successo di denunciare è proprio “l’imbuto formativo”. “Abbiamo più laureati in medicina rispetto alle borse che lo Stato mette a disposizione ogni anno per potersi specializzare – prosegue – Ogni anno il rapporto tra il numero di concorrenti e coloro che effettivamente possono vincere la borsa che dovrebbe essere garantita per poter espletare il percorso di formazione è uno su due. Così, molti rimangono camici grigi”.

“Ritardi e rimandi, tutto l’anno. Ma non è finita”

Ma veniamo al concorso. “Il Ministero di Gaetano Manfredi ci aveva garantito di ricevere le assegnazioni entro il 3. Ma in maniera assolutamente incurante della nostra situazione, alle 19.30 e dopo un’intera giornata di attesa, ci è arrivata comunicazione del fatto che non avremmo avuto le assegnazioni”, prosegue a malincuore Mattia. Ma la storia dei rimandi e dei ritardi inizia da lontano. A metà febbraio avrebbe dovuto esserci la prova scritta di abilitazione: “Ma con un preavviso di due giorni viene data comunicazione che la prova non si sarebbe svolta. All’inizio abbiamo compreso la disorganizzazione a causa della pandemia. Ma le scadenze si sono ripetute in maniera frequente e puntuale nel corso dei mesi successivi”.

La data per il concorso è cruciale, polarizzante rispetto all’organizzazione delle vite dei giovani medici o di quanti si avviano al percorso di specializzazione. Pregiudica un intero anno e si svolge una volta sola in 12 mesi. Eppure, è stata comunicata dopo silenzio e con non curanza solo a fine maggio. I medici hanno così appreso che la prova non si sarebbe svolta a luglio, ma a settembre. Causa, chiaramente o forse no, Coronavirus. Entro due mesi prima, tuttavia, il Miur avrebbe dovuto garantire l’uscita di un bando per il concorso, arrivato però all’ultima data utile per la scadenza e riservandosi di poter cambiare data fino al 28 di Agosto, vista l’incertezza dei tempi.

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Cos’è accaduto, poi?

“Le associazioni dei giovani medici hanno evidenziato sin dall’uscita del bando alcune incongruenze. Il concorso si tiene, ma la formulazione di molte delle domande risulta sbagliata”, prosegue Mattia. Iniziano così i ricorsi, che causano ritardi e il venir meno delle scadenze. Ed è così che dal 5 ottobre, data in cui avrebbe dovuto esserci la la graduatoria, questa viene rimandata al 26 di ottobre. Ma il 7 di ottobre, domande mal formulate vengono annullate ed altre corrette: il punteggio della graduatoria cambia, si altera, e viene quindi pubblicata in maniera provvisoria, in quanto molti concorrenti che hanno fatto ricorso non avevano avuto ancora gli esiti. Così, arriva un ritardo di altri giorni: 9 novembre, a cui vanno aggiunti 20 giorni per la fase di scelta, quindi al 23 di novembre. La scadenza per la fase di scelta era al 27 novembre, così da avere le assegnazioni il 30 di novembre. E invece… ancora un ritardo. La fase di scelta viene chiusa al 30 di novembre, e successivamente al primo di dicembre, con ritardo delle assegnazioni al 3 di dicembre. 

Ed è a questo punto, quindi, che la pazienza arriva al limite: “Con il sollecito delle associazioni chiediamo spiegazioni. Ci era stata garantita la pubblicazione delle graduatorie da parte del Ministero nella figura di Gaetano Manfredi, anche se non ci speravamo. Ma le assegnazioni sono state ancora rimandate, al 15 dicembre. Ma la data per la presa di servizio è rimasta al 30 di dicembre, data non rimandabile”. Ricapitolando: i futuri specializzandi avranno circa 10 giorni per conoscere le assegnazioni, immatricolarsi, spostarsi nella nuova città, trovare casa. Il tutto in una piena crisi pandemica e in piene festività natalizie. “Ma il Ministero continua in maniera non curante a comunicarci in maniera leggera tutte queste notizie. Una situazione paradossale, siamo esausti”, conclude Mattia. E la sensazione è che il peggio potrebbe ancora arrivare.

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