Crisi di governo e ipotesi Conte ter: prima dimissioni e poi reincarico

A parlare apertamente dell’ipotesi Conte ter è Bruno Tabacci, il presidente di Centro democratico, che afferma chiaramente: “La possibilità di rafforzare la maggioranza c’è ma serve un governo nuovo, non basta un piccolo rimpasto“. Cosa ne pensano Pd e M5s?

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MeteoWeek.com (da Getty Images)

Io penso che Conte sia l’unico punto di equilibrio di questa legislatura“, dice Bruno Tabacci, il presidente di Centro democratico commentando l’attuale crisi politica. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte sembra dunque l’unico ago della bilancia capace di tenere salde le maggioranze, e soprattutto capace di evitare uno sgretolamento del M5s. Lo ripete il Movimento (anche se indirettamente), lo ripetono alcuni esponenti Pd, e ora lo ripete anche Bruno Tabacci. Difficile capire cosa accadrebbe in caso di un rompete le righe da parte del Movimento. Per questo ora Bruno Tabacci ripete che “la possibilità di rafforzare la maggioranza c’è ma serve un governo nuovo, non basta un piccolo rimpasto”.

Insomma, secondo Tabacci i numeri ci sarebbero, servirebbe piuttosto una nuova squadra di governo in grado di dare un volto a questa modifica della maggioranza. Un percorso rischioso, il Conte ter, che il premier ha voluto evitare fino ad ora: l’iter prevede le dimissioni, un reincarico da parte del Quirinale e un nuovo voto di fiducia da chiedere alle Camere. Tabacci spiega di aver “incontrato il ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Per concludere la crisi è necessario aprire a un ventaglio di forze più ampio. Renzi al Senato ha fatto un discorso di rottura ma credo che in Iv ci siano posizioni più concilianti. E poi c’è l’area dei liberal-democratici di FI“. Il senso è: se non proprio Renzi, almeno i renziani. Il punto è che bisogna fare in fretta, anche perché “mercoledì c’è una prova di fuoco e si vedrà quali sono le intenzioni reali. L’alternativa sono le elezioni. C’è tempo fino a mercoledì e il Conte-ter favorirebbe“.

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La paura per mercoledì

Cosa accade mercoledì 27 gennaio? L’esecutivo potrebbe rischiare di andare sotto a Palazzo Madama in occasione del voto alla risoluzione sulla giustizia del ministro Bonafede. Matteo Renzi avrebbe già annunciato che Italia viva voterà no, anche se è difficile capire quanto il gruppo parlamentare sia rimasto compatto. Inoltre, l’ex Fi Sandra Lonardo, tra le file dei responsabili, interpellata dall’Ansa ha fatto un passo indietro: “Prima di votare, leggerò la risoluzione sulla relazione sulla giustizia per valutare se c’è la volontà di arrivare subito a una proposta, che diventi legge, per accorciare davvero i tempi della giustizia. Perciò chiedo a Conte che sia lui a farsi garante su questo, e che lo faccia subito. In quel caso le mie perplessità potrebbero essere attenuate”. Il pericolo è allora che si vada sotto al Senato, mettendo a nudo l’inferiorità numerica dell’attuale maggioranza e incrinando ulteriormente la solidità di un governo già in bilico.

E il pallottoliere per mercoledì 27 gennaio appare sempre più indecifrabile: da un lato l’atteggiamento attendista di responsabili e altri parlamentari (soprattutto di Fi) che lascerebbero trasparire un’apertura ma senza certezze, dall’altro la presunta disponibilità di almeno quattro senatori di Italia viva che dicono di non voler passare all’opposizione. Proprio per questo Matteo Renzi sta lanciando sempre più segnali di apertura, che arrivano anche da un documento firmato da deputati e senatori del partito: a fronte della “difficile situazione sanitaria e dei drammatici dati economici“, auspicano che ci sia “una soluzione politica che abbia il respiro della legislatura e offra una visione dell’Italia per i prossimi anni”. Un patto di legislatura per ricucire. Il premier tace e il M5s ribadisce: con Matteo Renzi abbiamo chiuso, con i senatori di Iv ci possono essere gli estremi di un dialogo.

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Pd, M5s e l’ipotesi un Conte ter

Per districare la matassa, e farlo più o meno velocemente, il Conte ter potrebbe essere una soluzione, come già prospettato da Tabacci. Dopo il ritorno dell’ipotesi elezioni, ora torna l’ipotesi – che però divide dem e grillini – di chiedere a Conte di rassegnare le dimissioni, di dar vita a una nuova maggioranza (magari con qualche renziano) e di creare il terzo governo a guida Conte. Ovviamente con il lasciapassare di Mattarella. Persistono però resistenze, visto che si tratta di una strada estremamente scivolosa: Conte dovrebbe ottenere un reincarico dal presidente della Repubblica, e un nuovo voto di fiducia in Parlamento. Ma quei numeri ci sono? Accoreranno attirati dallo scenario di una squadra rinnovata, o queste aperture si riveleranno dei bluff nei quali la figura di Conte rischia di cadere? E poi, è possibile costituire un nuovo rapporto con Renzi? Vito Crimi, capo politico del M5s, parla chiaro: “Non ci sono margini per ricucire con Renzi, la porta è definitivamente chiusa“. Eppure recentemente Davide Crippa, capogruppo del M5s alla Camera, avrebbe fatto sapere che la strada non è chiusa per i parlamentari di Iv: “Non ci sono margini per ricucire con Renzi. Diverso è il discorso per i parlamentari di Italia Viva con cui abbiamo lavorato bene e con i quali si può discutere e può proseguire un discorso costruttivo“.

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A commentare è anche il fronte Pd. Una posizione emerge attraverso le parole del capogruppo a Montecitorio Graziano Delrio, che ribadisce l’esigenza di un allargamento politico e formale: “Il Pd ha sempre detto no a una crisi al buio, no a elezioni e dunque serve un allargamento vero perché con questi numeri è già complicato solo gestire l’ordinario”. Poi ancora un’apertura, una disponibilità al dialogo, probabilmente con Italia viva: “Serve un progetto strutturato. Le forze europeiste, liberali, popolari, alle quali si è rivolto legittimamente il presidente del Consiglio Conte devono organizzarsi in un gruppo parlamentare. Altrimenti non riusciremo a fare un patto di legislatura che abbia obiettivi precisi”. Eppure un’altra corrente interna al Pd frena, eliminando indirettamente ogni ipotesi di riallacciamento dei rapporti con Italia viva. C’è insomma della confusione, e ci sono posizioni contrapposte. Ma dalla somma di tutte queste posizioni emerge un dato: una parte di Pd e M5s starebbe suggerendo a Conte di rassegnare le dimissioni in vista di un Conte ter che magari recuperi un rapporto con i renziani. Sarà il fronte che vincerà? E soprattutto, sarà la mossa vincente?

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