In Etiopia la guerra nel Tigrè continua nonostante la drammatica carestia che ha colpito la regione

Mentre i civili muoiono e il 90 per cento degli abitanti della regione ha un disperato bisogno di aiuti alimentari per continuare a sopravvivere, la guerra tra le truppe governative e i ribelli continua senza sosta

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Il 4 Novembre 2004 ha ufficialmente inizio la guerra in Etiopia. 

Il casus belli è l’attacco condotto dalle truppe di Addis Abeba nella regione del Tigrè. In quel momento, nel paese avevano appena avuto luogo delle elezioni che aveva visto la vittoria del Fronte per la Liberazione del Tigrè. Il governo infatti non aveva autorizzato le consultazioni, finendo così con il disconoscere il risultato elettorale. Da lì la decisione di procedere alla riconquista del territorio, e inizialmente, le milizie nazionali hanno avuto vita facile: in poco tempo i soldati riuscirono infatti a prendere possesso della capitale Macallè, dove risiedevano i ribelli indipendentisti.

Forse nessuno all’interno dell’esecutivo pensava che in quel momento stava per iniziare un conflitto lunghissimo, che si protrae ancora oggi. I ribelli infatti ben presto sono riusciti a rispondere militarmente al governo centrale, e la loro controffensiva li ha portati negli anni a prendere il controllo anche di altre regioni interne al paese. E arrivati al presente, il principale timore della comunità internazionale negli ultimi mesi è che questa guerra civile possa adesso estendersi in tutta la nazione. Anche perché gli scontri si stanno portando sempre più vicini alla capitale Addis Abeba. Una situazione molto critica, che non sembra mostrare al momento vie d’uscita pacifiche. 

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Il premier etiope Abiy Ahmed Ali ha sempre rifiutato qualsiasi proposta di mediazione, riconoscendo formalmente sia il Tigray Defences che l’Esercito di Liberazione oromo come gruppi terroristici considerati come pericoli per la sicurezza nazionale dal governo. Di recente Martin Griffiths, sottosegretario generale dell’Onu per gli affari umanitari, ha dichiarato che nel Tigrè ci sono almeno 400 mila persone che si stanno scontrando con una gravissime carestia. Il 90 per cento degli abitanti della regione ha un disperato bisogno di aiuti alimentari. Nelle scorse settimane, l’Alto Commissariato Onu è riuscito ad entrare in alcuni campi profughi del Tigrè che ospitano al momento tutti i rifugiati presi di mira dall’esecutivo eritreo che sembra aver avviato, nei confronti degli abitanti della regione, una vera e propria caccia alle streghe. È stata infatti Human Rights Watch ad accusare apertamente il governo nazionale di aver commesso varie tipologie di abusi ai danni dei residenti, sospettati senza prove di collaborare con gli insorti. 

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Nonostante la carestia però, il conflitto nella regione non si ferma e la guerra tra le milizie governative e gli insorti si è ormai tramutata in una escalation continua di violenza. A farne le spese, come sempre,  cittadini innocenti con l’unica colpa di essere nati nel posto sbagliato

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Il Ministro degli Esteri eritreo Osman Saleh continua ad accusare i militanti del Fronte di Liberazione del Tigrè di essere i soli responsabili di questa guerra. In un messaggio inviato in queste settimane all’Assemblea generale dell’Onu ha dichiarato che “gli obiettivi del Fronte di liberazione del popolo del Tigrè stanno portando ad atti di aggressione militare, un grave pericolo”

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