Anziani morti nell’incendio, la figlia: «Mamma e papà vivevano in simbiosi»

Parla la figlia di Enrico e Norma, la coppia di anziani morta nell’esplosione in villa nel Padovano. «Non volevano andarsene l’una prima dell’altro»

Anziani morti nell'incendio, la figlia: «Mamma e papà vivevano in simbiosi»
Norma Todesco ed Enrico Fontanella

«Mi sembra veramente un film, questo è tutto assurdo. L’unica cosa di fronte a questo dramma è che sono morti assieme. Nessuno dei due avrebbe accettato la scomparsa dell’altro tanto erano legati, in simbiosi». Lo racconta al Gazzettino la psicologa Rossana Fontanella, figlia di Enrico e Norma Todesco, la coppia di anziani morta ieri nell’incendio divampato dopo un’esplosione nella loro casa a San Giorgio in Bosco (Padova).

La storia d’amore di Enrico e Norma

Rossella spiega che il padre Enrico era attentissimo alla sicurezza. «Aveva il terrore del gas, tutto era a norma, controllava ogni cosa, non c’erano bombole in casa, l’impianto è esterno ed è interrato. Non so proprio cosa possa essere successo. Lunedì scorso ero venuta a festeggiare il compleanno della mamma, i miei due figli, i loro amati nipoti, non li vedevano dal primo lockdown e ci stavamo organizzando con i tamponi perché soprattutto mamma voleva vederli. Loro erano molto attenti delle regole anti-Covid, si lamentavano perché non potevano uscire come avrebbero voluto. Niente pranzo di Natale oppure ogni tanto quello della domenica. Papà guidava la macchina, patente rinnovata di anno in anno».

E aggiunge che i suoi genitori erano «molto autonomi, tant’è che fino all’inverno 2018-2019, dopo la commemorazione dei defunti e fino a Pasqua, trascorrevano l’inverno a Tenerife. Almeno da 25 anni tanto che per questa fedeltà, le autorità locali avevano dato ai miei un riconoscimento. Lì c’era la loro compagnia, alcuni residenti, altri come loro solo per trascorrere i mesi invernali. Almeno una volta alla settimana papà telefonava a Tenerife. Due anni fa mentre erano lì mamma ha avuto un malore causato da una emorragia cerebrale. E’ dovuta tornare in nave, non poteva più volare e quindi non hanno più potuto spostarsi. Accettare questo è stato molto pesante per loro. Avevano comunque la loro indipendenza seppur in alcune azioni mamma era un po’ limitata com’è normale. Lei seguiva il giardino e la casa, papà ogni giorno leggeva i quotidiani, libri gialli, tifosissimo dell’Inter e della Ferrari».

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Poi Rossella racconta la lunga e commovente storia d’amore del padre Enrico e della madre Norma. «Mamma ha cominciato il lavoro a 14 anni qui. Poi per 18 anni è emigrata in Svizzera, poi a Varese, commessa in un supermercato. Lì ha conosciuto mio padre che era rappresentante dell’azienda alimentare Prealpi. Si sono spostati, io sono nata a Varese, poi mio padre è diventato responsabile dell’apertura delle nuove filiali ed hanno cominciato a girare l’Italia. Abbiamo fatto almeno 13 traslochi».

Ma l’obiettivo era solo uno. «La mamma ha sempre detto che sarebbe tornata a San Giorgio in Bosco. Nei primi anni ‘80 si sono costruiti la casa, papà si è licenziato e da rappresentante di prodotti alimentari, qui ha fatto quello di articoli sportivi mentre la mamma ha lavorato sempre come commessa in un supermercato. Arrivati entrambi alla pensione, non sono mai stati fermi, non si arrendevano affatto al passare del tempo».

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La tragica morte dei due anziani

Nel caso in cui avessero bisogno di una mano, i due anziani potevano contare anche su Andrea Campagnaro, cugino di Rossana, che vicino a loro. «Sono stato svegliato da un boato – ha raccontato al Gazzettino -. Mi sono affacciato ed ho visto il fuoco uscire dalle finestre e dalla porta. C’erano delle persone che correvano in giardino per vedere di poter prestare aiuto. Mi hanno riferito poi di altre che sono andate subito nell’impianto con la bombola di gas e hanno chiuso la valvola di sicurezza. Azione molto importante. Vorremmo ringraziarli. Altre persone mi hanno urlato di uscire subito e che avevano già chiamato i soccorsi. Si temevano altre esplosioni, non si capiva bene cosa stesse succedendo».

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In quegli istanti di terrore «ero come bloccato, quasi non mi sembrava vero quello che vedevo. Poi mi sono vestito in brevissimo tempo, ho preso il primo paio di scarpe che mi è capitato e sono scappato fuori».

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