Obbligo over 50, democrazia sospesa in nome dell’emergenza. Una riflessione sul nuovo mondo post-Covid

Con l’obbligo agli over 50, il diritto liberal-democratico alla proprietà del corpo viene nei fatti annullato. Nasce invece il dovere civico di sottoporsi a un trattamento, classificato nei documenti ufficiali come “sperimentale” e dunque con rischi ancora ignoti per l’individuo, in nome del bene comune. 

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Alla fine, il governo ha deciso di imporre l’obbligo vaccinale contro il Covid per tutti i cittadini over 50 che risiedono regolarmente nel territorio italiano. 

Vaccinarsi diventa un dovere civico. Un dovere essenziale a proteggere la collettività, a fare un sacrificio in nome del bene comune. Parlo di sacrificio perché persino per gli over 50 il calcolo individuale tra il rischio di morire per Covid e quello di sviluppare reazioni avverse a causa della vaccinazione, resta fortemente contraddittorio. 

La liberal-democrazia è nata per combattere il concetto di bene comune. 

Il perchè è molto facile da comprendere nel momento in cui contestualizziamo il periodo storico in cui la nostra costituzione è nata. L’orrore verso il fascismo e il nazismo, verso totalitarismi che avevano utilizzato il concetto di bene comune per plagiare le masse, era chiaro e vivido nei ricordi dei padri costituenti. E d’altronde, come spiega Giovanni Sartori, considerato all’unanimità uno dei più grandi politologi del nostro tempo, è per questo che la nostra è stata sin dal principio una liberal-democrazia. Rileggere oggi “Democrazia Che Cos’è”, è quasi un dovere per chi si interroga su questo nuovo mondo post pandemico. 

Perchè secondo Sartori la democrazia moderna è in primo luogo una liberal-democrazia, in cui la parola “liberale” va obbligatoriamente messa prima? 

I precedenti modelli di democrazia applicata, come quella greca, ragionavano in modo sottilmente (ma nemmeno tanto) autoritario. Basta anche solo leggere di sfuggita la trama dell’Antigone per rendersene conto. In Grecia la politica comune veniva prima di tutto, prima di ogni legame affettivo, prima dei diritti del singolo individuo a non ricevere trattamenti crudeli. Se in Grecia, per qualche motivo, vi era la necessità di sacrificare un disabile innocente in nome della comunità, questo non solo era possibile ma auspicabile.  Il movimento liberale ha insomma apportato una revisione profonda ed essenziale al concetto di democrazia, sulla base di ciò che aveva insegnato la storia. I diritti degli esseri umani vengono prima della collettività. Che non significa naturalmente che il liberalismo prevede un mondo di egoisti che devono mettere sempre  la comunità in secondo piano rispetto alle loro esigenze. Piuttosto viene messo un paletto ben preciso sulla questione, prendendo atto che nella storia le più grandi tragedie sono avvenute proprio nei momenti in cui si è convinta la maggioranza che vi era un bene collettivo da inseguire a qualunque costo. 

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La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.

(Articolo 32, Costituzione italiana)

La costituzione parla chiaro. La salute è in primo luogo un diritto fondamentale dell’individuo singolo e soltanto dopo un interesse della collettività. Non è un caso che non si usino espressioni come bene comune, o della collettività nella costituzione e si parli piuttosto di interesse della collettività. 

Questo è ciò che fino adesso ha differenziato, riguardo il diritto primario alla proprietà del corpo, la democrazia dal totalitarismo. 

Il totalitarista tende a dire che, se c’è un problema collettivo, e io sono convinto di avere la soluzione, anche se non ho prove certe che vi sia un reale interesse della collettività, posso comunque imporre ciò che ritengo giusto in nome del bene comune. La liberaldemocrazia ti dice invece che questo non è possibile. Che su un argomento così sensibile come la proprietà del corpo, tu devi sempre ricordarti che puoi sbagliare, che la tua visione di ciò che è un bene della collettività può non coincidere con quella degli altri, anche di una minoranza. Anzi, a maggior ragione se si tratta di una minoranza.La democrazia non nasce per permettere al maggior numero di governare, ma nasce per dare un metodo che permetta al maggior numero di governare senza discriminare fino all’orrore una minoranza. 

Questo significa che in democrazia non si possono imporre trattamenti sanitari obbligatori? 

No, lo facciamo già, uno schizofrenico può essere internato contro la sua volontà se rappresenta un conclamato pericolo per la collettività, e di esempi se ne possono fare a migliaia.  La situazione attuale però nasce da tutt’altre premesse. Qui si vuole chiedere ad individui sani, asintomatici, nel pieno possesso delle loro facoltà psicofisiche, di fare un sacrificio per la nazione.  La costituzione lo permette: spiega che, in casi limite di interesse per la collettività, tu puoi imporre un trattamento sanitario obbligatorio. Ma lo devi fare ricordandoti che la “la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. Quel “in nessun caso” è il fulcro della concezione del diritto liberal-democratico riguardo la proprietà del corpo.

I totalitarismi nacquero in Italia e Germania sfruttando contesti fortemente emergenziali, in cui si è gradualmente convinto il popolo che, a causa di un’emergenza molto seria, i diritti fondamentali possono essere sospesi in nome del bene comuneChe esistono dei casi in cui le regole che abbiamo scritto non valgono più, nemmeno per i diritti primari. 

Quel “in nessun caso” sta lì a ricordarci che sono morte oltre 60 milioni di persone affinché nessuno sfruttasse più l’emergenza per sospendere la democrazia. Siamo tutti convinti che, terminata la pandemia, queste regole finiranno e tornerà tutto come prima. Magari andrà così, è importante che la storia ci insegna che dopo non si è mai tornati indietro, se non attraverso la guerra

Sia chiaro, già la Lorenzin nel 2017 aveva spianato la strada alla soppressione del diritto liberal-democratico alla proprietà del corpo. Adesso però siamo all’applicazione finale, un’applicazione estesa ad ogni ambito del vivere civile, e imposta fin dall’inizio con metodi coercitivi. Dove sta “il rispetto della persona umana” se fin dal principio il governo ha detto ai cittadini che, o subivano il loro trattamento sperimentale, senza fare domande su consenso informato o su presunte o meno pericolosità dei vaccini, oppure perdevano il diritto a lavorare e a condurre una vita sociale. Quello stesso governo che nell’adottare queste misure, spiegava che così finalmente, avremmo avuto la certezza di stare accanto a persone che non contagiavano. 

Un sacrificio per la nazione in nome di un’ipotesi scientifica.

Con l’obbligo agli over 50 si è soppresso il diritto alla proprietà del corpo sulla base di ipotesi. Le stesse che hanno portato la comunità scientifica a dire che bastavano due dosi per essere immuni, o che avremmo raggiunto l’immunità di gregge vaccinando l’80 per cento della popolazione.

Si obietta che almeno così si svuotano le terapie intensive. Vero, ma c’erano tante soluzioni a questo problema, come quella di investire economicamente nel potenziamento delle strutture sanitarie. Si obietta che faremo anche questo ma che non c’è tempo e dobbiamo agire subito. Ma allora sia chiaro che abbiamo scelto la soluzione più efficace e veloce per risolvere il problema in nome del bene comune. Si travalica totalmente quell’interesse per la collettività sancito dalla costituzione. Si sospende nei fatti il diritto democratico al corpo, che viene ceduto adesso mediante l’obbligo allo stato in nome della patria, del bene comune. 

Ma è sempre la storia a insegnarci che la soluzione più efficace e veloce a un problema, non è mai quella democratica. E non può esserlo, perché la liberal-democrazia richiede un rispetto verso il prossimo, verso chi non la pensa come noi, che viene prima di tutto. Rispettare il prossimo significa rallentare  il processo decisionale, perché certe decisioni drammatiche vanno prese, ma trovando una soluzione nel rispetto dei diritti di tutti. 

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Abbiamo scelto di rispettare il prossimo nei suoi diritti primari, anche quando non la pensa come noi, per non finire di nuovo in quell’incubo.  Quale incubo? Quello in cui una maggioranza si convince che, per tornare alla normalità, per salvare la collettività dal baratro, sia giusto togliere tutto a una minoranza.

Fino al momento in cui toglierli tutto non basta. E diventa necessario obbligarli, costringerli a fare ciò che la collettività ritiene giusto. E punendoli in modi sempre più atroci e crudeli se si rifiutano di salvare il mondo insieme a noi. 

In nome del bene comune.

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