Solo 4 regioni in rosso, si respira un po’. Ma serve un progetto a lungo termine

Nella giornata di oggi quasi tutta l’Italia è tornata in zona arancione. Restano in zona ad alto rischio, quindi in zona rossa, solo la Valle d’Aosta, la Puglia, la Campania e la Sardegna. Quasi tutte le regioni d’Italia quindi potranno godere dei vantaggi derivanti dalla zona arancione: spostamenti in ambito comunale, riapertura di negozi, parrucchieri e centri estetici, e rientro in classe più flessibile. Intanto, però, le manifestazioni a Roma dimostrano che queste concessioni non bastano, che è tempo di pianificare le riaperture. E di farlo – possibilmente – evitando le aperture di facciata dalla durata lampo. 

riaperture italia - meteoweek.com
MeteoWeek.com (da Getty Images)

In Italia la situazione epidemiologica sembra in fase di miglioramento, tanto che quasi tutto lo stivale nella giornata di oggi si è colorato di arancione. Cambiano fascia, passando alla zona arancione, Calabria, Lombardia, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Piemonte e Toscana. In questo modo, restano solo quattro le regioni ancora in zona rossa (e si spera ancora per poco). Si tratta di Valle d’Aosta, Puglia, Campania e Sardegna. Tutte le altre possono tornare a godere dei benefici della fascia arancione, fatta eccezione per i mini-lockdown circoscritti a singole province presenti anche nelle regioni arancioni.

Si respira un po’

In fascia arancione, infatti, è consentito spostarsi all’interno del proprio comune tra le 5 e le 22 (mentre gli spostamenti verso altri comuni sono consentiti esclusivamente per comprovate esigenze lavorative, situazioni di necessità o motivi di salute). Inoltre, è consentito una volta al giorno fare visita in due persone a parenti e amici in un’altra abitazione. Una regola sottoposta alle solite deroghe, come la possibilità di portare con sé figli minori di 14 anni esclusi dal computo, o la possibilità di spostarsi entro 30 km dal confine del proprio comune per chiunque abiti in un centro che conta fino a 5mila abitanti. Per quanto riguarda le attività, riaprono centri estetici, parrucchieri, barbieri e negozi. Molte attività, però, restano chiuse nei giorni festivi e prefestivi se situate all’interno di centri commerciali e mercati (a eccezione delle farmacie, parafarmacie, presidi sanitari, lavanderie e tintorie, punti vendita di generi alimentari, di prodotti agricoli e florovivaistici, tabacchi, edicole e librerie). Tuttavia restano le restrizioni per le attività di ristorazione: è sempre vietato consumare cibi e bevande al tavolo. Sono consentite solamente la vendita con asporto fino alle 22 e la consegna a domicilio senza limiti d’orario. Per quanto riguarda la scuola, riaprono le aule fino alla terza media, mentre alle superiori la didattica in presenza è garantita almeno al 50% fino a un massimo del 75% della popolazione studentesca.

Leggi anche: Gran Bretagna si avvia verso l’immunità di gregge. Oggi inizia la riapertura dopo tre mesi di rigido lockdown

Ma non basta

riaperture manifestazione - meteoweek.com
Foto da Ansa / MeteoWeek.com

Nel frattempo, però, emerge una schietta verità: queste riaperture non bastano. Lo dimostrano le manifestazioni di questi giorni, e di oggi, a Roma. Lo dimostrano le richieste dei proprietari delle varie attività commerciali, a cui si aggiungono i pressing di buona parte della maggioranza (dal centrodestra a Italia viva) per la pianificazione delle riaperture. E lo dimostrano, infine, le intenzioni del presidente del Consiglio Mario Draghi, che sembra propenso a spingere sulle riaperture per consentire al paese una ripartenza, seppur graduale. Stando a quanto riportato da Adnkronos, infatti, il premier avrebbe già richiesto al Cts di lavorare su protocolli meno “rigidi” per le riaperture, soprattutto nei confronti dei settori che fino ad ora hanno tanto sofferto. Insomma, l’idea è di confidare nell’accelerazione della campagna vaccinale e di iniziare a pianificare un sistema di aperture che tenga nel corso del tempo. Perché, in mezzo a tanta confusione, una cosa ci pare ormai evidente: il frenetico oscillare tra aperture e chiusure non è altro che un modo per consentire aperture di facciata.

Leggi anche: Il progetto del Ponte sullo Stretto non si realizzerà nemmeno con i fondi del Recovery

Le intenzioni del governo

E forse questa volta il governo lo ha capito, tanto che le fonti governative parlano ora di evitare aperture anti-economiche e di programmare riaperture “sostenibili”, pur tenendo fede a determinati criteri epidemiologici imprescindibili. Resta ancora da capire come e quando. Mentre diverse parti della maggioranza parlano di date, il commissario Figliuolo annuncia che a breve si raggiungerà quota 315mila somministrazioni al giorno. Tuttavia, “a parte che il dato va consolidato, è evidente che per vedere gli effetti di una vaccinazione più massiccia – ragionano dal Cts – una volta raggiunto l’obiettivo serviranno come minimo due settimane. Anche ipotizzare una data per le riapertura è impensabile”. Tuttavia, qualche segnale positivo è già sul tavolo. Prossimamente il Cts analizzerà le richieste delle associazioni di categoria del mondo del cinema e dello spettacolo: il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini punterebbe, infatti, a un allargamento della capienza prevista dal protocollo. Inoltre, stando ad alcune indiscrezioni, da maggio potrebbero essere concesse ai ristoranti maggiori e più flessibili riaperture, ma solo per i tavoli all’aperto.

Leggi anche: Scuola, Rampi (Pd) a Meteoweek: “Scuole sicure, si riapra anche nelle zone rosse” [VIDEO]

Una sintesi tra Gelmini e Speranza

gelmini riaperture - meteoweek.com
MeteoWeek.com (da Getty Images)

A confermare lo sguardo rivolto alle aperture, e soprattutto alle aperture sostenibili, anche la ministra degli Affari regionali Mariastella Gelmini, che – stando ad Adnkronos – fa sapere: “Ad aprile abbiamo utilizzato il poco di agibilità guadagnata con tanta fatica e tanti sacrifici da parte degli italiani, riaprendo le scuole e facendo ripartire i concorsi: dal 20 aprile ci sarà un punto in Consiglio dei ministri per valutare la possibilità, sulla base dei contagi e dell’andamento del piano vaccinale, di qualche segnale di apertura già da aprile; ma maggio sarà il mese della ripartenza: quindi tutti i ministeri sono al lavoro, stanno costruendo i protocolli per poter ripartire“. Intanto fronte rigorista, rappresentato dal ministro Speranza, invoca cautela: “Non dobbiamo bruciare le tappe. La vicenda della Sardegna lo dimostra. Non dobbiamo bruciare le tappe per non vanificare gli sforzi fatti”. Anche lui, però, sull’estate si mostra ottimista. E questa volta – si spera – con uno sguardo a un reale mantenimento delle riaperture grazie alla campagna vaccinale. Il ministro della Salute dice a Repubblica di essere ottimista: “Se riusciremo a vaccinare la maggior parte della popolazione, questa estate ci potremo consentire molte più libertà“. Speriamo, perché è veramente ora di progettare la ripartenza, non di prenderci qualche libertà temporanea per respirare un po’. Le manifestazioni di piazza lo dimostrano.

Impostazioni privacy