The Irishman | ecco la vera ragione per cui Martin Scorsese ha realizzato il film

Martin Scorsese è senza ombra di dubbio uno dei più importanti registi viventi, un cineasta che ha cambiato completamente il modo di fare i film, di intendere il cinema e di utilizzare il suo linguaggio per raccontare qualcosa. The Irishman è una elegia funebre del suo cinema e uno dei film che lo stesso Scorsese sente più suo.

Nonostante le candidature nelle categorie più importanti (miglior film, miglior regista e miglior sceneggiatura non originale), la corsa per gli Oscar di The Irishman sembra terminata ancora prima di cominciare. Difficilmente infatti il film di Martin Scorsese porterà a casa qualcosa, ma la sua importanza nella filmografia del maestro americano rimane fuori discussione. 

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The Irishman, un film personale

Quello di Scorsese non è semplicemente un film che racconta la vita violenta di un sicario qualunque (l’imperscrutabile Frank Sheeran interpretato da De Niro in una delle migliori prove della sua carriera), ma un film che riflette sul suo stesso genere cinematografico d’appartenenza: una indagine sulla morte e sulla vecchiaia, sulla distruzione che il tempo porta con sé. E come già Quei Bravi Ragazzi, anche The Irishman è un film che mette in scena un sentimento complesso (quello tra il sicario e il suo padrino) che conta più di qualsiasi altro affetto (anche quelli famigliari). Un tipo di amicizia governata dal ricatto e dalla paura che sarebbe inaccettabile in qualsiasi altro film e che invece Scorsese, grazie anche alla splendida interpretazione in sottrazione di Joe Pesci, nei panni di un pericoloso boss della malavita, riesce a rendere credibile e persino comprensibile.

La vera esigenza dietro al film

In una recente intervista a Variety, Scorsese ha rivelato che il senso ultimo del suo nuovo film è quello di indagare le grandi questioni che riguardano l’uomo: la sua condizione di mortalità e la sua temporaneità nel mondo. Ed è stata proprio questa ambizione la ragione per cui Scorsese ha desiderato così tanto realizzare il film, al punto di accettare l’offerta di Netflix nonostante le sue remore riguardanti la distribuzione in streaming. “Dobbiamo porci queste domande”, ha dichiarato il regista. “Come uomini, ma anche come società. Perché evitare il discorso? Perché essere spaventati dal parlarne? La morte riguarda tutti, è attorno a noi e costituisce uno degli elementi inevitabili di ogni esistenza umana. Ma non si tratta soltanto della fine, si tratta di pensare al significato della vita prima dell’arrivo di quest’ultima. Molti pensano che non ci sia un senso. Allora io penso che se queste persone hanno ragione, se veramente vivere non ha un senso, siamo noi tenuti a doverglielo dare”.

La morte come tema principale

In questo senso il film di Scorsese è magistrale: tutti i personaggi sembrano circondati da cadaveri ambulanti, gente che ha la data di scadenza (letteralmente) stampata sulla fronte. Il film ci annuncia la fine di tutti i personaggi, dai principali fino alle semplici comparse. Quello a cui assistiamo è un continuo carnevale di gente che è già morta (dal momento che la narrazione si svolge tramite flashback). Giunto alla veneranda età di 77 anni, Scorsese sente il dovere di affrontare questi temi. Ed è commovente che sia riuscito a farlo con un film che è la quintessenza del suo cinema: che procede lento ed elegante, ma in realtà nasconde un andamento irrequieto e scostante.

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