Giallo di Ponza: un testimone conferma che Gimmy si è difeso prima di morire

Nel caso del giallo di Ponza, sulla scomparsa del giovane campione di kick boxing Gimmy, spunta un testimone. Il giovane romano conferma che il campione si è difeso.

I carabinieri hanno ascoltato a fine novembre un giovane residente a Roma, nello stesso quartiere di Gianmarco Pozzi. Questi vive sull’isola e conferma di aver visto contusioni e ferite sulle braccia di Gimmy. Il campione era stato trovato morto a fine agosto sull’isola. Campione di kick boxing, Gianmarco Pozzi, 28 anni, si è difeso prima di morire. Dalle indagini emergono evidenze che confermano che ha alzato le braccia per proteggersi dai colpi sferrati probabilmente da un oggetto contundente.

Il campione  e addetto alla sicurezza della discoteca Blue Moon di Ponza, è stato trovato senza vita la mattina del 9 agosto scorso a Santa Maria, in fondo a un’intercapedine fra due edifici in zona Santa Maria. La testimonianza del giovane romano, con obbligo di dimora nell’isola di Ponza per precedenti di polizia, avvalora l’ipotesi di aggressione che è finita con la morte di Gimmy. Questo ragazzo era residente nel quartiere Statuario della capitale, lo stesso in cui viveva il campione di kick boxing.

I carabinieri, coordinati dalla procura di Cassino, stanno lavorando a tutto campo per risolvere il tragico giallo intorno alla morte di Gimmy. Questi hanno interrogato il testimone romano a fine novembre e intervistato da un’emittente televisiva nei giorni scorsi. Nella testimonianza ai militari dell’arma avrebbe riferito di essere certo che Gimmy sia stato aggredito e picchiato da persone che però non sono di Ponza. Fra le indiscrezioni trapelate, e da confermare, quella della presenza a casa del 28enne di un altro giovane, di nazionalità romena, che potrebbe essere coinvolto nel pestaggio.

Il tragico giallo di Ponza sulla morte di Gimmy avvolto dal mistero

Sulla vicenda c’è la massima discrezione dopo la scoperta del corpo. Due giorni fa l’avvocato dei Pozzi, Fabrizio Gallo, ha effettuato un altro sopralluogo a Ponza, in attesa della relazione chiesta al professor Vittorio Fineschi, medico legale della Sapienza e consulente della famiglia di Stefano Cucchi. Nei giorni scorsi sul Corriere era stato sottolineato che dalla super perizia chiesta dai Pozzi, è emerso che Gimmy è stato picchiato selvaggiamente prima di finire nell’intercapedine, che secondo alcuni tra cui i familiari è stato buttato lì, rompendosi l’osso del collo, dopo un volo di due metri e 70.

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Le indagini sollevano l’ipotesi che l’accaduto sia avvenuto prima, ovvero all’alba del 9 agosto. Ciò potrebbe essere accaduto nell’appartamento di via Staglio, dove il legale della famiglia Pozzi ha scoperto macchie di sangue su un coprimaterasso. Sembrava che il sangue avesse sporcato anche altri oggetti ma «nonostante le nostre sollecitazioni – spiega Gallo – chi indaga non ha mai potuto accedervi, con il luminol almeno, visto che è stato subito ripulito tutto». Sempre secondo l’avvocato «è evidente che in questa storia ci siano stati dei depistaggi, ma non sappiamo per quale motivo. Oltre a un generale senso di omertà che impedisce di fare luce sulla morte di Gianmarco».

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Vi è un giallo che continua a crescere intorno alla morte del giovane campione, sono emerse tante ipotesi e questioni irrisolte, come quella del consumo di cocaina. Gli esami tossicologici per la procura di Cassino hanno rivelato che il 28enne aveva assunto tanta droga da essere al limite dell’overdose, anche se non bevande alcoliche. Ma rimane ancora avvolto nel mistero con chi ne avesse fatto uso? Con uno dei suoi coinquilini poco prima di morire, come avrebbe riferito quest’ultimo? E comunque qual è il movente dell’aggressione?

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