AstraZeneca e trombosi, il «nesso c’è»: ora l’Italia valuta limitazioni. E per i richiami?

Vaccino AstraZeneca e rari casi di trombosi, per Marco Cavaleri (Ema) «il collegamento c’è» L’Italia valuta limiti di età ed è pronta a seguire l’esempio della Germania, ma non per i richiami. Le scelte degli altri Paesi nel mondo

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Non accennano a diminuire i dubbi sorti attorno alla presunta correlazione tra il vaccino anti-Covid AstraZeneca e i rari casi di trombosi delle ultime settimane, anche in Italia. Per questo ora ci si interroga se sia necessario o meno sospendere la vaccinazione con questo siero almeno per alcune fasce d’età. L’Aifa e il Ministero della Salute, nel frattempo, restano in attesa che l’Ema si pronunci sul nesso causale tra vaccino e trombosi nelle donne sotto i 50 anni. A quel punto si potrà pensare a come riorganizzare il continuo della campagna vaccinale.

Vaccino AstraZeneca e trombosi, Cavaleri (Ema): «Il nesso c’è»

Proprio oggi sulle colonne Messaggero, il responsabile della strategia sui vaccini di Ema Marco Cavaleri in un’intervista ha spiegato che «ora è sempre più difficile affermare che non vi sia un rapporto di causa ed effetto tra la vaccinazione con AstraZeneca e casi molto rari di coaguli di sangue insoliti associati a un basso numero di piastrine». Alla domanda se esista un legame tra i casi di trombosi e AstraZeneca, Cavaleri ha risposto che secondo lui «ormai possiamo dirlo, è chiaro c’è una associazione con il vaccino. Cosa causi questa reazione, però, ancora non lo sappiamo». «In sintesi: nelle prossime ore diremo che il collegamento c’è, come questo avviene dobbiamo però ancora capirlo».

L’Ema sta inoltre svolgendo degli approfondimenti sui casi di trombosi registrati negli under 55, soprattutto donne. «Questa settimana inizieremo a dare delle definizioni preliminari, ma difficilmente arriveremo a indicare dei limiti di età come hanno fatto vari Paesi – spiega Cavaleri -. Per la semplice ragione che noi siamo un’agenzia regolatoria e dobbiamo avere dati molto precisi sul rapporto rischio-benefici». Mentre «le agenzie di salute pubblica che gestiscono le varie campagne di vaccinazioni hanno diverse opzioni a disposizione e possono usarle come meglio ritengono».

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L’Italia segue l’esempio della Germania?

Al momento, l’ipotesi più accreditata per il nostro Paese è quella di valutare dei limiti di età per la somministrazione del siero anglo-svedese, come in Germania. Qui, ad esempio, le autorità hanno sospeso AstraZeneca per gli under 60; mentre per coloro che hanno già ricevuto la prima dose di ricorrere a un vaccino a Rna-messaggero come Pfizer o Moderna per il richiamo. L’Italia, scrive sempre Il Messaggero, sarebbe dunque su questa lunghezza d’onda, con però una sostanziale differenza per quanto riguarda le seconde dosi. L’indicazione sarebbe infatti quella di somministrare anche il richiamo con AstraZeneca, poiché non ci sono evidenze sull’efficacia del mix tra due sieri differenti.

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Stop e limitazioni nel resto del mondo

Resta difficile che l’agenzia del farmaco italiano segua invece l’esempio di altri Paesi. Come in Danimarca, dove la somministrazione del siero è stata sospesa almeno fino a metà aprile. Oppure in Olanda, dove le autorità hanno dapprima sospeso l’immunizzazione con AstraZeneca per gli under 60, poi per tutti. C’è poi il caso della Svezia, dove si somministra questo siero solo per chi ha più di 65 anni. E così via anche in Norvegia e in Canada.

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Infine, si valutano limitazioni anche dalle parti di Londra. «L’agenzia regolatoria del Regno Unito – scrive il Financial Times – ha annunciato di aver identificato altri 25 casi» di trombosi. Portando così il totale a 30 in Gran Bretagna, «su un totale di 18,1 milioni di persone che hanno ricevuto AstraZeneca, circa uno su 600mila. L’Agenzia ha dichiarato che sono stati sette i morti».

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