Recovery Plan, Calenda: “La bozza è vuota, sui giovani c’è mezza pagina”

Carlo Calenda, leader di Azione, commenta la bozza sul Recovery Fund presentata dal governo, concentrando la sua attenzione sul contenuto della bozza, e non tanto sulla questione supermanager, su cui il governo si sta dividendo. Calenda commenta: “La bozza è vuota, sui giovani c’è mezza pagina”. 

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Carlo Calenda, intervistato questa mattina su Rai Radio1 durante Radio Anch’io, commenta la questione Recovery Fund. Il leader di Azione si pronuncia anche sul veto imposto da Polonia e Ungheria per eliminare la clausola del rispetto dello stato di diritto, e afferma: “Penso che la questione dello Stato di diritto vada risolta una volta e per sempre. Se Polonia e Ungheria non rispettano lo Stato di diritto escono dall’Europa”. Ma i toni duri arrivano quando Calenda passa a parlare del Recovery Plan italiano. Il giudizio è tranchant: “Nessuno ha letto la bozza del Recovery Plan italiano perché se l’avessimo letta capiremmo che è finta, perché è vuota. Sui giovani c’è mezza pagina. Il piano francese invece è online ed è chiarissimo. Il risultato della task force Colao è 5 volte più approfondito, quello francese 20. Ma possiamo parlare di contenuti?”.

Sì, parliamo di contenuti

E’ vero che le linee guida del Recovery Plan sono state tracciate dall’Ue, ed è vero che gran parte delle risorse sono state vincolate a digitalizzazione e svolta green. Ma è anche vero che tra le linee guida dell’Ue ci sono anche: la promozione della coesione economica, sociale e territoriale dell’Unione, il rafforzamento della resilienza economica e sociale, la mitigazione dell’impatto sociale ed economico della crisi. Inoltre a queste linee guida vanno aggiunte le richieste specifiche fatte dal Consiglio a ogni paese europeo, delineate di anno in anno: all’Italia viene chiesto nel 2019 e 2020 anche di migliorare il coinvolgimento di giovani e donne nel mercato del lavoro. Insomma, lo spazio per prestare un’attenzione maggiore (e migliore) ai giovani forse c’era.

La bozza del Recovery nelle premesse sembra aver ben presente la tragica condizione della disoccupazione giovanile. Inoltre – è il caso di aggiungere – la questione lavorativa giovanile non riguarda solo la disoccupazione: quando non si arriva alla vera e propria assenza di un lavoro, spesso ci si piega comunque a logiche di demansionamento ed estrema precarietà, comprendendo, per esempio, anche finti tirocini formativi e contratti d’apprendistato utilizzati come schermo per coprire quelle che, nei fatti, dovrebbero essere vere e proprie assunzioni di lungo termine. Insomma, le pessime condizioni del mercato del lavoro in Italia si fanno tanto più pesanti – non solo per l’assenza di lavoro, ma anche per l’assenza di garanzie – per coloro che appartengono a fasce d’età specifiche, da tempo dimenticate (dai 20 ai 35 anni).

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La condizione lavorativa dei giovani è pessima, e il governo lo sa

Almeno su disoccupazione e reddito il governo sembra avere piena consapevolezza della situazione. Nella bozza si legge: “Le disparità di reddito, genere e territoriali, già significative, si sono ampliate a partire dalla crisi globale del 2008. Le deboli prospettive di occupazione hanno causato una emigrazione netta di giovani studenti e lavoratori altamente qualificati”. Poi ancora: “La seconda grande anomalia del mercato del lavoro
italiano risiede nell’elevato tasso di disoccupazione giovanile, che è di poco inferiore al 30% (media EU 17%)“. Per questo, sottolinea il governo nelle intenzioni, “sarà rilevante anche l’impegno per ridurre la precarizzazione del lavoro e gli alti tassi di disoccupazione, che colpiscono soprattutto i giovani e – di nuovo – le donne. Le linee d’azione individuate sosterranno la creazione di posti di lavoro, la formazione e la riqualificazione dei lavoratori, nonché il loro reddito durante le transizioni occupazionali”.

Il piano dettagliato (?)

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Ma se si va a leggere la bozza del Recovery Plan italiano, alla voce Giovani e politiche del lavoro, la questione si fa più fumosa, e le belle intenzioni prima elencate lasciano il posto a linee guida generali che, nuovamente, definiscono qualche strumento senza specificarne l’applicazione. Va tenuto presente, a onor del vero, che il piano definitivo dovrà essere consegnato entro aprile 2021.

Tra le misure: “1. Un’azione specifica è rivolta a riformare le politiche attive e di formazione dei lavoratori, occupati e disoccupati. In particolare, queste azioni sono volte a favorire l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro, potenziando i centri per l’impiego e le attività di orientamento e formazione, e incentivando la loro assunzione attraverso misure di decontribuzione per i datori di lavoro (finanziate in legge di bilancio). Inoltre, si vuole aumentare quantità e qualità dei programmi di formazione continua alla popolazione in età lavorativa, anche al fine di favorire la mobilità del lavoro tra imprese e settori produttivi”. Insomma, nel primo punto c’è un po’ di tutto, dalla formazione dei lavoratori a misure di decontribuzione dei datori di lavoro. Tutte le misure hanno in comune una cosa: la vaghezza.

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L’unica misura di cui si ha un quadro chiaro è quella riguardante la decontribuzione dei datori di lavoro, giusto perché rinvia alla bozza della legge di bilancio, nella quale si legge: “Per le assunzioni effettuate nel triennio 2021-2023, al fine di promuovere l’occupazione giovanile stabile, l’esonero contributivo (…) è riconosciuto nella misura del 100%, per un periodo massimo di trentasei mesi, nel limite massimo di importo pari a 6.000 euro, con riferimento ai soggetti che alla data della prima assunzione incentivata ai sensi del presente articolo non abbiano compiuto il trentaseiesimo anno di età. La disposizione si applica anche ai datori di lavoro che assumono lavoratori con contratto di apprendistato”. In sostanza, al momento la legge di bilancio prevede un bonus per le assunzioni dei giovani che consiste in un esonero contributivo dei datori di lavoro pari al 100% per massimo 36 mesi e con limite massimo di importo pari a 6.000 euro. Possono accedere tutti coloro che hanno fino a 35 anni. “Ed è valido anche per i datori di lavoro che assumono con contratto di apprendistato“, giusto per specificare che non è intenzione del governo mettere un freno ai finti contratti di apprendistato.

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La seconda parte della mezza pagina riservata ai giovani si sofferma sulla seconda misura: “2. Verrà potenziato il Servizio civile universale, al fine di incrementare la qualità dei progetti e il numero dei giovani coinvolti in attività che contribuiscono al miglioramento della coesione sociale del Paese. Questa componente vuole inoltre contribuire, unitamente alle misure di transizione occupazionale previste nel React-Eu, al rafforzamento e all’aggiornamento delle competenze dei lavoratori (…). Gli interventi di questa componente saranno accompagnati processi di riforma che consentano: la revisione della governance del sistema della formazione professionale in Italia (…); il rafforzamento della rete territoriale dei servizi di istruzione, formazione, lavoro e inclusione sociale, la prosecuzione del processo nazionale di riforma delle politiche del lavoro, che include il rafforzamento dei servizi pubblici per l’impiego e l’implementazione del sistema informativo unitario delle politiche attive del lavoro”. Forse non è chiaro un punto: molti giovani italiani sono già formati e informati. Il problema è che sono sottopagati.

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Calenda: “Siamo oltre la fuffa”

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L’ex ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda è già intervenuto pesantemente sulla questione due giorni fa, quando ospite a Quarta Repubblica su Rete4 ha affermato: “Il Recovery è una fonte finanziaria per fare le cose che dovremmo fare da una vita. Si va dall’aumento della produttività, all’aumento del tempo pieno a scuola, all’inclusione dei giovani e delle donne. Si è perso un sacco di tempo. Stasera è uscita la bozza del piano, ma siamo oltre la fuffa“. Calenda avrebbe confrontato il piano italiano con il piano francese: “Alla voce giovani abbiamo 50 pagine, 26 misure concrete, ognuna con obiettivo e costo. Nel piano di Conte troviamo un paragrafo di vaghe intenzioni. Avanti così”. Poi ancora: “Il recovery Fund non è una linea finanziaria per fare le infrastrutture. Questi hanno perso un sacco di tempo. Questo è un piano per i giovani?”. No, questo è un piano per riempire in fretta e furia pagine che andavano consegnate all’Unione Europea. Come dei bambini svogliati. Forse non sono i giovani italiani ad aver bisogno di altra formazione.

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