Fondazione Open: tra gli indagati per corruzione Luca Lotti, deputato Pd ex renziano

Emergono nuovo dettagli a proposito dell’inchiesta sulla fondazione Open. I dettagli, questa volta, riguardano quattro indagati a cui è stato notificato un avviso di proroga di indagini da parte della procura di Firenze. L’accusa dietro al provvedimento è di corruzione per l’esercizio della funzione. Ma chi sono questi quattro indagati? Si tratta di Luca Lotti (deputato del Pd, ex renziano), Alberto Bianchi (avvocato ed ex presidente della fondazione), Alfonso Toto e Patrizio Donnini (imprenditori). Cosa sta succedendo?

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La notizia su un’ipotesi di corruzione all’interno dell’indagine sulla Fondazione Open non è una notizia dell’ultim’ora. Lo si era appreso già nei mesi scorsi, ma mancavano i nomi degli indagati. Quegli stessi nomi ora escono fuori grazie all’avviso di proroga di indagini notificato agli interessati nei giorni scorsi. L’indagine – che era stata aperta per finanziamento illecito ai partiti, reato contestato anche a Matteo Renzi e Maria Elena Boschi – coinvolge anche Luca Lotti (deputato del Pd, ex renziano), Alberto Bianchi (avvocato ed ex presidente della fondazione), Alfonso Toto e Patrizio Donnini (imprenditori). Tuttavia, nell’avviso di proroga delle indagini non viene nominato nello specifico l’episodio alla base del reato contestato. Ora l’avvocato di Bianchi, Nino D’Avirro, ribadisce: “Tecnicamente è stata fatta una richiesta di proroga delle indagini per le quattro persone, con riferimento all’articolo 318, senza contestazioni particolari: una richiesta vaga”. Dall’altro lato, gli avvocati di Luca Lotti, Franco Coppi ed Ester Molinaro, “dichiarano di aver ricevuto una proroga di indagine in cui si ipotizza il reato di corruzione e precisano di non poter offrire, al momento, alcuna ulteriore informazione poiché l’atto non descrive i fatti sui quali vertono le indagini”.

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L’oggetto delle indagini sulla fondazione Open

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Alla base di tutta l’indagine, comunque, resta l’ipotesi che la fondazione Open sia stata utilizzata come un’articolazione di una corrente di partito (il Pd), violando di fatto le norme sul finanziamento. Un’accusa già contestata tramite ricorso ma ribadita dai giudici del Riesame a inizio gennaio scorso: “L’attività svolta in concreto dalla Fondazione Open, lo scopo effettivamente perseguito, la raccolta fondi il rapporto con il raggruppamento renziano del Pd, il finanziamento delle iniziative politiche di Matteo Renzi e di altri parlamentari, inducono fondatamente a ritenere che essa abbia agito come articolazione di partito e non abbia mai avuto una diversa operatività”. Inoltre, oggetto delle indagini è anche il pagamento di circa 2 milioni di euro effettuato dalla Toto Costruzioni in favore dello studio dell’avvocato Alberto Bianchi. Il pagamento sospetto per la procura di Firenze è stato effettuato come compenso per un incarico professionale avuto dal legale per un contenzioso tra il gruppo di costruzioni e Autostrade per l’Italia. Tant’è che nell’ordinanza si fa riferimento “all’intromissione nell’adempimento dell’incarico professionale affidato all’avvocato Bianchi dal gruppo Toto, avendo il ricorrente interagito su mandato di Bianchi con l’amministratore delegato di Autostrade per l’Italia”. E ancora: “Le operazioni di trasferimento di denaro dal gruppo Toto a Bianchi e quindi da Bianchi alla Fondazione appaiono in effetti dissimulare un trasferimento diretto di denaro dal gruppo Toto alla Fondazione”.

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Alla base di tutto

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L’indagine della procura di Firenze sulla fondazione Open aveva avuto inizio nel 2019 e coinvolgeva Alberto Bianchi, ex presidente di Open indagato per traffico di influenze e finanziamento illecito ai partiti, e Marco Carrai, amico di Renzi e indagato per finanziamento illecito. A novembre 2020 arriva un’ulteriore notizia: Matteo Renzi, Maria Elena Boschi e Luca Lotti sono stati iscritti nel registro degli indagati dalla Procura di Firenze. Tutti e tre sono stati invitati a comparire negli uffici della procura il 24 novembre per l’interrogatorio, con l’ipotesi che siano stati i beneficiari di un sistema di finanziamento illecito. Stando a quanto sostenuto inizialmente dai magistrati, l’avvocato Bianchi avrebbe avuto relazioni sospette con diverse società. Lo scopo? Finanziare la fondazione. Inoltre, alcuni donatori della fondazione renziana avrebbero finanziato le società di Carrai con lo scopo di far confluire altri soldi a Open. Per il tribunale del Riesame la fondazione Open ha “agito, a prescindere dal suo scopo istituzionale, quale articolazione di partito”.  Come? Ad esempio, riporta il Post, attraverso il pagamento delle spese di alcuni parlamentari. L’ipotesi è stata poi ribadita a seguito del ricorso, come ricordato precedentemente. Ad ogni modo, si attendono ora ulteriori sviluppi sulla faccenda. L’utilizzo di una fondazione con lo scopo di raccogliere finanziamenti per l’attività politica è una scorciatoia legale utilizzata da diversi partiti. E’ più semplice rispetto a un finanziamento diretto di un partito, sottoposto a regolamentazioni ben più restrittive. Il problema è capire fino a che punto ci si possa spingere. E a decretarlo sarà la fine del processo.

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