Monte ore lavorate crollato di 2,3 miliardi | Colpiti i lavoratori autonomi

Crollo del monte ore lavorate, in questo 2019 ormai chiuso. Ad essere colpiti sono stati soprattutto i lavoratori autonomi e le piccole attività, con dei dati raccolti che mostrano un sostanziale divario tra le regioni settentrionali e meridionali italiane.

lavoratore - operaio

Nuove rilevazioni poco rassicuranti, quelle pubblicate dalla Cgia. Il quadro del 2019, infatti, pur essendo per certi versi migliorato rispetto al periodo della crisi, mostra una notevole contrazione delle ore lavorate.

Entrando nello specifico, sebbene nell’ultimo anno sia stato recuperato il numero di occupati persi rispetto al 2007 (anno pre-crisi), il monte ore lavorate è in realtà crollato di 2,3 miliardi (-5%). A soffrire questa caduta verticale, però, non sono stati i lavoratori dipendenti, quanto piuttosto i lavoratori autonomi: nel periodo tra 2007 e la fine del 2018, infatti, se i primi hanno avuto una contrazione delle ore lavorate pari a 121 milioni (-0,4%), i secondi hanno invece perso quasi 2,2 miliardi di ore (-14,4%).

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Soffrono lavoratori autonomi e attività commerciali

Se ai lavoratori dipendenti è stato quindi riscontrato un calo pari al -0,4%, e agli autonomi è stato calcolata una diminuzione di ben -14,4%), è anche vero che nei primi 9 mesi del 2019 (almeno secondo quanto riportato dagli ultimi dati al momento disponibili) la situazione è andata via via migliorando. In effetti, confrontando lo stesso periodo con quello dell’anno precedente, è possibile notare come sia gli autonomi che i dipendenti abbiano incrementato di 175 milioni lo stock di ore lavorate ( con un +0,5%).

Penalizzate dalla contrazione delle ore lavorate, però, anche le piccole attività commerciali. Come ha infatti dichiarato il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo, “sebbene dal 2015 il monte ore lavorate sia tornato a crescere il gap con il livello pre-crisi è ancora fortissimo e a pagare il conto sono stati, in particolar modo, gli artigiani e i piccoli commercianti”.

“In questi ultimi 10 anni, infatti, il numero complessivo di queste piccole attività di vicinato è diminuito di 200mila unità. Chiusure che hanno desertificato molti centri storici e altrettante periferie di piccole e grandi città, con una veemenza che dal secondo dopoguerra non si era mai verificata”, ha sottolineato infine Zabadeo.

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Flessione più alta nelle regioni del Sud Italia

I dati raccolti mostrano anche come sia presente un notevole divario tra le regioni settentrionali e quelle meridionali. In particolare, la ripartizione geografica dove la flessione delle ore lavorate è stata più alta è il Mezzogiorno.

Nelle regioni meridionali, infatti, tra il 2007 e il 2016 (ultimo anno mostrato dai dati a disposizione) la contrazione è stata pari al 10,7% (con -1,4 miliardi di ore lavorate). Nelle regioni a Nordest, invece, è stato riscontrato il -5,8% (ovvero – 563 milioni), in quelle di Nordovest il -5,7% (-755 milioni) mentre nelle regioni centrali il -5,1% (-491 milioni).

Se si prendono in considerazione le singole regioni, inoltre, le riduzioni più importanti si sono verificate in Molise e in Sicilia (con un -12,4% in entrambi i casi), in Campania (-12,3%) e in Basilicata (-11,1%). La Lombardia (-4,8%), il Lazio (-2,9%) e il Trentino Alto Adige (-1,1%) sono state invece le regioni meno interessate da questo fenomeno a livello nazionale.

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