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Estero

Covid, le parole di un infermiere dopo un anno di terapia intensiva: «Sono invecchiato»

Un infermiere spagnolo di 40 anni, Victor Aparicio, ha mostrato su Twitter il suo cambiamento fisico dopo un anno a causa del Covid

Victor Aparicio-Meteoweek.com

Victor Aparicio, infermiere spagnolo di 40 anni, ha pubblicato su Twitter due foto del suo cambiamento esteriore dopo un anno in prima linea in terapia intensiva causa Covid. Ha messo a confronto due immagini che ritraggono attimi lontani  un decennio e che invece sono solo di pochi mesi fa.

L’infermiere appare nella foto a sinistra in collegamento con un telegiornale di TeleCinco. La seconda foto è un selfie scattato solo qualche giorno fa e l’uomo ha barba e capelli imbiancati, lo sguardo stanco e stressato, rughe in evidenza: «Penso che il cambiamento esterno sia evidente. Non si può immaginare quello interiore», ha scritto l’uomo su Twitter.

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Medici e infermieri, eroi in prima linea

Medici e infermieri-Meteoweek.com

La condizione di Victor Aparicio è anche quella che vivono migliaia di infermieri in tutto il mondo e anche in Italia, che continuano a portare avanti in prima linea la lotta al Covid 19. Tutto questo sottoponendosi a turni disumani, straordinari, vedendo ogni giorno morire persone e rischiando essi stessi di perdere la vita contraendo il virus. E su alcuni di loro come Victor, lo stress si fa sentire anche nel cambiamento fisico.

Intanto è stata approvata qualche settimana fa la candidatura di medici e infermieri italiani al Nobel per la Pace 2021. La proposta è partita dalla Fondazione Gorbachev e Lisa Clark, che ha vinto il Nobel nel 2017. La proposta è giunta perché lo staff sanitario italiano ha avuto per primo nel mondo a trovarsi di fronte a un’emergenza sanitaria in pochissimi giorni.

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«Hanno fatto ricorso ai possibili rimedi da medicina di guerra, combattendo in trincea per salvare vite e spesso perdendo la loro», ha sottolineato la Fondazione. «L’abnegazione del personale sanitario italiano è stata commovente. Qualcosa di simile ad un libro delle favole, da decenni non si vedeva niente del genere. Il personale sanitario non ha pensato a sé stesso, ma a cosa poteva fare per salvare gli altri», hanno proseguito dalla Fondazione.

 

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