Recovery Plan, si punta su ambiente e digitalizzazione: ecco la bozza

La bozza di governo che stabilisce come sarà distribuita la torta delle risorse derivanti dal Recovery Plan è pronta, ma non ancora approvata in via ufficiale. Oggi, infatti, è prevista una nuova riunione per il via libera.

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Il Consiglio dei ministri di lunedì 7 dicembre avrebbe esaminato una possibile bozza del Recovery Plan, una bozza sulla quale, però, ancora non c’è stato il via libera da parte del governo. Si attende ora il prossimo Consiglio dei ministri, previsto per oggi. Preoccupano le frenate di Italia Viva, che non sarebbe d’accordo sulla task force per la gestione dei progetti del Piano ripresa e resilienza. La riunione del 7 dicembre, invece, sarebbe stata sospesa nel mezzo: la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese è risultata positiva al coronavirus. La riunione sarebbe ricominciata poco dopo, per terminare nel giro di pochi minuti. Il Recovery Plan metterebbe a disposizione 196 miliardi di euro in risorse, da investire in digitalizzazione (48,7 miliardi), rivoluzione ecologica (74,3 miliardi), infrastrutture per una mobilità sostenibile (27,7 miliardi), istruzione e ricerca (19,2 miliardi), parità di genere (17,1 miliardi) e sanità (9 miliardi). Nel testo della bozza sono analizzati obiettivi, riforme e investimenti, attuazione e monitoraggio.

Il coordinamento

Ogni settore verrà coordinato e sorvegliato dai “responsabili” di missione, i cosiddetti supermanager, su cui ricadrà la “responsabilità generale di assicurare la celere ed efficace attuazione del piano”, oltre al rispetto del cronoprogramma, “anche attraverso l’attivazione di poteri sostitutivi, per favorire il superamento di situazioni di inerzia o comunque ostative alla realizzazione dell’intervento programmato”. I responsabili di missione dovranno nominare al loro interno un Coordinatore che “sovrintende allo svolgimento delle attività che richiedono un intervento collegiale”. I responsabili di missione saranno poi affiancati da un Comitato di responsabilità sociale, composto da “rappresentanti delle categorie produttive, del sistema dell’università e della ricerca”. La regia politica ricadrà invece sul Comitato esecutivo, di cui fanno parte il presidente del Consiglio e i ministri dell’Economia e dello Sviluppo economico. Il ruolo del Comitato esecutivo sarà di indirizzare e coordinare i supermanager, “esaminare ogni questione formulata dai singoli ministri” con “facoltà di invitarli alle riunioni”. Ai ministri infatti sarà lasciata la possibilità di aprire in ogni momento una fase di confronto.

Riforme e crescita del Pil

Proprio per quanto riguarda le riforme, il testo ribadisce come ogni modifica di questo tipo mirerà a una “transizione green, smart and healthy” in diversi settori: riforma della giustizia; digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura; rivoluzione verde e transizione ecologica; infrastrutture per una mobilità sostenibile; istruzione e ricerca, parità di genere, coesione sociale e territoriale; e salute. In questo modo – si legge nella bozza – l’Italia dovrebbe conoscere nel 2026 un Pil più alto di 2,3 punti percentuali “rispetto allo scenario di base”. Nella bozza del Piano nazionale di ripresa e resilienza viene ribadito: nel 2021 il Pil dovrebbe salire dello 0,3%, nel 2022 dello 0,5%, nel 2023 dell’1,3%, nel 2024 dell’1,7% e nel 2022 del 2%. Poi la bozza ribadisce: “È evidente quanto sia cruciale per le prospettive di espansione dell’economia e per la sostenibilità del debito pubblico selezionare progetti di investimenti pubblici ad alto impatto sulla crescita e accrescere l’efficienza delle Amministrazioni pubbliche preposte ad attuare tali progetti”.


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Le misure previste

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All’interno della svolta green, è prevista anche l’estensione del superbonus edilizio al 110%, la misura già proposta per la ripartenza dell’Italia, che prevedeva contributi per l’efficientamento energetico e l’adeguamento antisismico della abitazioni. Insieme a questa misura, previsto anche un piano di efficientamento degli edifici pubblici. E sarà proprio l’efficienza energetica a ottenere le risorse maggiori: 40,1 miliardi su un totale di 74,3, destinati, appunto, a “rivoluzione verde e transizione ecologica”.

Tra le misure previste, anche una “revisione generale della tassazione”, soprattutto rivolta ad alleggerire il peso fiscale sui ceti medi. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza specifica: “Finora siamo infatti intervenuti sui lavoratori con reddito fino a 40mila euro, ora dobbiamo intervenire a favore dei lavoratori (sia dipendenti sia autonomi) con un reddito medio, ovvero orientativamente incluso tra 40 e 60mila euro, perché si tratta della fascia che oggi sconta livelli di prelievo eccessivi rispetto ai redditi ottenuti”.

Al centro degli investimenti, anche le infrastrutture, sempre in chiave green. All’interno del capitolo infrastrutture, infatti, spiccano due elementi principali: il miglioramento della produttività dei principali porti italiani, ad esempio attraverso interventi sulla diga foranea di Genova; il miglioramento dell’accessibilità portuale (soprattutto in relazione alle grandi linee di comunicazione europee) e il rispetto della sostenibilità ambientale. Nella bozza viene ribadito come siano i porti maggiori quelli “interessati dall’intervento (Genova e Trieste), snodi strategici per l’Italia e per il commercio nel Mediterraneo per i quali si prevede lo sviluppo delle infrastrutture portuali e delle infrastrutture terrestri di interconnessione. Sono previsti inoltre interventi di sostenibilità ambientale ed efficientamento energetico (Green ports) per la conversione della flotta navale con mezzi aventi un minor impatto ambientale, per l’elettrificazione delle banchine (Cold ironing), per il rinnovo in logica sostenibile del parco autotrasporto e del trasporto ferroviario merci e per la digitalizzazione dei sistemi logistici portuali e aeroportuali”.


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“Vogliamo un paese moderno”

A ribadire le intenzioni delle manovre, è l’introduzione della bozza a firma Giuseppe Conte, che scrive: “Per uscire da questa crisi e per portare l’Italia sulla frontiera dello sviluppo europeo e mondiale occorrono un progetto chiaro, condiviso e coraggioso per il futuro del Paese, che permetta all’Italia di ripartire rimuovendo gli ostacoli che l’hanno frenata durante l’ultimo ventennio. Che Paese vorremmo tra dieci anni? Da questa domanda è partita la riflessione del governo. Dietro al ritardo italiano ci sono problemi strutturali noti, ma mai affrontati con sufficiente determinazione. Questo è il momento di farlo”. Insomma, il vero compito di questo Piano sarebbe di guardare ai problemi del passato con uno sguardo proiettato verso il futuro, un progetto ambizioso che non si limita semplicemente a tamponare i danni dovuti all’emergenza coronavirus: “Oltre a recuperare il terreno perduto con la crisi pandemica, si tratta di voltare pagina rispetto al passato. Non possiamo permetterci di ritornare allo status quo precedente a questa crisi. L’Italia da oltre 20 anni fatica a tenere il passo delle altre economie avanzate. Il nostro Paese da tempo sconta tassi di crescita del prodotto e della produttività significativamente inferiori a quelli delle altre maggiori economie avanzate e insufficienti per garantire un miglioramento significativo del benessere dei suoi cittadini. Vogliamo un Paese moderno, innovativo dotato di una pubblica amministrazione efficiente e moderna, in cui possano operare imprese innovative e sempre più competitive, un Paese con infrastrutture sicure, tecnologicamente all’avanguardia, che sfruttino tutte le potenzialità offerte dalla rivoluzione digitale”.

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