Coronavirus: l’assurda morte di Nicola Omiciuolo, corriere espresso

Aveva 59 anni ed era di Spresiano (Treviso): faceva il corriere, consegnava pacchi casa per casa. La moglie: «Non trascurava nulla: guanti e mascherine».

Nicola Omiciuolo

Era tra quelli che hanno proseguito a lavorare, Nicola Omiciuolo. 59 anni, sposato, era originario di Spresiano, in provincia di Treviso. Consegne di casa in casa, portando pacchi e buste dopo averli prelevati dal magazzino. E chissà dove è stato contagiato dal Coronaviurs, Nicola, che lavorava per Ups. E’ morto in un reparto di Terapia intensiva all’ospedale di Treviso Ca’ Foncello. A dare la notizia del lutto sono i giornali locali. Ad uno di questi, il Gazzettino, la moglie Ivana ha raccontato che «mio marito non trascurava nulla: guanti, mascherine, disinfettanti. Stava molto attento». La malattia lo ha colpito d’improvviso. «È successo tutto così in fretta che non abbiamo neanche avuto il tempo di riflettere assieme — è ancora il racconto della donna al Gazzettino —, di chiederci dove potesse esser stato contagiato. Del resto, con il suo lavoro, Nicola entrava in contatto con molte persone. Erano ventidue anni che faceva il corriere, prima per Sda, adesso per Ups». Lo sfogo continua con queste parole: «Si pensa poco al lavoro dei corrieri, che sono sempre in giro, specie di questi tempi che vedono tantissimi acquisti fatti on line, tante consegne direttamente nelle aziende, nelle case. Non avrai mai immaginato che avrei perso Nicola in questo modo. A breve avrebbe compiuto 59 anni, non gli mancava molto alla pensione».

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Non potrà donare gli organi

Nicola Omiciuolo ha lavorato per un breve periodo a Contarina, poi aveva iniziato a fare il corriere per Sda e infine per Ups: il lavoro gli piaceva, con rammarico aveva dovuto comunicare — si legge nel resoconto che La Tribuna di Treviso ha dedicato alla vicenda — al proprio responsabile il fatto che la mattina di lunedì 16 marzo non avrebbe potuto andare a lavorare. Il giorno prima era stato colto da una febbre leggera che all’indomati era salita a 39. E poi il giorno successivo a 40. A questo punto il ricovero all’ospedale. «Lo avevo aspettato fuori, nella speranza che lo facessero tornare a casa — è ancora il racconto della moglie — . Invece mi ha telefonato per dirmi che lo stavano trasferendo a Malattie infettive: quella febbre era il virus». Intubato il 22 marzo, si è spento il successivo 27. Nicola era iscritto all’Aido, l’Associazione Italiana per la Donazione degli organi. Purtroppo non ha potuto donarli.

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